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Emozioni morali

Creato il 31 agosto 2010 da Rufo
Nessuno dei personaggi della storia di Davide e Betsabea fa una bella figura: né Davide, che orchestra la morte di un uomo, né Dio, che punisce la morte di un innocente (Uria) uccidendone un altro (il bambino), né Natan, che si fa ambasciatore di questa punizione grottesca, né Uria, fissato sul cameratismo, né Betsabea, che si spoglia nuda all’aperto e, guarda caso, proprio sotto la terrazza del re. Ma mi occuperò solo di Davide, e della sua indignazione contro il ricco scellerato che aveva rubato la pecora al povero.
La specie umana è fornita di emozioni morali, che sono vivaci, automatiche e hanno la forma di una ribellione interiore allo spettacolo del male, come quella che provò Davide ascoltando il racconto di Natan. Gli psicologi moderni, che usano le risonanze magnetiche per studiare quali zone del cervello si accendono mentre abbiamo questa o quella reazione, dicono che le emozioni morali hanno sede in zone antiche, che i nostri antenati possedevano già quando abitavano sugli alberi. Gli etologi hanno scoperto emozioni morali in altri mammiferi: le scimmie vanno in collera contro i membri sleali del branco, i cani hanno atteggiamenti sdegnati quando un rivale osa avvicinarsi alla loro pallina. Fra gli esseri umani, persino i farabutti conservano la capacità di indignarsi: il mafioso disprezza il picciotto che tradisce, i carcerati aggrediscono i nuovi arrivi che hanno commesso delitti disgustosi.
Lo psicologo Jonathan Haidt sostiene che le nostre emozioni morali sono innescate da cinque grandi temi.
  1. Il danno, ossia il male fatto ad altri. Emozione: l’indignazione verso chi uccide, chi ruba, chi fa soffrire un innocente.
  2. La giustizia, che è l’equilibrio fra ciò che facciamo e ciò che riceviamo. Emozione: lo scandalo che ci suscitano un delitto impunito, un merito non premiato, un favore non ricambiato, il malvagio che trionfa, il buono perseguitato.
  3. La lealtà verso il gruppo o nel rispettare gli accordi. Emozione: il disprezzo verso chi tradisce, chi inganna, chi mente.
  4. L’autorità, che è l’alone che circonda i capi, gli anziani e i notabili. Emozione: il senso di offesa personale quando un imprudente vilipende le autorità o le tratta con familiarità fuori luogo.
  5. La purezza, che è il contrario dello sporco, del basso, del contaminato. Emozione: il disgusto per le azioni impure, dove l’impuro ha a che fare con il sesso e la corporeità.
Il racconto di Natan proponeva il tema del danno (l’innocente che soffre) e dell’ingiustizia (il ricco che vessa un povero). La reazione di Davide illustra quanto ci è naturale indignarci. Il fatto che Davide fosse reduce dallo stesso delitto mostra il limite delle emozioni morali: sono eterodirette, cioè colpiscono le colpe del prossimo. Se il male è fatto da noi, tacciono. Pensate alle bugie: le diciamo senza vergognarci quando servono, ma ci sentiamo oltraggiati se scopriamo che un amico ci ha mentito.
Questo è un brano di un discorso in cui Heinrich Himmler, il comandante delle SS, spiega ai subalterni perché non devono rubare nulla agli ebrei:
"Noi avevamo il diritto morale di fronte al nostro popolo di annientare questo popolo che voleva annientare noi. Ma non abbiamo il diritto di portare via a costoro una sola pelliccia, un solo orologio, una sola sigaretta o qualsiasi altra cosa. Non vogliamo che alla fine, solo perché abbiamo sterminato un germe, possiamo essere infettati proprio da quel germe".
Himmler parla la lingua delle emozioni morali. Esprime disprezzo per il furto (danno), invoca la giustizia per motivare lo sterminio degli ebrei, che bilancia lo sterminio fantomatico che avrebbero tramato contro i tedeschi, e infine inventa un “germe” giudaico pronto a contaminare gli ariani (purezza). Può darsi che Himmler sentisse davvero queste emozioni quando pensava ai furti dei suoi subalterni, soprattutto nel calore del comizio. Però non le sentiva quando il regime nazista, di cui era uno dei capi, incamerava l’oro degli ebrei uccisi, o almeno non risulta che Himmler facesse recapitare i preziosi delle vittime ai loro parenti fuggiti in America.
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