Magazine Diario personale

Encomiabili (storia di una gita all’Expo)

Creato il 22 ottobre 2015 da Povna @povna

L’organizzazione della gita era partita lunghissima, quasi un anno fa in pratica. La ‘povna ci ha partecipato defilata, ma costante, facendosi forte della sua insider conoscenza dell’Expo. La data era fissata per l’autunno, e le richieste di partecipazione – da parte di insegnanti e alunni – moltissime. Per questo la ‘povna, d’accordo con la preside Barbie, si era impegnata a raggiungerli su base semi-volontaria, per metà di giorno libero, dormendo il martedì da Thelma, organizzandosi per conto suo per gli ingressi liberi e approfittando del solo passaggio in bus per la strada di casa.
Poi le cose sono cambiate, e così il suo ruolo, simmetricamente; e così si è trovata, una volta di più, insieme ad Artemide, Ottusa e ai fidi e tradizionali compagni (Mr. House e l’Ingegnera Tosta) come accompagnatrice ufficiale. Martedì scorso, dunque, all’alba delle 5, la ‘povna si è svegliata, ha preso lo zainetto, e ha raggiunto nella città della scuola le Giovani Marmotte, per l’inizio della loro gita su Milano. In mezzo, nel frattempo, c’erano state ben due morti, e tutte le consuete polemiche sulle gite di classe. La ‘povna, moderatamente sicura sia del valore didattico dei viaggi, sia dell’affidabilità delle sue classi, aveva reagito parlando ai Marmottini in anteprima, seguendo il metodo Montessori classico. “Voi provatevi a fare qualche scemenza (cosa che non penso che sia probabile, sia detto). E io ve ne do di sopra tante e tante da farvi piangere il doppio”. E, forti di questo patto didattico, si erano tutti avviati su Milano.
Il programma prevedeva l’arrivo a metà mattinata in albergo, e poi il trasferimento a Expo. Ma lo sceneggiatore – o più probabilmente un’agenzia che definire poco professionale è ancora complimento – aveva deciso in realtà diversamente. Perché, una volta arrivati a Salice Terme (una meta che è già di per sé programma), l’albergo previsto per accoglierli si era rivelato del tutto inadeguato alla bisogna: caldaia rotta, con sette gradi a mezzogiorno, assenza di acqua calda e incrostazioni di merda nei bagni di uso comune. Per questo tutti loro avevano accolto con un grido di gioia la decisione di Barbie: “Riprendiamoci i bagagli e andiamo a Rho; poi io sento l’agenzia e ottengo un cambiamento di destinazione”.
Si erano (af)fidati tutti, e detto e fatto. Dopo un pomeriggio e una serata all’Esposizione (durante il quale la ‘povna ha avuto modo di sperimentare, profondo, un senso di assoluto straniamento – a 5 km da casa sua, con tutti i suoi amici intorno, ma senza l’opportunità di vederli, se non nelle conversazioni al cellulare e nelle sapienti dritte per gli ingressi), si erano così riversati sul bus, per arrivare al nuovo albergo, a Broni, all’alba della mezzanotte.
Ad accoglierli, nessuna zucca, ma lo staff professionale dell’hotel Don Carlos, nonostante l’ora tarda e oltre ottanta persone da alloggiare. Sotto la guida degli accompagnatori, i ragazzi sono stati come solo loro sanno essere, e cioè semplicemente bravissimi. La ‘povna e l’Ingegnera Tosta si sono acconciate a dormire in una doppia per permettere agli autisti un riposo sereno nella singola. E poi, dopo l’assegnazione delle stanze (pianoterra e primo piano, perché lo sceneggiatore strama la trama, di questi tempi, ma non è poi così stronzo), loro due, Mr. House e Artemide si erano dedicati alle ronde di controllo, così come da copione. Imbrandati infine tutti, verso le due di notte, la ‘povna e l’Ingegnera avevano domandato un po’ di acqua calda alla reception, per farsi una tisana confortante. E poi tutti a letto, finalmente, che l’indomani c’è ancora da trottare.
La mattina arriva, e i ragazzi si presentano a colazione puntuali e sorridenti, le valigie pronte. Tra cornetti e nutella, si avvicina l’albergatore.
“Devo farvi vedere un documento”.
“C’è qualche problema?” – Mr. House, la ‘povna e l’Ingegnera scattano all’unisono.
“Effettivamente…”.
Davanti ai loro occhi, porge serafico una lettera. Loro leggono. Sgranano gli occhi. E poi sorridono. Perché, incorniciata in carta intestata, campeggia la dichiarazione, scritta, di certificato di comportamento “ineccepibile” conferito agli studenti, “i migliori che abbiamo mai ospitati da che esiste la nostra struttura”.
Finisce così, per la ‘povna, il bilancio della gita, con dodici ore di anticipo. E non importa se non è riuscita (come purtroppo immaginato) a vedere gli amici del nord nemmeno per un secondo, non importa la stanchezza, il ritorno a casa a mezzanotte. Non importa nemmeno il ricordo di Ottusa, che non partecipa all’assegnazione delle stanze, e men che meno alla ronda, e se ne va a dormire a mezzanotte e dieci, beatissima e incosciente.
Perché di fronte al riconoscimento della loro professionalità accudente (“Sono stati bravi perché si vede che c’è dietro un lavoro educativo corale e attentissimo, davvero complimenti”), molto banalmente, non c’è davvero niente altro da narrare.


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