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EPHEL DUATH, Davide Tiso

Creato il 11 novembre 2013 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Ephel Duath

Avevamo già avuto modo di testare il nuovo assetto degli Ephel Duath grazie all’ep On Death And Cosmos del 2012, prima prova con Karyn Crisis alla voce: un antipasto che, come era lecito aspettarsi, aveva generato enorme curiosità e impaziente attesa per il nuovo album. Era scontato, quindi, che alla vigilia della sua pubblicazione incontrassimo nuovamente Davide Tiso per carpirgli quanti più dettagli e informazioni possibili sia sullo stato della sua creatura che sul nuovo disco Hemmed By Light, Shaped By Darkness. Quello che segue è il resoconto della nostra chiacchierata.

Cominciamo dal fare un po’ di ripasso sugli ultimi mesi, chi sono oggi gli Ephel Duath e come è nato il vostro nuovo album?

Davide Tiso: Tutto ciò che questa band ha proposto negli anni è genuino, spontaneo, mi sento di dire mai forzato. Questo nuovo album rappresenta una conferma della mia volontà di continuare a cercare una mia voce, il più personale possibile. Hemmed By Light, Shaped By Darkness è nato in un periodo di grande inspirazione che ha seguito l’uscita dell’EP On Death And Cosmos del 2012. Negli ultimi due anni non ho mai smesso di comporre nuova musica per Ephel Duath e il nuovo album nasce dall’ambizione di spingere questa band verso una sempre maggiore intensità musicale. Gli Ephel Duath di oggi sono un’entità che ha ben chiare le proprie potenzialità espressive e che mira con ostinazione a risultati sonori dalla marcata e specifica personalità. Questa è una band che per natura e, mi sento di aggiungere, senza troppi sforzi o pianificazioni varie, ha il dono di suonare differente. Abbraccio questa peculiarità a ogni disco e con dedizione cerco nuove soluzioni sonore con la curiosità e l’ingenuità di un novizio. Con gli anni ho sviluppato un intimo rispetto e una sorta di umiltà verso Ephel Duath. È come se questa band non fosse frutto della mia immaginazione ma un’entità esterna, a sé stante. Io sono solo un veicolo, un tramite che con ogni disco fa del proprio meglio per farle onore.

Hemmed By Light Shaped By Darkness è un titolo molto forte, a cosa si riferisce e da cosa è stato ispirato?

Ephel Duath è sempre stata una band dai forti contrasti: dissonanza e melodia, rarefazione e attacco sonoro, colori e oscurità. Il nuovo album spinge questa dualità ancora più a fondo e ho pensato di marcare il titolo stesso con il concetto di opposti. C’è sempre stata la ricerca di oscurità nella mia musica, ma l’oscurità non può essere tale senza il concetto di luce. I miei brani spesso svisano verso introverse parti melodiche solo per creare una tensione superiore, in questo modo il rilascio assume un effetto drammatico ancora maggiore: la leggerezza/luce assume un ruolo importante in Ephel Duath solo perché in diretta funzionalità e simbiotica correlazione con la pesantezza/oscurità. Il mercuriale alternarsi di luce e ombra in questa band è uno degli aspetti forse più fondamentali dei miei brani. Recentemente un giornalista tedesco mi ha chiesto come io mi ponga nei confronti del grigio, sia nella vita che nella musica. Voleva sottolineare come non ci sia solo luce o ombra, bianco o nero. Gli ho risposto che non mi interessa definire o avere a che fare con il grigio con Ephel Duath. Questa è una band nervosa, instabile, irrazionale. Questa è una band a suo malgrado capace di sfiorare la bellezza e la delicatezza in alcuni passaggi, per poi ricapitolare nel buio pochi secondi più tardi.

Anche le lyrics hanno un forte impatto emotivo: sono ricche di richiami simbolici e sembrano descrivere una sorta di percorso iniziatico, un viaggio attraverso le proprie paure alla ricerca di un nuovo inizio. C’è un filo conduttore che le lega?

I testi del disco sono riflessioni circa il mio bisogno di trovare risposte nel mio stesso inconscio. Ogni disco che compongo è un’occasione per me di aprire una nuova porta nella mia immaginazione: questa volta la porta è stata divelta. Verso l’interno. Più invecchio e più mi sembra che il mondo che mi circonda assuma meno valore, meno sostanza. Generalmente, mi serve una enorme dose di energia per affrontare il quotidiano e non essere affetto da frequenze negative. Sento che oggigiorno sia per me fondamentale focalizzare la mia attenzione dentro me stesso piuttosto che l’esterno: solo in questo modo posso trovare una sorta di pace. Per molto tempo ho schivato le mie paure, costruito barriere mentali, forzature dell’ego, scappatoie di ogni forma, pur di non accettare la sconfitta, il dissapore, l’errore. Forse è il caso di abbracciarle le proprie paure, tenerle strette ed essere vigili nel proteggerle da noi stessi e dal nostro bisogno di mettere i problemi da parte. “Fear is a natural reaction to moving closer to the truth”. Il filo conduttore che lega i pezzi è proprio questa presa di coscienza delle mie stesse debolezze che ho sviscerato nei testi con metafore poetiche spesse volte brutali e sanguinolente. I temi trattati nel disco toccano esperienze metafisiche quali le passeggiate extracorporee, il self-empowerment attraverso l’apertura della mente, il contatto e la comunicazione con gli spiriti, il grounding.

Ephel Duath

La voce di Karyn si sposa alla perfezione con la tua chitarra e sembra si tratti dell’incontro più naturale possibile, per cui mi piacerebbe sapere se le cose sono state realmente così immediate o avete dovuto lavorare per trovare un punto di incontro tra due stili così caratteristici e particolari.

La voce di Karyn aumenta vertiginosamente il livello emotivo dei miei brani. Averla al mio fianco significa davvero molto per me e devo dire che non abbiamo faticato molto per adattare la sua voce alle mie parti e al contesto Ephel Duath. A mio modo di vedere, la combinazione tra il timbro vocale di Karyn, così intenso e tagliente, nudo e senza un apparente controllo, bilancia perfettamente le mie meticolose parti di chitarra e le matematiche strutture dei brani: è come se la voce aggiungesse non solo potenza, ma anche cuore, anima, disperazione e fragilità.

Ho letto più di un commento negativo riguardo alla peculiare e a volte ostica contrapposizione tra musica e vocals negli Ephel Duath degli ultimi anni. Penso di capire la difficoltà media a cui un ascoltatore va incontro approcciandosi a un nostro brano, ma è anche vero che certa musica necessita di tempo per essere apprezzata o disprezzata. Sembra che, sebbene Ephel Duath non abbia mai raggiunto un grande pubblico, ci sia una buona parte delle persone che hanno supportato la band negli anni che non accoglie sempre a braccia aperte i cambiamenti necessari che devo fare per tenere la band attiva. Ephel Duath non è una band come le altre, non perde o aggiunge nuovi membri. Ephel Duath sono io. In ogni disco assemblo una line up che mi permetta di registrare i brani che compongo e per ogni disco faccio del mio meglio per mettere assieme musicisti del livello che serve per raggiungere specifici obbiettivi. Spero che con il tempo Ephel Duath raggiunga un livello tale da permettermi di sviare le continue dichiarazioni d’intenti su cui ad ogni nuovo album mi viene richiesto di far luce dai miei stessi supporter. Io non penso ci sia molto da spiegare: Ephel Duath è musica sperimentale, che muta e cambia pelle, costantemente. Prendere o lasciare.

Il suono della tua chitarra è ormai un vero e proprio marchio di fabbrica, uno di quelli che si riconoscono immediatamente e che difficilmente si può confondere con altri. Credo, però, che come tutti anche tu agli inizi abbia avuto i tuoi maestri e i tuoi punti di riferimento. Come e quando hai scoperto il tuo amore per la chitarra e chi ti ha ispirato maggiormente?

Ho scoperto il mio amore per la chitarra elettrica all’età di 15 anni, quando ho avuto modo di toccarne una. Ne sono rimasto stregato. Ero ad una festa di scuola e un ragazzino di un anno più giovane stava suonando dei riff di Metallica. Il giorno seguente gli ho chiesto di insegnarmi a suonare come lui. Accettò. Tempo dopo abbiamo fondato Ephel Duath assieme.

Negli anni ho avuto svariati punti di riferimento a livello chitarristico che mi hanno influenzato e aiutato a trovare il mio suono e il mio stile, ma penso che la mia principale influenza sia stata Robert Fripp. Fripp mi ha aperto gli occhi riguardo la potenza espressiva che si può raggiungere bilanciando elegantemente dissonanza e melodia. La dissonanza fine a se stessa non mi interessa. Un accordo stridente per sé non ha un gran valore, ma se amalgamato bene in un contesto melodico può aprire le porte a moltissime soluzioni sonore differenti. Ci sono alcuni dischi, alcune band, che volontariamente non ascolto per una forma di rispetto/timore. I King Crimson sono una di quelle. Preferisco intuire quello che c’è da imparare, non voglio approfondire, o, peggio ancora, studiare determinate band. Frank Zappa è un altro, ma anche Meshuggah o Mr. Bungle sono un buon esempio. Ho sempre avuto il timore di contaminare ciò che mi viene spontaneo suonare ascoltando band di grande spessore che suonano musica cerebrale. L’ultimo Gorguts mi ha letteralmente steso al suolo. Ho fatto di tutto per non comprare il disco ma non sono riuscito a resistere. L’ho divorato. È un capolavoro. Non immagino la chiarezza, o forse la confusione, mentale che serve per comporre, pianificare o pure solo pensare un disco simile. Che bello sapere che c’è musica simile nel 2013.

Ho sempre amato i Crisis e gli Ephel Duath per la capacità di sfidare le convenzioni e cercare nuove strade pur senza tradire le proprie radici metal, diciamo che pur nelle enormi differenza e nei diversi periodi le due band abbiano in qualche modo seguito percorsi e approcci simili. Voi come la vedete?

Anch’io penso che la carriera di Crisis e Ephel Duath abbiano molto in comune, forse anche per questo motivo c’è molta armonia nel lavorare con Karyn Crisis: ci capiamo. Entrambe le band hanno sempre proposto della musica coraggiosa e genuina, seguendo un percorso che non mira necessariamente ad andare contro il mercato, ma che punta alla ricerca costante di un suono personale. Entrambe le band hanno fatto notevoli sforzi economici e umani per restare in vita ed entrambe hanno avuto la caparbietà e testardaggine di provarci per più di quindici anni. Entrambe le band hanno avuto problemi con grosse label e optato per lavorare con realtà indipendenti di minore spessore ma dalle grandi risorse umane. Entrambe le band non hanno mai fatto parte di alcuna scena definita e sono riuscite a sviare l’ingombrante peso delle etichette, abbracciando la sperimentazione come primo e unico vero obiettivo. Entrambe le band non hanno forse mai raccolto i frutti di così tanto lavoro, ma lasciano un catalogo di musica di cui penso si possa andare fieri.

Ephel Duath

Non è certo una novità per gli Ephel Duath giocare con stili differenti, tanto che all’inizio venivate spesso affiancati a termini quali jazz, avantgarde, prog e -in genere- al concetto di post-metal. Cosa ne pensate dell’attuale esplosione del fenomeno post- (core o metal poco conta) e quali potrebbero essere secondo voi le prossime derive della musica estrema?

Penso che nel prossimo futuro la musica estrema si ibriderà ancora di più. Negli ultimi anni ho notato, da una parte, un aumento vertiginoso nel livello tecnico delle band e, dall’altra, la volontà di miscelare suoni differenti senza badare a barriere create dai generi stessi: penso che questo fenomeno non rallenterà. Sebbene da un punto di vista meramente economico il mercato musicale stia implodendo, questo è un grande momento per la musica estrema: c’è coraggio, c’è voglia di osare, c’è la volontà di essere unici, diversi. Tante giovani band cercano di emulare stili e scelte di band più conosciute, specialmente nel filone “post” che menzioni, ma altrettante band stanno guardando oltre e puntano a una ricerca più personale. Ormai non c’è più molto da perdere, oggigiorno scegliere la musica come futuro è un’utopia, tanto vale prendere la musica per quello che dovrebbe essere: un veicolo per esprimere, sperimentare e giocare con la propria immaginazione.

Visto che abbiamo citato gli inizi degli Ephel Duath, cosa provi guardandoti indietro e quali sono i ricordi che porti ancora con te delle varie fasi del progetto?

Ephel Duath ha forgiato il mio carattere, mi ha aperto gli occhi e permesso di viaggiare, mi ha insegnato il valore del sacrificio e mi ha spinto a credere in me stesso: questa band è stata una vera e propria scuola di vita per me. Guardandomi indietro, vedo tanta determinazione da parte mia e delle persone che mi hanno aiutato a tenere in vita questo progetto. Nei primi anni c’era una grande ambizione, quasi spavalderia, pensavamo saremmo riusciti a fare di Ephel Duath una band di moderato successo. Probabilmente, iniziare a suonare live mi ha aperto gli occhi sulle concrete difficoltà che ci sono nel farsi strada tra un oceano di altre band che provano a farsi notare con altrettanta caparbietà. Uno degli aspetti del suonare dal vivo che preferisco è avere a che fare con altri musicisti. L’interazione, lo scambio, la possibilità di poter solo parlare con gente che ha a che fare con i tuoi stessi problemi è molto liberatoria. Talvolta non c’è il tempo di creare un vero e proprio legame ma altre volte, specie facendo tour assieme ad altre band, si può creare un incontro umano e musicale che ha davvero un grande valore. Alcune delle persone più stimolanti ed interessanti che ho conosciuto hanno direttamente avuto a che fare con dei concerti a cui Ephel Duath ha preso parte. Molto spesso suonare dal vivo ha anche aspetti negativi: è facile deteriorare rapporti per le povere condizioni con cui si è spesso costretti ad avere a che fare, vivendo in un furgone per settimane. Dopo che ho iniziato a perdere, uno ad uno, ogni membro della live band, ho iniziato a pensare ad Ephel Duath come a un mio personale sfogo creativo e ho iniziato a fare uso di collaboratori esterni per registrare i miei album. Recentemente ho rivalutato l’importanza di portare la band dal vivo e penso di essere pronto a gestire gli svariati problemi economici, tecnici e umani che dovrò affrontare con maggior pazienza e compassione. Mi sono reso conto che da un punto di vista umano mi sono sempre aspettato molto dai musicisti che ho coinvolto nel progetto. Pensavo che viaggiare in lungo e in largo per l’Europa con un comune obiettivo fosse abbastanza per mantenere l’armonia di gruppo. Non è così, almeno, per molti, non è così. Passati i trenta, avere un ritorno economico di qualche tipo è pressoché fondamentale per imbarcarsi in lunghi tour e mantenere una qualche forma di compostezza mentale. Ora che penso di avere imparato la lezione forse le cose saranno differenti.

Per quanto riguarda i ricordi, ce ne sono molti ma penso che quelli a cui sono più legato sono nella fase di arrangiamento dei brani e nelle studio sessions. Intuire, percepire, sentire che quella serie di riff composti mesi prima riescono a prendere la forma di un brano dalla precisa personalità è qualcosa che non ha davvero prezzo. Penso sia l’aspetto che preferisco dell’essere musicista. La presa di conoscenza che un’idea, che nasce da poche note diventa un discorso compiuto con un valore e un certo peso emotivo è davvero inebriante. Ricordo con nostalgia ogni sessione di registrazione dei miei album nei dettagli. L’odore e le diverse atmosfere degli studi, i viaggi, la fatica, la stanchezza, l’adrenalina, la gioia, i debiti, le tasche vuote, la fame, le sigarette, le partiture, i fogli, gli schemi, le corde, i plettri, la soddisfazione, le risate, le lacrime. Non penso potrei vivere sapendo che tutto questo potrebbe avere un termine e continuerò imperterrito finche’ ne avrò le forze.

L’idea degli Ephel Duath è sempre stata quella di una creatura travagliata e in costante mutazione, da cosa credi fosse dovuto questo continuo mutar pelle? Pensate di aver finalmente trovato la “formula” perfetta?

Penso che, per la natura stessa della musica di Ephel Duath, la band continuerà a rimanere una creatura travagliata e in continua mutazione. Ephel Duath è un mio personale stato mentale, non solo una band, e da un po’ non vedo la necessità di avere input esterni durante la composizione e la strutturazione dei brani, ma abbraccio ogni tipo di suggerimenti per quanto riguarda gli arrangiamenti. Probabilmente, per quanto riguarda gli studio album, continuerò a utilizzare dei session al basso e batteria. Mi trovo bene a lavorare in questo modo, è una scelta che ogni volta si rivela stimolante e, tutto sommato, molto pratica. È davvero una grande soddisfazione avere la possibilità di usufruire del talento di musicisti di tale spessore. Karyn Crisis, Marco Minnemann, Bryan Beller e Steve di Giorgio: avere questi artisti nei miei dischi mi sta dando davvero una grande carica emotiva e musicalmente mi sta spingendo a osare sempre di più.

Trovare la formula perfetta per Ephel Duath oggi significa quasi esclusivamente avere una sorta di bilanciamento economico nella vita del sottoscritto e il tempo necessario per comporre con una certa pace circostante. Se questi condizioni vengono soddisfatte, ci sarà modo di continuare a comporre dischi per Ephel Duath nel prossimo futuro. La quantità di determinazione mentale e pazienza di cui ho bisogno per imbarcarmi nella scrittura di un disco per questa band è di una mole davvero notevole. I brani a cui lavoro continuano a mutare e svilupparsi nella mia testa anche dopo aver posato la mia chitarra, per questo motivo avere troppo stress circostante è un grande deterrente. Purtroppo, risulta davvero difficile poter combinare uno, due o persino tre lavori part time con tutto il tempo che gli album di Ephel Duath necessitano per trovare una forma specifica e una precisa direzione. Io continuo a fare del mio meglio, nonostante tutti i mal di testa per bilanciare le mie giornate: mi ritengo fortunato per aver trovato un veicolo espressivo così importante per me, e forse è questa l’unica cosa che conta davvero.

Torniamo al nuovo disco e parliamo dell’artwork, come è nato e chi si è occupato della sua realizzazione?

L’artwork di Hemmed By Light, Shaped By Darkness è stato realizzato da una collaborazione tra Aeron Alfrey e Dehn Sora. La copertina è un’opera di Aeron Alfrey di cui ho comprato i diritti per la realizzazione dell’album. Ricordo che rimasi folgorato quando vidi l’immagine per la prima volta: penso che riassuma perfettamente non solo il concept del disco ma la band stessa, per la combinazione di oscurità, dei molteplici dettagli dall’apparente ermetismo e della distorta architettura. Questo è l’artwork di Ephel Duath di cui vado più fiero. Il booklet interno è nato dal talento e dall’immaginazione di Dehn Sora, il grafico che da qualche anno cura l’aspetto visivo della band. È fondamentale per me sapere che ogni mio disco avrà una risposta visiva di altrettanta potenza espressiva quanto la mia musica. Grazie ad Agonia Records sono riuscito a trovare un supporto umano ed economico sufficiente a venire incontro a quasi ogni mia richiesta per quanto riguarda i formati dei miei dischi e sono davvero entusiasta del valore visivo di Hemmed By Light, Shaped By Darkness.

Grazie mille del tuo tempo, riusciremo a vedervi dal vivo in Italia per promuovere il nuovo album (Davide vive negli Stati Uniti, ndr)?

Stiamo organizzando un tour europeo assieme a una promettente band italiana di cui ancora non posso rivelare il nome, periodo aprile/maggio 2014, passeremo anche per l’Italia. Per maggiori informazioni vi invito a seguirci su Facebook.

Michele, grazie ancora una volta per lo spazio dedicatomi e il grande supporto. A presto.

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