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Eracle

Creato il 19 novembre 2010 da Renzomazzetti
Eracle - Pollaiolo -

Eracle - Pollaiolo -

 

Molti secoli prima di Cristo la Grecia era abitata da pacifici pastori che vennero ridotti in schiavitù da degli invasori guerrieri. Questa situazione fece sorgere molte leggende, di cui erano protagonisti personaggi dotati di forza e di intelligenza eccezionali, denominati eroi. A uno di questi eroi, in particolare modo, ne successero di tutti i colori, ed egli riuscì sempre a cavarsela. Si chiamava Eracle, figlio di Giove ma sua madre non era Giunone la moglie legittima di Giove, ma era figlio di una donna di cui il re degli dei di era innamorato. Giunone, allora, in odio al figlio di suo marito, gli fece passare tanti guai. Pensate che, quando Eracle non aveva ancora otto mesi, Giunone lo fece assalire da due enormi serpenti; il piccolo, che era dotato di una forza immensa, se ne liberò strozzandoli. Divenuto un giovane, Giunone lo costrinse a servire il re di Micene Euristeo, che lo sottopose alle famose dodici fatiche, compiute le quali avrebbe conseguito l’immortalità. Ma altro che fatiche! Furono grandi e rischiosissime imprese che durarono anni. Infatti Eracle dovette affrontare feroci leoni, serpenti con centinaia di teste; dovette andare a caccia di sanguinari cinghiali… una volta gli fu imposto di pulire, in un giorno, le stalle del re Augia, che aveva una quantità enorme di buoi. Nemmeno un esercito di schiavi, con pale e scope, sarebbe riuscito a pulire quelle stalle, dove il letame era alto metri. Eracle non si disperò: deviò il corso di un fiume, in modo da farne passare l’acqua nelle stalle, che furono presto ripulite. Eracle è il simbolo della forza umana e le sue imprese sono il simbolo delle grandi fatiche che l’umanità deve affrontare ancora.

SE ‘L MIO ROZZO MARTELLO…

Se ‘l mio rozzo martello i duri sassi

forma dell’uman aspetto or questo or quello,

dal ministro che ‘l guida, iscorge e tiello,

prendendo il moto, va con gli altrui passi.

Ma quel divin che in cielo alberga e stassi,

altri, e sé più, col proprio andar fa bello;

e se nessun martel senza martello

si può far, da quel vivo ogni altro fassi.

E perché ‘l colpo è di valor più pieno

quant’alza più se stesso alla fucina,

sopra ‘l mie questo al ciel n’è gito a volo.

Onde a me non finito verrà meno,

s’or non gli dà la fabbrica divina

aiuto a farlo, c’al mondo era solo.

-Michelangelo Buonarroti-


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