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Estate a Fortaleza dei Marmi #6

Da Peolaborghese @mesosbrodleto
Estate a Fortaleza dei Marmi #6

Roberto Claudio, candidato sindaco pelato e socialista

L’ultimo giorno è quello in cui tutto sa di ultimo. L’ultima passeggiata nella Beira Mar deserta delle 14, l’ultimo succo di abacaxi, l’ultimo rischio preso per attraversare l’incrocio sotto casa, 3 corsie e semaforo solo per le macchine, lasciando i pedoni al loro destino di poveracci appiedati. L’aria dell’Italia è sempre più intensa, la si può annusare ovunque. L’ultima sera, dal terrazzo di un hotel sul mare, un’orchestrina suona Morandi in portoghese. L’ultimo pomeriggio, sul lungomare, c’è un comizio di Roberto Claudio, socialista grasso e pelato che si propone come prossimo sindaco di Fortaleza. Sono in piena campagna elettorale, quella che troveremo tra qualche mese anche da noi, con la differenza che ce la sorbiremo in italiano; le fregnacce politiche in portoghese hanno quel suono di saudade che le rendono quasi simpatiche. 

Dopo un mese, dunque, salutiamo Fortaleza dei Marmi. Abbiamo visto crescere i suoi palazzi, un piano alla settimana. Prima di partire, il padrone di casa Peppiniello viene a darci la ricevuta dell’affitto. Il Ricercatore Capo, da uomo di scienza, prova pena per la buonanima di Darwin ogni volta che vede il nostro Peppino, perciò lo assistiamo nella pratica burocratica.

 –Ve la intesto con un nome brasiliano, così sembra più vera. Va bbùono? Ci metto Thiago… Thiago Motta

 –Scusi, ma Thiago Motta era un giocatore dell’Inter– Faccio notare io.

 –Ah già, allora mettiamo Joao Madeira.

Dopo un po’, riusciamo a convincerlo che ci serve una vera ricevuta fiscale, con l’esatto importo pagato, perché altrimenti non ci verrà rimborsato nulla. Rimane stupito da questo eccesso di legalità italiano, ma poi accetta. Intestando tutto al socio, però.

Peppiniello è stato il primo brasiliano, sebbene napoletano, con cui abbiamo avuto a che fare. E’ stato quello che dopo appena due ore di permanenza ci ha fatto dare il via al conto alla rovescia per il ritorno in Italia. Quel momento, tanto agognato, è arrivato. Non ci sembra vero, come quando finiva l’estate e non te ne rendevi conto. A differenza di quelle estati, in cui si dimenticava tutto dopo la seconda foglia secca caduta e catalogata come compito per casa, questa non la scorderemo. Non dimenticheremo il ritmo lento dei brasiliani, i camerieri che quando si accorgono che non capisci bene il portoghese ripetono la stessa domanda più velocemente usando dei sinonimi, quindi sorridono, fingono di capire e ti portano una birra, anche se avevi chiesto del formaggio fritto. Non dimenticheremo il terrorismo psicologico di chi ci disse di barricarci in casa e di uscire solo se denudati di qualsiasi valore. Non dimenticheremo la scelta di qualità contro la prostituzione, secondo la quale Fortaleza dei Marmi è piena di prostitute ma noi, giovani studenti italiani, dovevamo resistere alla tentazione di fare come il nostro premier. Non dimenticheremo o Paraiso du mundo, le dune, Jeri, le amache, il vento che ulula come dovesse spazzare via tutto in una notte, l’oceano caldo come il brodo di feijoada, il sole che picchia e la crema solare ogni due ore. Non dimenticheremo i gatti all’università, le studentesse che crashano al posto del computador, l’autobus assassino, il traffico da carmageddon, i rospi nel cesso.

Estate a Fortaleza dei Marmi #6

L’estate sta finendo

Dopo 12 ore di aeroporti, riecco l’Italia. Piove, come in ogni finale che si rispetti. Come in Sapore di Mare, quando Jerry Calà dice a Marina Suma che le sue vacanze sono finite e se ne torna a Milano, sullo sfondo gli ombrelloni di Forte dei Marmi chiusi sotto un cielo grigio di pioggia. Eccola la nostra Italia, che tanto ci è mancata. E’  proprio come Sapore di Mare: una sceneggiatura piena di buchi, attori cani, battute scontate ma un finale che, volenti o nolenti, strappa una lacrima. Perché non avremo il ritmo nel sangue, ma balliamo lo stesso, sempre e comunque. Ormai siamo nati italiani e non possiamo farci nulla.

Rientriamo nelle nostre case, chi prima, chi dopo, accolti come reduci da una missione onu. Il più contento di tutti è il Versiliese. Appena sceso dal treno, quasi in trance, si lascia andare a discorsi strani:

L’Idalia è il baese che amo. Gui ho le mie radigi…



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