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E.T. Armies - Recensione

Creato il 18 marzo 2016 da Lightman

E.T. Armies - Recensione

Dall'Iran, un piccolo sparatutto dalle meccaniche vecchia scuola. E.T. Armies è uno shooter ingenuo e scacciapensieri, ma minato da molti problemi di IA e da poca varietà sul piano del gameplay.

Versione analizzata: PC

E.T. Armies - Recensione
E.T. Armies - Recensione

Giuseppe Arace ha iniziato a venerare i videogiochi e il cinema quando, a soli 4 anni, è rimasto folgorato dalla schermata d'avvio del Sega Mega Drive e dai titoli di testa di Toy Story. Nato con un pad tra le braccia, vorrebbe morire con un Oscar. Non ama molto i social network e bazzica raramente solo su Google Plus.

Diciamoci la verità: quello degli shooter è un genere catartico. Bucherellare senza sosta ogni forma di vita virtuale ha un che di liberatorio, uno sfogo primordiale capace di alleggerire le tensioni della quotidianità. Questo è vero principalmente quando si parla di sparatutto "alla vecchia maniera", in cui il ritmo delle battaglie non conosce un momento di quiete. Sebbene negli anni il genere abbia sperimentato sostanziali evoluzioni, che non solo lo hanno portato a divenire sempre più tattico e ragionato ma che ne hanno addirittura riscritto i canoni di base (come ha fatto l'eccelso SUPERHOT), non sono pochi i giocatori che anelano un ritorno alle meccaniche caciarone e frenetiche degli shooter di un tempo. Lo dimostra l'enorme hype che si è creato all'annuncio del nuovo Doom, che promette di far trionfare ancora una volta la visceralità, delle sparatorie brutali, dirette e asciutte. È dalla scena indipendente che spunta fuori un altro piccolo sparatutto in prima persona in grado di recuperare il tanto amato stile old school: E.T. Armies. Primo parto dello studio iraniano Raspina dopo ben tre anni di gestazione, col suo piglio futuristico (che ricorda da vicino quello di Killzone) e l'indomabile frenesia degli scontri a fuoco, si è rivelato un solido passatempo per placare la fame da FPS in attesa del ritorno, ormai prossimo, di sua maestà Doom?

I NEVER SHOOT TO MISS

Poiché la Terra è divenuta, al solito, un pianeta ormai morente, gli uomini hanno iniziato a cercare nuove fonti di sostentamento in colonie spaziali. Non tutti gli esseri umani hanno potuto però abbandonare il mondo alla deriva, ed i più indigenti hanno iniziato a coalizzarsi in nutriti gruppi di ribellione, con lo scopo di conquistare ciò che è stato loro negato: la salvezza. Nella scintillante armatura di Aria, un membro della milizia dei Parsis, avremo quindi il compito di fronteggiare le schiere dei cosiddetti Forsaken (letteralmente gli "abbandonati"), in una guerra che possiede ampi risvolti sociali. Andando oltre il semplice pretesto per inscenare battaglie campali, la trama prova a comporre un racconto che parla d'onore, rivalsa e orgoglio, ma che arranca in troppi punti e si mantiene su un livello solo superficiale. Sarebbe stato comunque difficile riuscire a scavare più in profondità nel sostrato narrativo all'interno di un gioco che può essere completato in meno di tre ore e in cui le cutscene tra un livello e l'altro durano appena una manciata di secondi. Gli interessanti spunti di partenza, quindi, finiscono col perdersi in una generale trascuratezza.

E.T. Armies - Recensione

Accantonate le velleità narrative, il cuore di E.T. Armies pulsa con vigore sul campo di battaglia. Pochi fronzoli e nessun tatticismo ne fanno uno shooter alla vecchia maniera, privo di coperture e momenti di riposo, che si concentra soprattutto su caotiche danze di proiettili durante le quali sparare indiscriminatamente a tutto ciò che si muove. La limitatezza principale del titolo Raspina risiede, tuttavia, nella pochissima varietà delle missioni e nella loro struttura terribilmente ripetitiva. L'intera progressione si riduce, infatti, ad uno scialbo reiterarsi delle medesime soluzioni di gameplay: avanzeremo lungo percorsi inquadrati e lineari finché non giungeremo, verso la fine di ogni singolo livello, in un'area di gioco più ampia, teatro di una imminente invasione da parte delle truppe ostili, che ci inonderanno in sovrannumero da tutti le direzioni, e che trasformeranno E.T. Armies in un'arena shooter in cui l'unico imperativo sarà quello di sopravvivere il tempo necessario perché i rinforzi o le navicelle di salvataggio raggiungano la nostra posizione. Si può intuire come queste scelte di design, considerata la brevità dell'esperienza, siano sintomatiche di uno svogliato lavoro di differenziazione sul fronte di gameplay, e rendono l'avanzamento troppo prevedibile, piatto e monocorde. D'altronde, la varietà non è certo il piatto forte dell'offerta Raspina: anche il numero delle bocche da fuoco è limitato a pochi esemplari, con un totale di cinque armi (tra cui un fucile da cecchino e una pistola laser dai colpi illimitati) sia per l'arsenale dei Parsis, sia per quello dei Forsaken, che potremo all'occorrenza recuperare dai corpi delle nostre vittime. Non ci sarà concesso comunque di portare con noi più di tre gingilli e la scelta dell'arma primaria si lega, pertanto, al tipo di approccio che decideremo di usare. Considerata la natura terribilmente sovraffollata delle arene, utilizzare uno stile da "tank" votato allo sfondamento delle barricate nemiche equivale ad un suicidio assistito. Ecco perché la maggior parte di voi, per non complicarsi troppo la vita, tenderà probabilmente a prediligere un equipaggiamento che sia efficace sulle lunghe distanze. Si badi, in ogni caso, che E.T. Armies è tutto fuorché un FPS in cui il tatticismo gioca un ruolo di rilievo. È vero che le arene sono strapiene di ripari, ma l'assenza di un sistema di coperture dinamiche li rende semplici muriccioli accanto ai quali accovacciarsi in attesa che la salute si autorigeneri dalle ferite subite, per poi rialzarsi e rigettarsi subito all'attacco, sparando all'impazzata a 360 gradi. Nella bonaria elementarità delle dinamiche shooter spicca poi un'intelligenza artificiale ai minimi storici: i nemici rimangono spesso impalati nel bel mezzo dello scenario, come fossero le statiche sagome di un poligono di tiro. Non compiono manovre d'accerchiamento, raramente decidono di ripararsi dalla pioggia di pallottole, ed anzi alle volte si gettano persino nella mischia a mo' di kamikaze quando decidono di inseguirci ad armi spianate poco prima di aver finito i colpi, cosa che li costringe spesso ad interrompere d'improvviso la corsa per ricaricare, regalandoci così momenti quasi tragicomici.

La loro stupidità è controbilanciata soltanto da una mira semplicemente perfetta, con la quale riescono a centrarci con precisione ogni qual volta ci esporremo al loro fuoco congiunto. È questo l'unico elemento che aumenta in modo esponenziale il grado di sfida che E.T. Armies propone ai livelli di difficoltà più avanzati. Non si avverte mai una tangibile evoluzione negli approcci dei nemici allo scontro, ma soltanto una loro più coriacea resistenza alla quale si contrappone, prevedibilmente, una nostra maggiore vulnerabilità. Far piazza pulita di ondate e ondate di avversari, specie nelle fasi finali dell'avventura, comporterà non pochi grattacapi, ma saremo perlomeno coadiuvati da alcune torrette mitragliatrici che potremo utilizzare per smembrare masnade furibonde di rinnegati. Di contro, dimenticate di poter contare sull'aiuto dei vostri compagni di squadra: per quanto in buona parte della campagna sarete affiancati da soldati alleati, questi si sono dimostrati, se possibile, persino più incapaci dei ribelli contro cui combatteremo. La loro utilità sarà principalmente quella di fungere da bersagli mobili che attirano il fuoco nemico mentre noi saremo impegnati a ricaricare le energie o ad aggirare i Forsaken per colpirli alle spalle (attenzione però: non sono presenti attacchi di tipo melee). Eppure, nonostante la sfilza di difetti elencata fino ad ora, E.T. Armies a momenti sa offrire guizzi di fresco divertimento. Il discreto feedback dei colpi (unito a quello delle armi), il caos di morte che a tratti prende il sopravvento (non sfociando mai nella frustrazione), nonché il ritmo ben cadenzato con cui si susseguono le missioni concorrono a creare uno shooter tutto sommato veloce, fluido e spensierato, capace di donare un paio d'ore abbondanti d'adrenalina al prezzo di circa 15 euro. Accanto all'anemica campagna principale, comunque, è stata aggiunta nell'offerta complessiva una modalità multiplayer invero fin troppo basilare. Sono soltanto tre le tipologie di scontri che potremo selezionare nei panni dei Parsis o dei Forsaken: un classico death match, un team deatmatch ed una sempreverde "cattura la bandiera", affrontabili in due sole mappe, spoglie e non molto ampie, prese di peso dalle arene del singleplayer. Ad ogni modo, dopo giorni di prove, i server sono ancora tristemente vuoti, un chiaro sintomo di scarso interesse da parte della community, che ci ha impedito, per questo, di saggiare a dovere il comparto multigiocatore.

GUARDAMI LE SPALLE

Modellato con l'UDK (Unreal Development Kit), E.T. Armies si difende con le unghie dal punto di vista tecnico. Benché la modellazione poligonale paia soltanto sufficiente, alcune appariscenti lacune visive sono sopperite da un sapiente uso dei filtri grafici e dell'occlusione ambientale. Anche i dettagli delle armature e delle armi si assestano su buoni livelli qualitativi, per un risultato nel complesso abbastanza piacevole, considerato lo scarso budget a disposizione degli sviluppatori. Discorso a parte invece sia per la realizzazione dei volti, davvero indecorosa e ben al di sotto degli standard medi delle produzioni moderne, sia per alcune discutibili scelte di level design. Sembra che al team sia mancata la giusta ispirazione per creare un mondo di gioco dotato della giusta personalità: al primo livello, che inscena un setting post apocalittico dove antiche rovine troneggiano su un deserto infinito, seguono altri due capitoli in cui prevale l'asettico panorama futuristico di fabbriche e torri di guardia, delineando così un quadro artistico troppo disomogeneo. Stessa sorte anche per il comparto sonoro: al doppiaggio, eseguito con una certa passione per la teatralità (ma solamente in inglese, senza sottotitoli in italiano) si somma una colonna sonora dozzinale e anonima, che svolge un compitino di routine e accompagna il sibilo roboante dei proiettili con pochissima verve.

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