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Eternità temporale e atemporale

Creato il 22 gennaio 2016 da Zamax

In risposta ad un commento al suo articolo “Il panteismo” Gianni Pardo scrive: «Mi viene in mente un’ipotesi. Ammettiamo che, prima del Big Bang, vi fosse una massa di materia così “piccola” e così compressa (dall’attrazione molecolare) da non permettere l’esistenza l’esistenza di atomi come li conosciamo. Per così dire un’enorme palla fatta di nuclei soltanto. Tutta questa massa sarebbe stata inerte e senza movimento, sicché non vi sarebbe stato il tempo. Ma la pressione è stata tale che si è verificato il Big Bang, con quel che segue, e in particolare con l’inizio del tempo. Chiaro? Nient’affatto. Se la massa era totalmente inerte e “ferma” non sarebbe potuta scoppiare, perché non ci sarebbe MAI stato nulla di nuovo. E se c’è stato qualcosa di nuovo, che ha provocato il Big Bang, significa che già prima c’era una forza in movimento, che alla fine ha causato quello scoppio. Il Bing Bang, essendosi verificato nel tempo, postula un evento precedente che lo ha prodotto.»

Il ragionamento di Pardo ripropone, a suo modo, una vecchia, geniale e difficilmente confutabile intuizione di quell’Aristotele che io non amo: e cioè che il tempo è per sua natura eterno, intendendo per eterno l’infinito temporale nel passato e nel futuro. Ciò è in contrasto con la dottrina cristiana, come notò S. Tommaso, che pure piegò prodigiosamente il linguaggio di Aristotele alle ragioni del Cristianesimo, e che pure non sembra nel caso in questione confutare il ragionamento del Filosofo nelle sue ragioni fisiche. Ora, l’eternità sarebbe un attributo di Dio. E tuttavia il Filosofo per altre vie arriva alla trascendenza: il motore immobile, quella sostanza non soggetta al tempo e allo spazio dove essenza ed esistenza coincidono. In effetti la teologia di Aristotele rimane un miscuglio irrisolto di trascendenza e immanenza. Il Dio di Aristotele non è un Dio creatore e personale com’è quello cristiano e com’era già quello platonico. Sembra quasi una specie di cuore pulsante, e tuttavia separato e nascosto, sottratto al tempo e allo spazio, che quel mondo fatto di tempo e spazio informa di sé e mette in moto (“l’Amor che move il sole e l’altre stelle”): l’eternità del moto (e quindi del tempo) sarebbe, per così dire, la più perfetta delle sue partecipazioni all’esistenza del mondo, e il Primo Mobile l’espressione più nobile dentro la sfera temporale dell’Eterno Temporale mosso dall’Eterno Atemporale. Nel Cristianesimo invece Dio, l’Eterno Atemporale, superiore a tutti i tempi, crea necessariamente il tempo e con esso un infinito passato che, per usare il linguaggio di Aristotele, fu in potenza e giammai in atto. E similmente la fine del mondo, e del tempo, e dell’eterno inteso come l’infinità nel tempo, avverrà per un atto d’imperio di Dio, non per ragioni naturali.

A chi dice che «che la geometria euclidea e la meccanica newtoniana sono talmente annidate nelle nostre menti da rendere difficilissimo il poterne pensare altre», e che «per la relatività, e non solo, tempo e spazio sono intimamente legati ed il primo non è affatto “eterno” nel senso aristotelico», rispondo che certamente spazio e tempo sono intimamente legati: era chiaro, in qualche modo, anche ad Aristotele. Laddove c’è materia, lo spazio e il tempo misurano i rapporti tra i diversi componenti della materia; anzi, il tempo e lo spazio nascono dalla relazione della materia (intesa nel senso più largo del termine) con se stessa. In un certo senso, il tempo e lo spazio nemmeno esistono: esistono solo nella mente dell’uomo che ha bisogno di qualche punto di riferimento cui appigliarsi. La regolarità di certi movimenti astrali gli fu d’aiuto. Che il progresso scientifico abbia dimostrato che la linearità del suo sistema di riferimento abbia un campo di validità limitato, non inficia la giustezza dell’idea del Filosofo sull’eternità del tempo. Per Aristotele il tempo era la misura del movimento: laddove c’è mutamento, cambiamento, mutazione, lì, per la mente dell’uomo, c’è tempo (e spazio). Che fuori dal piccolo mondo dell’uomo il tempo possa essere deformato, o assumere altre forme geometriche, esso presuppone – sopra o sotto, a destra o sinistra, per così dire, di questa forma geometrica – altro tempo (o spazio).

La creazione, cioè la materia incompiuta ed irrisolta, è un’eternità corrotta, che conserva tracce vere di quell’eternità, e che tuttavia è solo ombra di quella vera, la quale «nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (S. Paolo, Romani 8, 20-21).


Filed under: Bene & Male Tagged: Aristotele, Cristianesimo, Panteismo

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