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Etica dei sequenziamenti genomici

Creato il 09 novembre 2011 da Roberto1972
Etica dei sequenziamenti genomici

Aborigeni australiani. (Cortesia National Archives of Australia).

Implicazioni varie da una ciocca di capelli aborigeni.

E’ tutto a posto: così dichiara Craig Muller della Goldfields Land and Sea Council (GLSC), in merito al sequenziamento del genoma degli aborigeni australiani, condotto da una ciocca di capelli vecchia di 90 anni. Insomma, se non si può parlare di una firma su un modulo di consenso informato, certamente la ricerca pubblicata su Science ha tenuto conto dei risvolti etici e dei diritti culturali di quelle popolazioni. La stessa GLSC, associazione alla quale possono aderire gli aborigeni nativi di quelle regioni, è infatti il loro rappresentante legale, come concordato nel Native Title Act del 1993.

Stiamo parlando di un lavoro scientifico molto significativo che insieme ad un’altra pubblicazione comparsa su Nature supportano la teoria evolutiva delle ondate migratorie multiple. Infatti, al primo viaggio di colonizzazione dall’Africa verso l’Asia hanno partecipato i progenitori degli attuali aborigeni australiani; poi un secondo viaggio ha visto il popolamento della parte più interna del continente asiatico. Alcuni membri della prima colonizzazione si sono incrociati con i Denisoviani che si localizzavano fino agli estremi orientali dell’Asia e forse in Oceania; gli stessi Denisoviani erano comunque già estinti al momento della successiva occupazione massiccia dell’Asia.

I dati ottenuti da queste ricerche fanno parte dello Human Genome Diversity Project (HGDP), un’iniziativa scientifica che dal 1990 ha lo scopo di studiare e catalogare le differenze genetiche fra le varie popolazioni del mondo: stiamo quindi parlando di sequenziare il genoma di tanti individui diversi. Il punto è che le basi per il sequenziamento genomico del lavoro di Science sono state poste nel 1920, quando l’etnologo inglese Alfred Cort Haddon, ha raccolto da un giovane maschio aborigeno una ciocca dei suoi capelli, aggiungendola ad una vasta collezione proveniente da tutto il mondo. Estraendo quindi il DNA da un campione biologico di un soggetto indigeno, deceduto, ci si è addentrati in un territorio certamente nuovo per quanto riguarda gli aspetti etici e legali, sottolinea Emma Kowal, antropologa alla University of Melbourne. Se poi pensiamo che il progetto della HGDP ha visto negli anni passati la più forte opposizione proprio all’interno del continente australiano, ecco che la materia si fa molto delicata.

Il progetto pubblicato su Science ha certamente avuto l’approvazione di un gruppo di aborigeni della ragione nella quale l’antico proprietario della ciocca ha probabilmente vissuto, come ci ricorda Eske Willerslev, ricercatore della University of Copenhagen e responsabile dello studio; inoltre, il comitato etico danese ha ritenuto non fosse necessario approfondire la cosa, avendo considerato quella ciocca di capelli come un campione di tipo archeologico e non biologico. Tuttavia alcuni scienziati si sono mostrati più cauti, non potendo essere sicuri che tutti gli aborigeni fossero d’accordo su questa cosa. Inoltre, un passo troppo precipitoso, fatto ora, potrebbe mettere a repentaglio le future collaborazioni (genetiche) con queste popolazioni. “Insomma, in questo modo ogni aborigeno australiano ha rivelato qualcosa di sé al mondo, senza averne dato espressamente il consenso”, puntualizza Hank Greely, direttore del Center for Law and the Biosciences alla Stanford University. Ma Craig Muller del GLSC ci assicura che ha personalmente indagato la storia dell’aborigeno incontrato da Haddon, concludendo che la cessione del campione è stata fatta in modo libero e nella piena responsabilità.

Non ultimo, questa è materia che riguarda anche i musei. Infatti, oggi molte collezioni stanno restituendo i reperti ossei ai legittimi discendenti; ma, proprio in materia di capelli, il British Museumdi Londra non considera questi campioni (così come le unghie) come parte dei protocolli di restituzione. E ogni ricercatore sa come questi campioni (…biologici un tempo, archeologici ora?) possano essere fonte di DNA da studiare. Anche perchè, che fine ha fatto il resto della collezione di capelli messa insieme da Alfred Cort Haddon?


Filed under: Antropologia, Biologia Tagged: aborigeni, capelli, reperti, sequenziamento del genoma

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