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Etnicità 30. W.H. McNeill: Polietnicità pre-moderna e omogeneità etnica (parte 2).

Creato il 28 luglio 2014 da Davide

Nella prima parte abbiamo visto la formazione di gruppi etnici in Occidente e soprattutto in Medio Oriente nell’antichità. Molto più lontano dal centro mediorientale la mescolanza e la complessità dei raggruppamenti umani diminuisce e si può trovare qualcosa di analogo allo stato-nazione moderno in luoghi sufficientemente remoti o marginali. Il Giappone, per esempio, non fu mai invaso con successo da gruppi esterni dopo che gli antenati dei giapponesi si stabilirono su quelle isole in epoca preistorica.
Qualsiasi diversità etnica esisteva all’inizio tra quegli antenati, essa scomparve prima che potesse essere registrata per iscritto, tranne sempre per il golfo che separava i giapponesi dagli ainu, la cui occupazione delle isole fu gradualmente spinta sempre più indietro fino a raggiungere le parti settentrionali più marginali dell’arcipelago. Le alte culture cinese e coreana giunsero in Giappone a tempo debito, trasportate in parte dai missionari buddisti. Ma i giapponesi presero presto l’iniziativa nell’importazione di tecniche e conoscenze dalle civiltà del continente, e così pochi stranieri trovarono residenza nelle isole. Certamente, una manciata di abili vasai coreani conservarono un’esistenza separata per secoli e i marinai giapponesi sembra abbiano importato qualche schiavo nel paese, ma in generale i giapponesi conservarono la loro omogeneità etnica sconfiggendo anche il più formidabile degli invasori, come i mongoli di Kublai Khan, e scegliendo a cosa lasciare accesso in patria e cosa respingere.
L’autonomia ostile del Giappone e il suo relativo isolamento sono stati ben illustrati dall’accoglienza accordata ai missionari e ai mercanti europei nel XVI secolo. All’inizio i nuovi venuti furono bene accolti, la conversione al cristianesimo divenne di moda in certi circoli e i fucili europei furono ammirati e imitati. Ma quando i rapporti europei che penetravano insieme al cattolicesimo romano minacciarono di influenzare la lealtà politica di una porzione del popolo giapponese, il governo centrale represse la nuova fede in modo spietato e scacciò i residenti europei, tagliando fuori quasi completamenti i giapponesi dal resto del mondo.
Più di ogni altra terra civilizzata, quindi, le isole giapponesi mantennero l’omogeneità etnica e culturale per tutta la loro storia e almeno in linea di principio costituirono uno stato-nazione sotto la sovranità dell’imperatore, anche in epoche di frammentazione politica quando il potere e il comando militare si trovava in pratica nelle mani di capi clan e delle loro bande di samurai armati di spada.
A differenza del Giappone, la Cina fu soggetta a ricorrenti conquiste da parte dei popoli delle steppe e i coloni cinesi, mentre penetravano verso sud dalla regione originaria della valle del Fiume Giallo, inglobarono un gran numero di altri popoli che non si mescolarono subito con il corpo sociale cinese come sudditi indifferenziati dell’imperatore. Oltre a ciò, durante le epoche imperiali della Cina, dal tempo della dinastia Han in poi (202 a.C.- 220 d.C.), eserciti professionali estesero la giurisdizione politica dell’imperatore fin dentro l’Asia centrale e altre terre di confine, dove un’enorme diversità di popoli, turchi, tibetani, mongoli, manciù, coreani, solo per nominare quelli più noti in Occidente, condividevano la sudditanza a una corte lontana con i cinesi.
La Cina, perciò, non conservò nulla dell’isolamento e dell’omogeneità che caratterizzavano la società giapponese. Volenti o nolenti, appartenevano alla grande ecumene eurasiatica, soggetta agli stress e alle difficoltà della prossimità scomoda con popoli di differente lingua, cultura e tecnologia. I confini politici ed etnici non coincisero mai esattamente. Al contrario, la conquista cinese delle aree di confine si alternò con la conquista di parte o di tutta la Cina da parte dei popoli che provenivano da quelle stesse aree di confine. (segue)


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