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Ettore Scola, il suo cinema e la sua Italia

Creato il 04 febbraio 2016 da Ilnazionale @ilNazionale

03 FEBBRAIO – Sono passati parecchi giorni dalla morte del regista Ettore Scola, ma il ricordo di lui e dei suoi film rimane sempre vivo nel cuore di tutti gli amanti del suo cinema. Unicaradio ha deciso di parlare un po’ della sua figura, scoprendo qualcosa di più, in compagnia dello scrittore veneziano Alessandro Ticozzi. Segnalato nel 2000 con una menzione d’onore al XXI Premio Nazionale di Poesia e Narrativa organizzato dal Lions Club Milano Duomo, Ticozzi ha alle sue spalle diversi lavori di saggistica riguardanti il cinema del Secondo Dopoguerra.

Che ricordo hai di Ettore Scola, Alessandro?

Io l’ho incontrato undici anni fa, ai tempi del DAMS di Padova, in occasione di un convegno organizzato da Giampiero Brunetta, il mio maestro di cinema e suo amico. Alla fine, mi ha fatto una dedica “Ad Alessandro, che la sua passione del cinema venga ricompensata da una grande carriera”. Due anni fa l’ho rincontrato a casa sua, al fine di intervistarlo per il volume L’Inviato dalla Rete, e ricordandogli la sua dedica – aiutato anche da internet – ho risvegliato la sua memoria. Poi l’ho intervistato in altre due occasioni. Scola è una persona molto schiva, crepuscolare, ma capace di una grande ironia. Lascia un grande vuoto, essendo l’ultimo dei grandi registi della commedia all’italiana, che però è riuscito a superare con Una Giornata Particolare, esprimendo un cinema personale, con storie di gente comune, ma influenzate dalla Grande Storia.

Un personaggio schivo, ma che sin da giovane è stato in grado di graffiare i vizi e le debolezze italiane. 

Sì, ha iniziato come sceneggiatore, speciein coppia con Ruggero Maccai, nella commedia all’italiana, e negli anni Sessanta ha sceneggiato le migliori commedie di Dino Risi e Antonio Pietrangeli, arrivando a metà del decennio a mettersi in proprio, conquistando i primi successi e portando la commedia all’italiana alla maturazione.

Partiamo dal 1968. Riusciranno i Nostri a Ritrovare L’amico Misteriosamente Scomparso in Africa è un film in cui si ha la rottura della monotonia borghese, esaltando il gusto, tipicamente romantico, per l’avventura. Scoladirige Manfredi, Sordi e Blier. 

Sì, è un film ispirato al romanzo breve di Joseph Conrad  Cuore di Tenebra, da cui Francis Ford Coppola ha tratto Apocalypse Now. Racconta di una borghesia ipocrita che entra a contatto con il Continente Nero.

Si arriva agli anni Settanta, al periodo del boom economico, ma anche a quello delle tante contraddizioni, con i suoi aspetti nebulosi e nascosti. Dramma della Gelosia, Tutti i Particolari in Cronaca e Il Commissario Pepe.

Per quanto riguarda il secondo, sebbene non sia tra i più ricordati, gli sono affezionato, in quanto è girato tra Vicenza e Bassano del Grappa (io sono veneto). Di questo film ricordo un’interpretazione straordinaria di Ugo Tognazzi, il cui personaggio a poco a poco scopre il falso perbenismo nascosto nella sua città e il velo dell’ipocrisia di stampo cattolico.

Con Dramma della Gelosia Tutti i Particolari in Cronaca si raggiunge il clou ,con un triangolo amoroso sullo sfondo di vicende politiche coeve. Scola è bravo inoltre a sfruttare il linguaggio delle canzonette, così come ha fatto Risi con Saziami, ma di Baci Straziami e Monicelli con Romanzo Popolare.

Si arriva al 1974. C’eravamo tanto amati, indubbiamente il capolavoro di Scola, che racconta un trentennio di storia italiana, ripercorso da Gassman, Manfredi e Satta Flores, senza trascurare le figure di Stefania Sandrelli, Aldo Fabrizi e Stefania Rallo. Tre amici, un tempo legati dalla lotta partigiana, prendono strade diverse, ma si rincontrano e si riscoprono

Sì, è un film, omaggio al neorealismo, dedicato a Vittorio De Sica, che racconta in maniera magistrale, sulla falsa riga di Una Vita Difficile di Risi, la disillusione di chi, dopo aver lottato per i suoi valori, si è scontrato con la realtà.

Realismo crudo e privo di una qualsiasi edulcorazione. Si parla di Brutti, Sporchi e Cattivi (1976). Scola fotografa la vita delle baracche della periferia romana, aprendoci uno scorcio sulla vita della Roma dei poveri. 

Innanzitutto bisogna ricordare la grandissima interpretazione di Nino Manfredi, il quale interpreta il suo ruolo circondato da veri baraccati. È una commedia all’italiana nera, truce e amara, di matrice pasoliniana, con Sergio Citti – il cui nome è legato proprio al sodalizio artistico con l’autore de I Ragazzi di Vita –  che ha collaborato ai dialoghi in romanesco nel film. Pasolini avrebbe dovuto interpretare il prologo, ma è morto prima. E forse questo è il più grande rimpianto di Scola. Un film riuscito che fa il palio con un Borghese Piccolo Piccolo di Monicelli che chiude la stagione del genere, tratto dal romanzo di esordio di Vincenzo Cerami.

Andiamo al 1977 con Una Giornata Particolare, film che racconta la storia di due vite ostacolate dal regime fascista.

Con questo film abbiamo la trasformazione delle figure di Sophia Loren e di Marcello Mastroianni. Nelle pellicole precedenti infatti, in particolare in quelle di De Sica, la prima è ritratta come la femme fatale, lui come un latin lover. Scola invece li porta fuori da questo territorio. Ora lei è infatti una donna dimessa, lui è addirittura un omosessuale. Sia l’uno che l’altra dànno una grande interpretazione, forse tra le migliori, raccontando l’Italia sotto il fascismo. Si potrebbe dire che Mastroianni sia la coscienza civile che spinge la Loren a uscire dal guscio di retorica.

Si giunge così all’Ettore Scola degli anni Ottanta. Il 1987 è l’anno del film La Famiglia. Ottant’anni di storia di una famiglia borghese della Roma bene, ma forse la storia di un intero Paese. 

Considero La Famiglia come l’ultimo grande film di Ettore Scola. Ambientato negli interni, in questo lavoro si nota la grande interpretazione di Gassman e della Sandrelli, eccezionali nel raccontare la vita della borghesia romana.

Tuttavia, rimanendo negli anni Ottanta, non si può non citare La Terrazza ( 1980), un post mortem della commedia all’italiana. Il film fa luce infatti sulla crisi di un gruppo di intellettuali di sinistra e sul perché non si possa più fare la commedia all’italiana.

Dopo i 1987, le altre produzioni non sono tutte allo stesso livello, benché a me abbia colpito la sua ultima Che Strano Chiamarsi Federico, un omaggio all’amico Fellini presentato 3 anni fa, fuori concorso, alla Mostra del Cinema di Venezia, in occasione del ventennale dalla sua scomparsa. Qui Scola ritorna alle sue origini, con un film testamento, in cui si richiama alla memoria il funzionamento de “Il Marc’Aurelio”, il giornale satirico in cui ha iniziato a collaborare da studente.

In seguito, negli anni Duemila, Ettore Scola ha faticato a sintonizzarsi con la realtà contemporanea del Paese, ma questo è stato comunque un problema di tanti registi, per i quali è stato difficile stare dietro alle nuove generazioni, alle loro mentalità moderne e quel consumismo che loro avevano sempre detestato. Ciascuno ha preso la sua strada, la sua direzione, senza che ci fosse un ricambio generazionale collettivo.

Gianmarco Cossu

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