Magazine

Europee 2014, riflessioni post-voto: tra sondaggi e realtà

Creato il 26 maggio 2014 da Alessandromenabue
Altro che processo ai giornalisti: se c'è qualcuno da giudicare sono i sondaggisti che sono riusciti a sbagliare praticamente tutto. Hanno sovrastimato il M5S di 4-6 punti e sottostimato di 7-10 il Pd. E con Forza Italia, accreditata da quasi tutti gli istituti al 20% circa, non è andata meglio. Sulla base di dati completamente errati tutti abbiamo trascorso le ultime settimane a prevedere scenari che ora, alla luce dei veri risultati appaiono fantascientifici. I secondi exit poll attestavano il Pd al 34,5%: sbagliati pure questi, con buona pace di Mentana che si affannava a ricordare che questi rilevamenti all'uscita dei seggi si basano su precisi criteri scientifici e vengono effettuati in tutta Europa. Il problema è che Chicco Mitraglia non ha considerato una peculiare variabile del nostro paese: gli italiani, rinomati buontemponi. Sulla base di quelle cifre, prima dell'arrivo delle proiezioni, avevo previsto Pd al 32% e M5S al 27%. L'ho scritto anche su Twitter, promettendo di pagare pegno in caso di errore. Ho sbagliato, ho pagato:
Europee 2014, riflessioni post-voto: tra sondaggi e realtà


I risultati. Girarci intorno sarebbe inutile e piuttosto patetico: Renzi non ha vinto, ha trionfato. Apoteosi. Gli ottanta euro (che ci sono) non sono un dettaglio: hanno influito più di quanto si pensi. Eppure da soli non spiegano un successo di questa portata. La giovane età, la capacità di trasmettere fiducia soprattutto alle fasce più deboli e colpite dalla crisi, la luna di miele degli italiani con un governo nato da soli tre mesi, la speranza che le tante promesse al momento non mantenute trovino realizzazione sono tutti fattori che hanno influito sulla vittoria di Renzi. Perchè questa non è la vittoria del Pd: ancelle e paggi renzini sono poco più che soprammobili in quello che da oggi diventa un partito ultrapersonalistico, tale e quale a Forza Italia. Con questa affermazione il Pd perde definitivamente la sua (anzi, le sue) identità. Renzi non ha praticamente più avversari, ha silenziato definitivamente correnti e opposizioni interne e ha fagocitato gli alleati di governo: il NCD ha superato a fatica la soglia del 4% e i montiani sono definitivamente scomparsi. Quanto al compagno di riforme Silvio Berlusconi, questa volta siamo davvero alla fine: nei prossimi giorni molti altri esponenti di FI si getteranno dal Titanic azzurro per cercare acque più tranquille che permettano loro di restare a galla. Questo exploit è allo stesso tempo un problema per il Presidente del Consiglio: voleva un riconoscimento attraverso il voto, lo ha avuto. Ora dipende tutto da lui: gli italiani giudicheranno l'operato di Matteo Renzi, non del suo governo. Non può permettersi di sbagliare niente.

In questo scenario l'unica opposizione consistente resta quella del M5S. Il movimento di Grillo e Casaleggio è rimasto sopra al 20% e questo certifica che si tratta di una forza politica ormai radicata nel panorama politico. Ma le buone notizie per i pentastellati si fermano qui: la forbice che li separa dal Pd (che ha preso il doppio dei voti) fotografa l'esito disastroso di questa tornata elettorale. Gli errori sono stati tanti e coinvolgono l'intero movimento, dalla base ai vertici. Gli elettori grillini, tanto per cominciare: alcuni di loro, evidentemente troppo impegnati a twittare #vinciamonoi, devono essersi dimenticati di andare a votare. Altri ancora forse erano grillini solo sul web: c'è una precisa categoria di persone a cui piace credersi e fingersi alternativi, antisistema. Poi, alla prova dei fatti, la croce la mettono dove davvero li porta il cuore, oppure non vanno proprio a votare perchè tanto non serve a niente: è più appagante sbraitare su internet, cercando di imitare Beppe Grillo. Non si rendono conto che a metterla bene sembrano dei Martufello dopati. Di questi "sostenitori" il M5S può fare serenamente a meno, anzi: si spera che questa sberla elettorale possa allontanare definitivamente questi esaltati che in fondo sono quelli che ci credono meno: al movimento arrecano parecchi danni senza portare un grammo di utilità.

E poi ci sono i vertici. Ho scritto a più riprese che certi toni e certe trovate di Grillo non mi piacevano: la foto di Auschwitz, alcune espulsioni troppo frettolose, le troppe urla in un paese - che piaccia o meno - moderato e anziano, non solo anagraficamente. E poi la ciliegina sulla torta: i continui attacchi ai giornalisti, culminati con l'idea strampalata del processo sul web. Tanti giornalisti non conoscono l'obiettività, è vero; il M5S è stato massacrato spesso ingiustamente dagli organi di informazione, è vero. Ma proporre di giudicare i giornalisti sulla pubblica piazza virtuale, proprio nell'Italia che dodici anni fa ha dovuto fare i conti con l'editto bulgaro di Berlusconi è stata una mossa dilettantesca e comunque sbagliata.
I Cinque Stelle non sono finiti e certamente Grillo non farà un passo indietro. Dovrà però ripensare attentamente le sue strategie: gli strali non pagano, è necessario parlare di politica senza strepiti e senza minacce. Se Grillo non è in grado di farlo, ci sono ottimi parlamentari come Di Battista, Di Maio o Morra che possono aiutare il movimento ad inaugurare una fase nuova, più matura. Nei prossimi mesi ci sarà più che mai bisogno di una vera opposizione e in questo marasma la presenza del M5S sarà fondamentale, a condizione che sappia cambiare passo.

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog