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Ex cava Piccinelli – La testimonianza

Creato il 24 marzo 2012 da Bracebracebrace

«Andavamo a giocare nella cava radioattiva»

L'ex cava Piccinelli nel 1993 (licenza Creative Commons 2.5)

L'ex cava Piccinelli nel 1993 (licenza Creative Commons 2.5)

La testimonianza di un ragazzo di San Polo: “Non potevamo saperlo, non è segnalata”

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Alle porte della città si possono scaricare tranquillamente scorie radioattive nelle cave dismesse; lastre di amianto e copertoni nelle rogge e nei campi nel nuovo quartiere di San Polino; scorie di acciaieria non trattate a due passi da un sito radioattivo, creando danni per milioni di euro. Per le prostitute e i disperati che bivaccano al riparo della vegetazione nel parco delle cave, per i bambini e i ragazzini in cerca d’avventura, che si aggirano nei luoghi misteriosi e abbandonati, non c’è neanche un cartello che avvisi del pericolo radiazioni. A Brescia non c’è alcuna sicurezza. In compenso il 23 marzo 2012 la Polizia Locale ha condotto “un’importante azione anti-writers”, arrestando tre pericolosissimi ex studenti del liceo artistico “Olivieri”.

Paola Vilardi, assessore all’Ambiente del comune di Brescia, spera che il problema della radioattività non ci sia. Ma secondo l’ARPA ci sono più di cento siti con scorie radioattive in provincia di Brescia. E la popolazione non ne sa nulla: quelli noti sono soltanto cinque. Due dei cinque siti si trovano nel centro abitato di Brescia, compreso quello con la radioattività più alta mai registrata: l’ex cava Piccinelli di via Cerca.


Le prime rilevazioni fatte nel febbraio ’98 direttamente sulle polveri radioattive avevano fatto impazzire i contatori Geiger: più di 100 μSv/h, il valore massimo rilevabile dallo strumento. Pochi giorni fa l’esame delle acque di falda sotto alla cava radioattiva hanno dato una buona notizia: niente Cesio nell’acqua. Ma i dati sono per certi aspetti inspiegabili. Il direttore dell’ARPA Giulio Sesana ci ha concesso un’intervista:

GIULIO SESANA: “Questi primi dati sono stati inviati al Comune e alle autorità competenti proprio per dare un segnale che gli accertamenti sono stati svolti, che il Cesio 137 non è presente in questi punti, ovviamente poi il lavoro va avanti e non è che si sia fermato alle misure”.
Un anno fa quando avete lanciato l’allarme per l’innalzamento della falda, davate addirittura per probabile il contatto tra le scorie radioattive e l’acqua. Questi ultimi dati ci dicono invece che il Cesio nell’acqua è addirittura diminuito. Voi questo come ve lo spiegate?
GIULIO SESANA: “Sono in corso degli accertamenti ulteriori, degli approfondimenti. Allora: non si può pensare che quattro numeri risolvano sempre i casi di tutto…quattro numeri ci dicono che nell’acqua non c’è il Cesio 137. Che cosa sia successo nella dinamica della falda, stia succedendo nella dinamica della falda è un elemento che prende più tempo. Fermo restando che in falda in questo momento non abbiamo visto assolutamente nulla. Lì non abbiamo visto nulla: quello che poi può essere successo in dieci anni, in cinque anni, in tre anni è tutto da stabilire…”



Ci può descrivere in che situazione ha trovato l’area radioattiva “ex Cagimetal” quando si è recata sul posto?
MARIAGRAZIA SANTINI: “Noi non abbiamo avuto accesso a quell’insediamento perché rimaneva comunque completamente recintato”.



La dottoressa Mariagrazia Santini di ARPA Lombardia a giugno 2011 ha effettuato un sopralluogo all’ex cava Piccinelli, e ha firmato la relazione tecnica in cui parla del degrado del sito radioattivo.



MARIAGRAZIA SANTINI: “C’erano difficoltà di accesso al sito perché comunque la vegetazione intorno aveva avuto il suo corso negli ultimi dieci anni. In parte del piazzale era cresciuta erba, vegetazione, i teli erano consumati…”
Avete visto dei varchi nella recinzione che possano far pensare che qualcuno si sia introdotto nell’area sequestrata?
MARIAGRAZIA SANTINI: “Delle piccole cose sì, questo sì…però pensare che qualcuno si sia inserito nell’area sequestrata sinceramente non ho elementi per pensarlo. Anche perché comunque è una zona abbastanza squallida e brutta”.



È un’area brutta e abbandonata. L’ARPA lo scrive anche nella sua relazione: «Visto lo squallore dell’area appare poco probabile che qualcuno si introduca nel sito». Ma i tecnici non hanno pensato ai bambini, che in questi dieci anni hanno giocato nella zona delle cave.

Brescia, quartiere di Buffalora (foto b.b.brace)

Brescia, quartiere di Buffalora (foto b.b.brace)

RAGAZZO DI SAN POLO: “Io abito nella zona di San Polo dal ’95, all’epoca avevo dieci anni. Mi ricordo – sarà stato verso il ’99, avevo circa quattordici anni – che spesso con dei miei amici andavamo nella zona del parco delle cave a fare dei giri. Una volta eravamo in via Cerca, e abbiam preso questa strada che conduceva a quella che, poi, ho scoperto essere la cava Piccinelli. Siamo entrati e mi ricordo che c’era questo casolare che sembrava abbandonato…siamo entrati e abbiam visto dei giubbini appesi a un attaccapanni, la porta era aperta però c’eran dei giubbini appesi. Abbiam capito che in realtà era frequentato e siamo usciti. Si è fermata un’auto con un signore che ci ha avvisato che c’era un pericolo…non ci ha spiegato cosa c’era, comunque ci ha avvisato che non era il caso di entrare. Anni dopo – sarà stato all’incirca il 2007 – con altri amici eravamo sempre in giro per una passeggiata e siamo entrati da via Serenissima, e anche lì…non abbiamo visto, non c’eran cartelli che avvisavano del pericolo. Abbiam visto nel sentiero che portava alla cava un giaciglio, probabilmente utilizzato da una prostituta…”
Tu non hai mai saputo…non era una cosa di cui si parlava?
RAGAZZO DI SAN POLO: “No, l’ho scoperto nel 2009”.
Ti sembra che ci siano altre persone che si aggirano in quel posto e fanno delle cose non sapendo del pericolo che potrebbero correre?
RAGAZZO DI SAN POLO: “Nell’entrare avevamo notato che c’era un signore, che stava anche lui all’interno della cava…non ci abbiam parlato, però l’abbiam visto. Quella zona rappresenta per gli abitanti dei quartieri di San Polo e Buffalora l’ultimo residuato di campagna prima dei paesi della provincia. Quindi la zona verde dove uno magari il sabato e la domenica va a fare la passeggiata, il pic-nic…”.
Ha un senso chiedere di mettere delle misure di sicurezza?
RAGAZZO DI SAN POLO: “Almeno dei cartelli. Segnalare l’area contaminata!”
Se tu avessi visto da via Serenissima o da via Cerca l’indicazione “zona radioattiva”…
RAGAZZO DI SAN POLO: “Sicuramente…Guarda, io quando sono entrato ho pensato: questa sembra un’area contaminata. Però…non potevo sapere che lo era davvero”.



09-02-2012 
Radio Popolare, “Localmente Mosso”, 23-03-12

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