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EXTRA | Sembra, ma non è una chitarra. Ascesa e declino del Synthaxe: Allan Holdsworth

Creato il 27 aprile 2014 da The Book Of Saturday

SynthAxe

Spesso nella musica si è pionieri di se stessi. Più raramente il nome di un artista sale alla ribalta per l’utilizzo di un nuovo strumento. Meno spesso accade poi che sia proprio la pubblicità di questo o quell’artista, a designare la fama di una nuova invenzione musicogena. A volte l’idiosincrasia tra le due parti è tale che si può parlare di simbiosi. Quando nel 1986 venne pubblicato Atavachron, tutti conoscevano già Allan Holdsworth, ma pochi, se non nessuno, sapeva cosa fosse il Synthaxe.

Ebbene, oggi vi raccontiamo la nascita e l’ascesa di questo strumento, che deve la sua fama proprio al disco in questione. Un po’ chitarra elettrica, un po’ sintetizzatore. Reso celebre proprio grazie ad Allan Holdsworth, che utilizzandolo scientificamente in più brani di Atavachron, unì il suo nome a questa diavoleria dell’ingegneria elettronica musicale per i quasi successivi 15 anni. Prima però sarebbe bene spiegare meglio in cosa consiste il Synthaxe.

Senza entrare troppo nel dettaglio, il Synthaxe è un controller MIDI applicato alla chitarra, creato da Bill Aitken, Mike Dixon e Tony Sedivy e prodotto in Inghilterra nella seconda metà degli anni ’80. Si tratta di uno strumento musicale che utilizza sintetizzatori elettronici per produrre suono e viene controllato tramite l’uso di un braccio simile al collo di una chitarra (ma non è una chitarra) e il suo nome deriva dal mix di due parole: sintetizzatore e ascia…

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A prima vista somiglia a una di quelle chitarre multi-corda utilizzate da svariati musicisti eclettici come Pat Metheny. In realtà la somiglianza con la chitarra svanisce appena si osserva il musicista suonare. Se la mano sinistra infatti esercita gli stessi movimenti di un chitarrista “classico” sulle sei corde, la destra esegue un vero e proprio tapping su un’area definita “trigger string” (innesco delle corde). In aggiunta a ciò ci sono, più in alto, sei tasti corrispondenti alle corde del manico. Attraverso queste due opzioni, il “synthaxista” comanda non solo il timbro che vuole dare alla nota, ma anche le stesse corde. Se si pigia in basso verranno toccate le corde alte, viceversa per quelle basse.

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La curiosità (e lo vedrete nei video sotto) risiede nell’utilizzo multiplo delle dita che vanno a creare un accordo con il semplice pigiare in contemporanea l’area suddetta. Il Synthaxe dà la possibilità di creare una moltitudine di suoni che fino a quel momento non era concepibile tirare fuori dalle semplici chitarre elettriche.
In realtà questo strumento non emette suoni ma invia segnali direttamente ai sintetizzatori che producono il suono. Quindi non è un proprio strumento musicale.

In un’intervista più recente a Steve Adelson, Allan Holdsworth descrisse le sensazioni che provò con il Synthaxe: «Il Synthaxe non è come una chitarra. Le note sono negli stessi luoghi, ma si sente in modo completamente diverso. Ho dovuto solo dimenticare come si suonava la chitarra: l’ho usato per fare dei clinic di Synthaxe e alcuni membri del pubblico mi chiesero se potevo farlo suonare come una Stratocaster. È stato abbastanza divertente, avrebbero voluto che gli suonassi del blues. Non l’ho mai visto in quel modo ma tutto il contrario».

Inizialmente il synthaxe era venduto al prezzo di circa 13.000 dollari per scendere con il tempo a un massimo di 8.000. All’apice del suo utilizzo, venne messo in commercio dalla Virgin Games, che ne assunse la distribuzione per poi chiudere i battenti un paio di anni più tardi. Lo suonarono con eccellente qualità Allan Holdsworth e Lee Ritenour.

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Tra i primissimi, va annoverato anche Al Di Meola, che ne possiede tuttora uno. Fu l’esigenza di emulare lo stile al sassofono di John Coltrane che spinse Allan Holdsworth a cimentarsi nell’utilizzo del Synthaxe.

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«Perché ho sempre voluto suonare un corno, che è uno strumento non percussivo, mentre la chitarra è essenzialmente uno strumento percussivo. Ho sempre cercato di rendere il suono per quello che non è…», spiegava Holdsworth, lasciando intendere anche il senso per cui un musicista arrivi a concepire la migrazione verso uno strumento completamente elettronico come può essere il Synthaxe. L’esigenza è quella di fondere due concetti in uno stesso mezzo di elaborazione del suono.

«Ma una delle cose che ho sempre voluto fare – aggiunge il musicista – è stata quella di essere in grado di prendere una nota e modificarne la forma intera dopo averla suonata. Sai, renderla morbida, forte, metterle un vibrato su di essa, cambiarne il timbro del suono. Il tutto dopo che la nota è stata suonata, che non è una cosa molto facile da fare con uno strumento a percussione. E con il Synthaxe ho questa capacità, perché posso collegarlo ad un breath controller e posso fare esattamente questo». 



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