:::: Giovanni Caprara :::: 26 settembre, 2013 ::::
Il tentennamento del Governo italiano in merito all’acquisto del caccia F-35, è legato essenzialmente alla crisi economica ed alla validità stessa dell’aviogetto che sembra essere afflitto da diverse malfunzioni. Il progetto è legato alla necessità di sostituire i vetusti Harrier, pertanto la decisione verte sul dotarsi di un velivolo migliorabile o rimanere indietro rispetto alla comunità internazionale non potendo far fronte ad impegni attuali e futuri a tutto discapito dell’intero sistema Italia.
Il tentennamento del governo italiano in merito all’acquisto dei caccia F-35 Lightning II, è desumibile dalla condizione di crisi economica che attanaglia pesantemente gran parte dei ceti sociali. Come sempre, non è intuitivo valutare le decisioni di una amministrazione politica, ma per meglio comprenderle bisogna addentrarsi nella questione. I nostri soldati operano congiuntamente agli alleati della NATO, in missioni le cui finalità sono ristabilire la pace e recuperare lo stato dei diritti umani in quelle Nazioni oppresse dalle guerre civili, dalle calamità naturali e più in generale da situazioni di emergenza. Questo nel segno della solidarietà e cooperazione tra i popoli. I militari italiani, di fatto, sono quasi stati trasmutati in operatori umanitari, con piena soddisfazione di una nazione come l’Italia che aborra la guerra. Pertanto, la funzione principale di un velivolo dell’Aeronautica Militare in questo contesto è proteggere lo spazio aereo nazionale, e nell’Aviazione della Marina quello di salvaguardare l’incolumità delle unità di superfice e dei soldati impegnati nelle missioni all’estero, una significativa implementazione del concetto di proiezione di forza sul quale si fondava una portaerei. In questo quadro di insieme, si colloca la spesa onerosa per l’acquisizione dei Lightning, dai quasi 100 a 130 milioni di dollari ognuno, dove il costo per ogni ora di volo si aggirerebbe intorno ai 25 mila dollari. L’F-35 è un velivolo da attacco al suolo monomotore, capace di assolvere a qualsiasi missione. L’ala è alta con un disegno a “delta troncato”, le prese d’aria sono due come gli impennaggi di coda costituiti da due stabilizzatori verticali e due grandi timoni orizzontali. È armato con un cannone da 25 millimetri e nelle due stive ventrali imbarca missili o bombe a caduta libera. Inoltre può essere dotato di piloni subalari e lo completano gli attacchi ai bordi alari per missili aria-aria. La principale peculiarità del velivolo è la sua configurazione stealth, o meglio “low observable”, dunque più consono ad un “first strike” od anche a volare in ambienti ad alto rischio dove le difese aeree avversarie non siano state terminate, pertanto quasi inutile in teatri come quello afghano, ma con elevata sopravvivenza in crisi simili a quella libica. Le origini del progetto risalgono ai primi anni 90, l’intento era di sostituire velivoli come l’F-16, l’F-18 ed in particolare gli AV-8B della marina. Una finalità ambiziosa in quanto tesa a soppiantare aeromobili che hanno garantito la difesa di tutte le Nazioni utilizzatrici. Ma non unicamente per la salvaguardia dei confini nazionali quanto anche per l’offesa, dove gli F-16 sono eccelsi nelle incursioni israeliane delle operazioni “Babilonia”, “Orchad” ed altre ancora. Anche l’F-18 ha avuto la sua parte, in particolare nella Crisi dei Balcani. Nel 1996 il programma di ricerca si è evoluto in acquisizione, pertanto l’Amministrazione Statunitense ha emanato una richiesta specifica alle aziende costruttrici degli USA per proporsi allo sviluppo. L’anno successivo, la Lockheed si è aggiudicata l’appalto con il prototipo X-35, denominato poi in via definitiva F-35. Il governo statunitense ha consentito ad altre nazioni di compartecipare allo sviluppo del neonato caccia, specificando in 3 livelli le possibili cooperazioni. Al secondo livello si collocano le industrie italiane con investimenti pari ad oltre 2 miliardi di dollari. Il Lightning ha raggiunto la capacità operativa nel 2012, ed è attualmente l’unico caccia stealth di nuova generazione disponibile sul mercato insieme all’F-22, il quale però, è gravato da costi proibitivi. L’oggetto del contendere è la funzionalità pratica dell’aeromobile. L’F-35 ha, difatti, una serie di incognite sulle quali non è stato fornito un chiarimento; innanzi tutto sembra essere oggetto di una lunga serie di malfunzioni che ne limitano la capacità operativa e questo aggiungerà esborsi per l’upgrading dei software. Dai primi test, pare sia vulnerabile ai fulmini e ciò lo degraderebbe operativamente, declassandolo non più a caccia ognitempo. Di seguito il Pentagono ha denunciato una gravissima malfunzione al display del casco, il quale non indicava l’esatto orizzonte artificiale ed in alcuni casi l’immagine addirittura era scomparsa. Altra mancanza, si è evidenziata nel radar per l’acquisizione dei bersagli, infatti non li avrebbe rilevati ed in particolari occasioni si sarebbe anche spento. Nelle anomalie sembra sia coinvolto il gancio di arresto per l’appontaggio, in quanto non si estenderebbe. Il rapporto conclude laconicamente con la considerazione che l’F-35 possa venir sconfitto in un combattimento aereo anche da velivoli appartenenti alle precedenti generazioni, oltretutto perché durante le evoluzioni si riscontrerebbe una significativa diminuzione della visibilità dalla cabina di pilotaggio. Il programma JSF nacque con il preciso presupposto di una partnership fra il costruttore principale, la statunitense Lockheed Martin ed altri paesi tecnologicamente avanzati. Un presumibile motivo per il quale il Governo non ha abbandonato l’acquisizione del caccia, potrebbe essere quello economico, in quanto sono 18 le aziende italiane coinvolte nello sviluppo: dall’Alenia aeronautica, alla Piaggio, passando per la Selex-Marconi, la Gemelli e finendo alla OtoMelara.
Un comparto produttivo con capitali sociali rilevanti e migliaia di lavoratori impiegati, la sola Alenia ne conta oltre 11.000. Principalmente la compartecipazione italiana concerne la progettazione del cassone alare, componenti del motore F136, l’involucro della turbina, l’optronica EOST, il cannone GAU-22/A, il carrello, le ali ed altro ancora. La scelta sulla collaborazione, originò dall’esigenza di sostituire i vetusti AV-8 Harrier imbarcati sulle Cavour e Garibaldi. Con questi hanno in comune una particolarità imprescindibile per il loro utilizzo: sono dei velivoli V/STOL, dunque i soli in grado di decollare ed appontare sulle nostre unità di superficie, oltre ad essere gli unici sul mercato con questa peculiarità. In aggiunta, dispongono di un sistema di navigazione avanzatissimo nel suo genere. È chiamato “sensor fusion”: una serie di telecamere, poste in vari punti della fusoliera del velivolo, interagiscono con altri come l’IRST o gli ESM, e trasmettono al pilota una totale consapevolezza dell’ambiente esterno. Benchè la compartecipazione italiana sia economicamente e tecnicamente rilevante, il progetto rimane saldamente agli statunitensi, pertanto per gli aggiornamenti o la semplice manutenzione, si renderebbe necessario ricorrere al costruttore principale con un ulteriore aggravio dei costi. La motivazione di questo presumibile esborso deriva del contratto di partnership, dove l’Italia si colloca unicamente come fornitrice. È da sottolineare che si tratta di una collaborazione trentennale, ossia il ciclo operativo di un aeromobile, dunque le spese si diluirebbero nel tempo risultando più gestibili. Parte di queste rientrerebbero come posti di lavoro, stimati in circa diecimila, sotto forma di commesse, ma tale dato è oggetto di conferma, in quanto alcuni esperti di economia denunciano numeri decisamente inferiori. Gli accordi di partnership concernono anche l’assemblaggio degli aeromobili acquistati dall’Italia e questo avverrebbe all’aeroporto di Cameri. Anche l’aeronautica è interessata all’F-35, da affiancare al più performante Eurofighter e per sostituire gli AMX ed i Tornado oramai superati. Forse non è la soluzione migliore, presumibilmente esistono aeromobili decisamente più adatti alla nostra forza aerea, la cui “mission” è quella di assicurare 24 ore su 24 e per tutti i giorni dell’anno il controllo e la difesa dello spazio aereo. Per assolvere egregiamente a tale compito, sono necessari velivoli concepiti per una elevata prontezza operativa. Per questa particolare missione, erano eccezionali gli F-104, i quali potevano decollare su allarme entro cinque minuti dal momento in cui era stata dichiarata l’emergenza, la finalità era intercettare e, se necessario, neutralizzare la minaccia. In gergo aeronautico è definito “scramble”: la cellula di allarme era formata da due velivoli, detti allerta due, due piloti, 4 tecnici specialisti, due armieri ed un autista.
L’operazione era coordinata dal Sector Operation Centre che riceveva i dati dai sistemi radar di difesa, ne analizzava le tracce ed in caso di un aeromobile non identificato, ordinava al Centro di Riporto e Controllo il decollo immediato ed infine, il Combat Operation Center, della base aerea interessata, chiamava i piloti in turno di allarme. Al suono della sirena, tutto si svolgeva con rapidità e precisione: I piloti si precipitavano verso gli shelters, ubicati sempre nelle vicinanze della Palazzina Allarme dove alloggiava il personale militare, salivano a bordo dei caccia già riforniti ed armati, indossavano il casco, si assicuravano al seggiolino eiettabile e controllavano che gli specialisti avessero già dato aria all’unità di alimentazione di terra. Subito dopo il check della radio sulla frequenza UHF, contattavano la Torre di Controllo ed ottenuto il permesso di uscire dagli shelters, conducevano il velivolo intercettore al punto attesa. Durante il rullaggio eseguivano tutti i controlli pre-volo. In testata pista gli armieri toglievano le protezioni dell’armamento, mentre nell’abitacolo il pilota raccoglieva le informazioni iniziali relative allo scramble, fornite sempre dalla Torre. Gli altri dati venivano comunicati agli equipaggi dopo il decollo dal controllore Guida Caccia Intercettori, colui che li indirizzava verso il target.
Attualmente molto è rimasto simile, ma i tempi di reazione si sono dilatati a 15 minuti e la catena di comando è coordinata dal Comando Operazioni Aeree di Poggio Renatico, i caccia una volta decollati sono guidati verso il target dai controllori di intercettazione a terra nei siti radar dei Gruppi Riporto e Controllo, sempre a Poggio Renatico, dal 21° Gruppo Radar di Poggio Ballone e dal 22° di Licola. Gli aeroporti in prontezza operativa sono quelli di Grosseto e Gioia del Colle, a questi da poco si è affiancato Trapani. Il “pronti in cinque”, si è perso a causa degli elevati costi e delle capacità operative dei nuovi velivoli, non più progettati esclusivamente per il combattimento aereo o l’attacco al suolo. L’evoluzione dell’avionica e del radar, il componente primario di un aeromobile militare, agevolano il pilota nella missione scramble identificando immediatamente l’intruso in un velivolo civile fuori rotta oppure come avversario, con il sistema IFF, Identification Friend or Foe. I moderni radar hanno la capacità di “illuminare” il terreno delineandone con precisione tutte le caratteristiche per permettere al cacciabombardiere di penetrare in profondità le linee nemiche a bassissima quota, dunque sotto la soglia di rilevamento dei radar di scoperta e guidamissili. Altra funzione è quella di agganciare i bersagli aerei oltre il raggio visivo, detto BVR Beyond Visual Range, e bersagliarli con i missili a lungo-medio raggio. La tecnologia ha consentito ai progettisti di non limitare la funzione di un singolo velivolo all’intercettazione od al bombardamento, ma hanno fuso nel caccia “multiruolo” tutte le necessità operative richiedibili ad un aviogetto. Dopo la caduta del Blocco Sovietico, l’Aeronautica Militare ha iniziato a rivedere non solo le funzioni principali di un aeromobile, ma anche la strategia per la difesa aerea della nostra Nazione e dunque ha spostato l’attenzione principalmente verso lo scacchiere dell’Africa Mediterranea e del Vicino Oriente, né è prova la scelta geografica delle Basi Aeree ubicate nel sud-est della penisola e la riduzione degli aeroporti interessati alla prontezza operativa. Gli F-104 sono stati sostituiti dall’Eurofighter, un magnifico caccia da superiorità aerea con i radar per l’avvistamento lontano e guidamissili ECR-90, che può agganciare ed inseguire fino a 20 bersagli contemporaneamente e bersagliarli con gli AMRAAM ed i performanti missili “Stand off”. Il ”Typhoon”, più veloce e con una maggiore tangenza pratica dell’F-35, è attualmente di base a Grosseto e Trapani. In definitiva, analizzati pregi e difetti, il Governo dovrà scegliere se rimanere in linea con i progressi tecnologici delle altre Forze Armate, con le quali ci confrontiamo nelle missioni internazionali, agevolandosi con una capacità operativa tale da coprire i prossimi trenta anni, seppur dotandosi di un velivolo migliorabile o rimanere un passo indietro. La difficoltà di progettazione di un aeromobile di quinta generazione, al momento non è esclusiva del consorzio guidato dalla Lockheed, infatti le anomalie tecniche affliggono anche il nuovo T-50 della russa Sukhoj in partnership con l’India. Concettualmente diverso dall’F-35, è una fusione di funzionalità tra l’attacco e la superiorità aerea dove l’aerodinamica e le innovative soluzioni per diminuire la firma del motore agevolano la riduzione significativa dell’RCS, la radar cross section, dell’impronta ottica e quella ad infrarossi. È un caccia multiruolo ognitempo con caratteristiche stealth e ha preso il volo per la prima volta il 29 gennaio 2010 dalla base di Komsomolsk-on-Amur nella zona orientale della Federazione Russa. È capace di raggiungere i 2 Mach con una velocità di salita pari a 360 m/s ed una autonomia di oltre 4000 km. Lo sviluppo procede a rilento, a causa di una serie di noie in fase progettuale e sperimentale.
Nell’agosto del 2013 il T-50, durante il decollo dall’aerodromo di Zukovskij, ha subito il pompaggio del motore destro, costringendo gli ingegneri ad apportare modifiche non solo al propulsore, ma anche alla struttura. La soluzione a questa anomalia è stata identificata nella necessità di aumentare i velivoli per i test ed intensificare i collaudi in volo. Sembra che i risultati siano soddisfacenti, ma la conclusione delle prove è slittato al 2015 e la messa in linea non prima del 2020. Anche la Cina ha in fase di sviluppo un velivolo di quinta generazione con caratteristiche stealth. La consegna ai reparti volo è prevista per il 2020. Il caccia J-20 ha già effettuato diverse prove e sembra essere stato progettato per missioni in profondità con pesanti carichi bellici e missili cruise. È visivamente simile al T-50 ed all’F-35 e prestazionalmente sembra paragonabile all’F-22, e dunque si pone come suo diretto antagonista. Parrebbe, infatti, che nel febbraio 2013, la Cina abbia intercettato la telemetria dell’F-35, ma episodi di spionaggio erano accaduti già in precedenza dove erano stati sottratti diversi terabytes relativi al disegno ed ai sistemi elettronici. Le notizie riguardo all’avionica del J-20 sono insufficienti per assegnargli una precisa funzionalità di impiego, ma da quanto raccolto dagli analisti, avrebbe anche compiti da superiorità aerea. Una notizia certa e quella riguardante i reattori che dovrebbero essere simili ai WS10 completamente fabbricati in Cina. Alcune riviste di settore, ipotizzano lo sviluppo parallelo di un secondo velivolo, la cui sigla potrebbe essere J-21 oppure J-31, ma non esistono riscontri oggettivi ed in ogni caso, l’esborso economico sarebbe di tale entità da rendere la notizia non del tutto attendibile. Laddove il Lightning fosse reso pienamente operativo, potrebbe ingenerare una diversa soluzione geostrategica nelle aree dove sarebbe schierato.
La segnatura radar paragonabile ad un pallone da calcio, costringerebbe le Nazioni potenzialmente bersaglio ad un ammodernamento delle postazioni di rilevamento, forse anche a doverle riposizionare sui confini territoriali. A tal proposito, gli episodi di spionaggio, secondo il Pentagono, avrebbero avuto motivo per sviluppare i sistemi di difesa contro l’F-35. Il deterrente di un velivolo con tali prestazioni è essenzialmente a monito di un attacco preventivo. Tale minaccia è estendibile nella versione imbarcata, dove il concetto di proiezione di forza delle portaeromobili tornerebbe a maggior valenza, sebbene la limitata autonomia di azione del caccia, vincolerebbe le unità di superficie ad entrare nell’inviluppo dei missili tattici a medio raggio avversari. Per l’Italia, resta dunque valido un compromesso sul numero degli F-35 da acquistare, naturalmente con la consapevolezza che dovranno essere resi operativi, riducendoli al quantitativo necessario per sostituire gli Harrier, nella speranza che siano sufficienti a soddisfare il nostro impegno in campo internazionale. A seguito potrebbe essere implementata la produzione degli Eurofighter da consegnare all’Aeronautica Militare per supplire al mancato acquisto del Lightning. In conclusione, in un quadro di alleanze strategiche e dinamiche economiche a livello globale, l’F-35, benchè pieno di difetti, sembra essere l’unica soluzione per recuperare il terreno perso dall’Aviazione di Marina negli impegni presenti e futuri della nostra compagine militare a garanzia e sostegno della democrazia, della libertà nel mondo, della credibilità e valenza del nostro intero sistema Italia.
* Giovanni Caprara è nato a Roma il 30/09/1962, Coordinatore Voli presso Alitalia, ha pubblicato un techno-thriller intitolato “Bersaglio Nucleare”, curatore della rubrica “Strategia e Tattica” nel sito Talento nella storia, collaboratore del sito Tuttostoria.net.