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F1| Storia: Adrian Newey, tanto genio… e poca sregolatezza?

Da Tony77g @antoniogranato

Cristian ButtazzoniF1Sport.it

6 febbraio 2014 – Molte cose si sono dette e scritte su quest’uomo, che ha a suo modo rivoluzionato – e sta continuando a rivoluzionare – le regole della Formula 1. Di certo, non si può dire che Adrian Newey, nasce a Stratford-upon-Avon, città natale di William Shakespeare il 26 dicembre 1958, sia un personaggio comune, soprattutto per la mole di trofei conquistati nel corso della sua brillante carriera da ingegnere. Infatti, dopo aver incrociato, nel suo esordio nel mondo delle competizioni Ross Brawn alla Copersucar-Fittipaldi sotto la guida di Harvey Postlethwaite, nel 1981 entrò nel gruppo March, prima fondamentale tappa della sua storia da disegnatore. Infatti, tutti i prototipi che disegnerà, dalla March GT, alle monoposto Indycar, si riveleranno molto competitive e vittoriose (ricordiamo le vittorie in IMSA e nel Campionato Indycar).

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Con i risultati  ottenuti, Newey decide così di tornare in Formula 1, e questa volta da protagonista. Infatti, dopo un breve periodo alla FORCE, che si ritirò alla fine della stagione 1986, venne immediatamente riassunto dalla March. Le sue doti da rivoluzionario cambieranno in modo radicale il modo di disegnare le vetture, aumentandone l’efficienza aerodinamica. I suoi progetti estremi del 1988 sorpresero gli addetti ai lavori, arrivando addirittura a condurre per parte della gara nel Gran Premio del Giappone. Con la trasformazione di March in Leyton House, il vulcanico Newey, Direttore Tecnico, si superò progettando una vettura ancora più estrema (forse troppo, visto che i piloti ebbero una posizione di guida scomodissima); ebbe ancora la forza di stupire al GP di Francia del 1990, in cui Capelli rimase a lungo nella scia di Prost e Senna. Etichettato come causa dei mali della Leyton House, Newey trova subito un nuovo datore di lavoro: Frank Williams. Infatti, Patrick Head fiutò l’affare e se lo assicurò; ebbe ragione lui! Infatti, grazie ai mezzi a disposizione della Williams, al nuovo V10 Renault e alla coppia Mansell-Patrese (coadiuvati da Damon Hill come tester) disegnò la rivoluzionaria FW14, dotata di sospensioni attive, cambio scatolato e comandi al volante ; concetti del tutto nuovi in Formula 1. Il nuovo concentrato di tecnologia si contrappose alla più semplice McLaren MP4/6 e la sfida tra il genio del volante Senna e quello del tecnigrafo Newey si risolse a favore del primo, alla penultima gara di Suzuka.

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La vettura però fu buona e venne copiata in parte dalla stessa McLaren. Peccato che le copie non riescono come gli originali… e infatti nel 1992 il genio del tecnigrafo Newey (che odia la progettazione a computer) colse il primo doppio trionfo con la Williams, con Mansell e Patrese che dominarono a mani basse (primo e secondo); il bis ci fu nel 1993, con Alain Prost, al volante della FW15… però il genio del volante Senna guastò la festa al genio del tecnigrafo, piazzandosi in classifica alle spalle di Prost e davanti a Damon Hill.

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Nel 1994 la Williams si presentò con il genio del volante Ayrton Senna insieme al genio del tecnigrafo Newey, assistiti dal fido scudiero Damon Hill; la miscela si preannuncia esplosiva. Però, gli indizi che qualcosa non stesse andando per il verso giusto si ebbero ai test invernali e la conferma arrivò all’inizio della stagione, con la FW16 che non si dimostrò in grado di reggere la sfida con la Benetton B194 di Rory Byrne (anche grazie ad alcuni accorgimenti adottati dalla Benetton che vennero in seguito definiti contrari al regolamento, come la pressione della pompa della benzina durante il rifornimento). Nonostante ciò, Senna riuscì ad ottenere ben 3 pole position di fila (lo stesso Newey dirà “Ayrton ha cercato di portare quella macchina a fare cose che in realtà non poteva fare”), le ultime della sua vita, prima di trovare 2 ritiri e la morte sul circuito di Imola. Sul banco degli imputati al processo finì anche Newey, che venne assolto insieme a Williams per insufficienza di prove. Al danno si aggiunse pure la beffa, perché Damon Hill, promosso primo pilota, perse il Mondiale cadendo nella trappola che Schumacher gli aveva teso nella gara di Adelaide. Amarissimo fu dunque il sapore di quel Mondiale costruttori conquistato grazie anche al supporto di Nigel Mansell, subentrato in due occasioni.

Inevitabilmente, queste vicende crearono una frattura tra Newey e la Williams, che si fece ancora più evidente nel corso del 1995, quando la Benetton, spinta dal V10 Renault, dominò la stagione e portò a casa entrambi i titoli, con 11 vittorie; è il segnale che convince il genio Newey a chiudere il rapporto con la William. Però prima fa in tempo a gustarsi un ultimo doppio trionfo nel 1996, grazie alla sua arma totale, la FW18, dalle linee non estreme ma molto efficienti, con cui Damon Hill e Jacques Villeneuve si contesero il titolo fino all’ultima gara in Giappone. Lascerà in eredità un ulteriore progetto, ovviamente vincente, quello della FW19, ancora una volta iridata con Villeneuve.

Nuovi stimoli arriveranno dalla McLaren, in cui nel 1997 si limitò a un ruolo marginale, per poi far esplodere il suo genio nel 1998 grazie alla McLaren MP4/13 (13 che nei Paesi anglosassoni porta sfortuna). I titoli seguirono nel 1998 e 1999 grazie all’erede di Toivonen, Mika Hakkinen (alcuni sostengono che entrambi siano stati persi da Schumacher, a Spa nel 1998 e a Silverstone nel 1999, però è indubbio che il tasso tecnico mostrato dalla McLaren si è rivelato superiore alla Ferrari); “Hakka” fallirà però il tris nel 2000, anche in questo caso a Suzuka, con Michael Schumacher che aprirà il ciclo più vincente della storia della Formula 1.

La crisi di risultati per la McLaren (che sarà insidiata anche dalla Williams) nel periodo d’oro della Ferrari alimentarono molte voci su Newey, tra cui quelle di un suo ritorno alla Williams o all’abbandono della Formula Uno, però Dennis lo convinse a resistere al richiamo delle sirene, e infatti rimase in McLaren fino alla fine del 2005, anno in cui Raikkonen finì subito dietro ad Alonso.

Anche in questo caso, però, era chiaro che il clima non fu tranquillo in McLaren e, infatti, tanto tuonò che piovve… Newey entrò a far parte di una nuova scommessa: quella della Red Bull Racing. Newey non contribuirà al progetto della RB2 e si concentrerà sulla RB3, dove vi furono miglioramenti significativi nell’aerodinamica. Newey inizierà a lavorare effettivamente sulle monoposto a patire dal 2007, anche in questo caso rivoluzionando un’intera scuderia; richiederà infatti il cambio del motore dal Ferrari al Renault (marca che ha portato Newey ai successi con la Williams) e cambierà alcuni concetti aerodinamici richiamandosi ad alcuni elementi delle passate McLaren. La scuderia gemella Toro Rosso, in

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tanto, che utilizzerà per alcuni anni gli stessi telai Red Bull festeggia la prima clamorosa vittoria a Monza grazie soprattutto alla stella nascente di Sebastian Vettel conquistata sotto l’acqua. La Red Bull non si fa sfuggire l’occasione e lo ingaggia per l’anno successivo.

Newey metterà in scena il suo stile di progettazione estremo e ai limiti del regolamento anche nel 2009, in cui si mostrerà pronto ai cambiamenti regolamentari, adottando alcune innovazioni come la sospensione pull-rod, e andrà in certi casi anche in controtendenza (non userà infatti il KERS): questo permetterà alla Red Bull di lottare finalmente per il titolo, che la Red Bull perderà nelle ultime gare a vantaggio della BrawnGP di Button.

La rivincita però non tarda ad arrivare e nel campionato 2010 la RB6 sarà caratterizzata da un’altra innovazione al limite del regolamento: i terminali di scarico posizionati in basso a livello del fondo della vettura che generano carico aerodinamico soffiando i gas nel profilo estrattore; essa vincerà il mondiale costruttori alla penultima gara in Brasile, con una gara d’anticipo e il mondiale piloti ad Abu Dhabi con Sebastian Vettel, che precederà Alonso e Webber superandoli all’ultima gara.

Nel campionato 2011Newey, come accaduto in Williams e McLaren, presenterà un’altra arma totale, la RB7 che dominerà la stagione e frantumerà diversi record, come le 18 pole position (di cui le prime 15 di fila) in 19 gare, le 15 pole di Sebastian Vettel, impreziosite da 12 vittorie, 10 giri veloci, 3 doppiette e 27 podi su 38 massimi disponibili. Un dominio perfino superiore a quello dell’accoppiata Schumacher-Ferrari del 2004.

Anche nel 2012 Newey non si smentisce e presenta un’altra monoposto (la RB8) che sarà fonte di polemiche. Vettel a inizio stagione sembrerà in palese difficoltà nei confronti di Alonso, Hamilton e del suo stesso compagno di squadra Webber.

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Ma la svolta arriverà dal GP del Belgio, in cui Vettel conquisterà un secondo posto di forza (favorito anche dal maxitamponamento al via causato da Grosjean) e dal filotto di 4 successi consecutivi da Singapore all’India, favorito anche in questo caso da aggiornamenti aerodimanici che sono stati accompagnati da diverse polemiche (come il muso flessibile). La Red Bull conquisterà il suo terzo titolo costruttori con una gara d’anticipo, ad Austin, mentre per la classifica piloti la gara bagnata del Brasile riserva un testacoda al via e una rimonta di Vettel permetterà al tedesco di conquistare un sesto posto e, con esso, il Mondiale.

Nel 2013 alla sregolatezza prevale il genio e le polemiche dell’anno precedente vennero messe a tacere fin dalle prime gare, grazie al dominio pressochè totale di Vettel e della Red Bull RB10, che si aggiudicherà 12 gare, le cui ultime 9 consecutive, e nemmeno le avversarie più temute, come Ferrari e Mercedes (quest’ultima con la nuova coppia Rosberg-Hamilton), impensieriranno il dominio del tedesco, che si aggiudicherà il titolo con 3 gare d’anticipo, insieme a quello Costruttori per la Red Bull. E nonostante la vittoria, Vettel vorrà legittimare il successo, cannibalizzando anche le ultime 3 gare della stagione.

Newey quindi racchiude in se le doti del genio e della sregolatezza, capace di cercare il limite nelle pieghe del regolamento e spesso andando anche oltre, ma si rivela talmente intelligente da rendere i propri progetti immuni da sanzioni; inoltre, mai si è visto in passato un progettista che guida le proprie vetture. Ladies and gentlemen, questo è Adrian Newey.

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