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Facebook cattedrale di debiti

Creato il 27 dicembre 2010 da Cobain86
facebook_crash

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Per augurarvi buone feste apro la giornata con un tema sempre molto attuale, ovvero Facebook: questa volta ci focalizziamo sulle sue finanze. Per quanto possa sembrare incredibile infatti, Facebook è sommersa dai debiti in modo spaventoso (e inizia anche a crashare, come vediamo dalla schermata sopra proposta). Cosa si può fare? Perché custodire gli affari (e la vita digitale) altrui costa così tanto? Vediamolo insieme, buona lettura a tutti!

Banalmente se ognuno di noi carica una singola foto su Facebook (ricordiamo il numero di iscritti: 500 milioni in tutto il mondo) il sito deve ospitare, gestire e rendere condivisibili 500 milioni di foto (cosa non da poco, considerando che sono in formati diversi e pesi diversi). Se la foto (presa ad esempio perché nel mondo digitale è il file che pesa meno, rispetto ad audio e video) crea così tanti problemi, immaginatevi tutto quello che viene caricato su Facebook ogni giorno: un carico di dati spaventoso che ha dei costi esorbitanti. Ma perché?

1) Viva l’energia (elettrica)
L’energia elettrica è una gran comodità e domina le nostre vite ma non è gratis, specie quando possiedi varie serverfarm (grandi magazzini pieni di server con i nostri dati e i dati del sito, più altri di ricambio pronti ad intervenire automaticamente quando si guastano i primi) da alimentare e mantenere: spese di manutenzione escluse solo di energia elettrica Facebook paga qualcosa come 500.000 dollari al mese.

2) People have the power
Le persone che lavorano a Facebook (per poche e sparute che siano) sono comunque da pagare per la loro prestazione: considerando che sono ingegneri/programmatori (e il loro stipendio si adegua in merito) sono una voce di spesa importante per la società. Certo, delegare il lavoro in India o in altri posti costa meno (ricordiamo i bravissimi matematici indiani), ma quello che si risparmia per la delocalizzazione va investito in formazione, quindi giriamo sempre intorno ad una voce di spesa irrinunciabile.

3) “Facebook è figo perchè non abbiamo pubblicità e i nostri server non crashano mai” (frase dal film The social network)
Il non avere pubblicità e avere server così affidabili può sembrare una cosa irrealizzabile. I buoni server costano e la pubblicità, fondamentalmente, serve a portare gli introiti necessari per affrontare le spese quotidiane del sito più visitato al mondo dopo Google (!!).
A parte che sul fatto del crashare avrei qualcosa da ridire (vedi la schermata qui sopra, che riporta un blocco dei server e la paralisi totale del sito per una decina di minuti almeno -per un sito come Fascebook 10 minuti di “buio” sono milioni di dollari persi) credo che la pubblicità debba, in qualche modo, arrivare a sostenere Facebook.
Esistono le inserzioni ma non riescono a sostentare le spese quotidiane e il sito ha dei debiti titanici: forse è il momento di riflettere e fare il punto su cosa si possa fare concretamente per impedire la morte di un sito con un vasto consenso popolare.

Le politiche sbagliate
Mark Zuckerberg (nell’impressione data dal film, non l’ho mai conosciuto di persona) viene ritratto come un fricchettone elegante e narcisista, che ha bisogno di legare gli altri ad una sua creazione perchè in realtà è lui il primo che ha seri problemi relazionali.
Un modus operandi di Facebook che sicuramente sarebbe da abbandonare è il continuare a fare annunci mostruosi su cose ridicole, come l’aggiunta del like/don’t like e altre modifiche minori: questo continuare a pompare le aspettative sgonfia gli umori e frusta gli utenti, portando poi a ritorni negativi sul sito e sulla sua immagine (rischio di essere etichettati come ballisti).

Anche gli investitori (o shareholder) della società a Wall Street farebbero bene a guardarsi in giro, il rischio è concreto: se Facebook non riesce a generare reddito dalle sue stesse idee rischia di finire sottoterra prima di quanto si possa pensare. È già successo ad altri siti (vedi anche Napster, citato nel film) e forse succederà anche a Facebook se non inizia a ragionare in modo economicamente vantaggioso.

L’ironia della sorte
Twitter, società che gestisce il social network basato sulla condivisione dei propri stati con una lunghezza massima di 140 caratteri, ha dimensioni ben inferiori a Facebook e genera un reddito triplicato. Come vediamo, quindi, non è un problema di dimensioni ma è legato alla gestione del proprio potenziale.
Facebook ha un potenziale enorme (500 milioni di utenti iscritti che condividono informazioni e dati personali volontariamente) ma inutilizzato: gli investitori continuano a dare fiducia a questa impresa basandosi sul bacino clienti ma il gioco è finito, ora devono fare sul serio.
Con numeri del genere non ci si può permettere il minimo errore e bisogna affidarsi a professionisti della finanza mondiale per riuscire a concretizzare questa realtà in qualcosa che azzeri i debiti e permetta la sopravvivenza della società stessa.

Già visto già fatto?
Il caso di Facebook, traslato negli anni e nei contenuti, è riconducibile ad Apple; nel momento culminante, il lancio del Macintosh, i problemi erano gli stessi (tanto potenziale, pochi soldi, un capo come Steve Jobs matto da legare) eppure oggi sono una potenza a livello mondiale nel settore del mobile entertainment.
Cos’è cambiato? Steve Jobs era il creativo della coppia (Steve Jobs e Steve Wozniak, nb) ma non riusciva a gestire il lato economico, lui voleva il puro stato dell’arte anche quando obiettivamente era possibile. È stato cacciato, si sono alternati varie manager che hanno combinato le loro sconcezze (economiche), è tornato Steve Jobs come CEO ad interim, delegando il ruolo del CFO (Chief Finacial Officer, reparto finanziario) ad un’altra persona e, anche grazie al design di Ive, il marchio è risalito e la società ha potuto brindare a Moet & Chandon.

La storia però, come spesso dicono, non insegna nulla (infatti oggi ci ritroviamo davanti ad una casistica simile): Mark Zuckerberg è il genio creativo con fortissime competenze tecniche (ricordiamo che ha iniziato Harvard e programmava senza batter ciglio) ma non ha un concreto senso economico. Per lui Facebook è bello perché è gratis, libero, una favola d’amore sessantottina quasi. Peccato però che, mentre siamo qui ad ascoltarla, stiano fondendo i registratori di cassa di Facebook a causa dell’aumentare del debito.

Possibili soluzioni (o vie d’uscita)
Lungi da me sostituirmi a manager con provata esperienza o a direttori finanziari/CFO, il mio è il solito parere del contadino.
Il contadino, però, stavolta si è reso conto che Facebook è una piattaforma che rende ricchi tutti (come i creatori di giochi onine, uno su tutti Farmville) tranne i proprietari, che hanno le maggiori spese. Vediamo insieme alternative possibili e (forse) realizzabili:

- Aumentare la quota d’accesso Ovviamente non possiamo tradire il core business di Facebook (ricreare l’esperienza del college) però possiamo mutarla, soprattutto per gli inserzionisti: tariffe più alte per le loro inserzioni e per i loro giochi, con una percentuale sui profitti (come fa Apple con iTunes e l’App Store)

- Account premium Lo so, Mark vuole che tutti possano tenersi per mano cantando le canzoni della loro giovinezza e notando come siano cambiate nel giro di 40 anni. Ma anche i costi variano (e soprattutto aumentano) in base alle mode del momento: o mettono dei limiti più severi di storage (quantità di dati memorizzabile sui loro server) o creano dei privilegi extra per chi è disposto a sganciare qualche euro in più (album con copertina rifacendosi agli album dei nostri nonni, possibilità di sfogliare le pagine come un libro, chat più stabile, possibilità di scaricare contenuti a pagamento e così via)

- Facciamo pulizia Basta permettere la creazione a singoli soggetti (imprese e non) di pagine e profili come se piovessero dal cielo: occupano spazio prezioso (che ovviamente Facebook paga e non può destinare a nuovi utenti) e la maggior parte non sono movimentati da mesi. Rimuovere la “paccottiglia” extra duplicata, rimuovere account inutilizzati da vari mesi, togliere le pagine a chi non è un’azienda/un’associazione e cancellare i profili per le aziende (loro hanno le pagine). Scommettiamo che si libera qualche Terabyte di spazio?

;)

Nell’attesa che il fondatore con il suo team decida delle sorti del sito possiamo gustarci il film in DVD: in America esce l’11 gennaio 2011 ed è già acquistabile su Amazon.com (vedi immagine). A quando il lancio sul mercato italiano?

The Social Network dvd

The Social Network dvd

Buon Facebook a tutti!

Marco


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