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Facebook: love affair e dipendenza emotiva

Da Claudiasposini
Facebook: love affair e dipendenza emotiva
Paolo e Cristina si conoscono via Facebook all’inizio dell’anno. Si frequentano esclusivamente via chat: si scambiano opinioni, sentimenti, parlano delle loro vite. Ridono, scherzano e poi si sentono al telefono. Nasce un’amicizia molto forte che dura mesi. Ma non osano incontrarsi dal vivo: eppure si piacciono e le foto che li ritraggono su Facebook sono quelle di due persone piacevoli fisicamente.
Sia Paolo che Cristina trovano sempre una scusa per non vedersi: impegni folli di lavoro, visite mediche, appuntamenti fuori città, vacanze. Ma entrambi si promettono eterno amore, prendendosi la responsabilità di questa ammissione, anche perché non sono più due ragazzini: Paolo ha 40 anni, Cristina 33.
La passione va oltre le righe: iniziano a sentirsi di notte e la mattina presto. Si cercano durante il giorno, si scrivono sms, e la sera, nei tempi liberi, chattano. Si dicono tutto di loro, si raccontano la loro storia, la loro vita. Ormai non hanno più maschere. Ognuno accetta l’altro in maniera quasi incondizionata.
Finalmente decidono di incontrarsi, per un caffè: un incontro rapido fatto di baci, carezze, attenzioni, promesse. Si ripromettono di rivedersi la settimana successiva, certi ed entusiasti di piacersi e di piacere.
Invece, da lì in poi, non si incontreranno più: Paolo stacca il telefono, si toglie da Facebook, e non risulta più rintracciabile. Cristina lo cerca, ma invano. Non lo sentirà più e si chiede il perché, che cosa sia successo. Passerà un periodo inquieto: Paolo gli manca molto, e nonostante l’abbia visto una volta sola dal vivo, lo continua a pensare e soprattutto immagina di passare il resto della sua vita con lui.
Cristina verrà da me per cercare di superare questo stato d’animo e per cercare di dargli un senso.
Cerco di farle comprendere come lei abbia trasformato una conoscenza via chat in un vero e proprio love affair, abbandonandosi emotivamente e completamente, come se fosse accaduto nella vita reale. Essa ha trascurato la dimensione fisica del reale, aspetto fondamentale nella conoscenza con l’altro: il rapporto tecnologico, in effetti, rivela ben poco dell’altro, evitando molti aspetti della vita concreta, come la responsabilità di mettersi in gioco e/o la quotidianità della vita di tutti i giorni, non sempre fatta di leggerezza, ma anche di noie e di problemi da risolvere. Cristina, invece, ha sviluppato una vera e propria dipendenza emotiva nei confronti di una persona che, in realtà, non esiste concretamente e fisicamente, lasciandosi “rapire” completamente. Si comporta come se fosse drogata: quando parla di Paolo, immagina che lui sia il vero amore della sua vita, che il futuro con lui sarebbe stato stupendo. Infatti, non riesce a separarsi da lui e a pensare a questo momento di distacco come insegnamento futuro per un’eventuale, prossima relazione.
Cristina non vuole rimanere sola: ecco il vero dramma del suo vuoto interiore. Ma non solo lei: milioni di italiani ne soffrono: Facebook o le altre community costituiscono un modo per interagire con gli altri, simili ai giochi di ruolo, dove il tempo e lo spazio sono vissuti in modo diverso e dove subentra la dipendenza. Bisogna saper distinguere: se parliamo di un vuoto che può essere colmato tramite chat o se la nostra vita diventa la chat. Il tempo a cui dedichiamo, in quest’ultimo caso, diventa infinitamente maggiore. Conseguenze: seri problemi a relazionarsi e sentirsi vincenti solo nel mondo virtuale, come nel caso di Cristina. Tonioni, autore del famoso libro Quando internet diventa una droga, osserva: “Non bisogna trascurare il contesto in cui si inserisce il fenomeno perché stiamo parlando di incontri ammalianti, di un’orgia di rapporti. È sbagliato parlare di dipendenza il termine più appropriato è, infatti, abuso. È dall’abuso che nasce la dipendenza, fenomeni di regressione e gravi problemi psicologici.”
E così anche Cristina ha cercato di fare affidamento al mondo virtuale per cercare una propria stabilità e per ritrovare un proprio ruolo. Una stabilità e un ruolo che però non ha ancora trovato, anzi, in questo modo è entrata in crisi con una sofferenza più acuta.
Claudia Sposini, psicologa 

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