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Da Fishcanfly @marcodecave

Finché non tassano Facebook non credo ci sarà mai una rivolta di piazza.

Gian Paolo Serino

Prima della fine di gennaio il Governo ha intenzione di chiedere un ultimo sforzo ai cittadini, dal momento che l’incipiente lotta all’evasione fiscale e il generico aumento delle tasse non hanno finora prodotto significative e rapide entrate che possano far sperare in un recupero del debito pubblico.

L’iniziativa parte in realtà dal Parlamento Paperopeo, dove la Commissione Social Network ha ritenuto utile tassare l’iscrizione degli utenti della più diffusa piattaforma di comunicazione.

La tassazione è su scala proporzionale: pertanto a un maggiore uso di Paperbook corrisponderà una maggiore tassazione.

Una misura che il Presidente di Paperopoli ritiene strettamente equa e in linea con gli atti programmatici internazionali finalizzati a combattere l’ombra della crisi.

Non è dello stesso parere Paperoga, celebre opinionista ed economista, nonché titolare di svariati Premi Nobel, il quale ritiene che una tassazione dei social network possa portare a una fuga di profili all’estero, controllabile solo spendendo ingenti somme nell’attività di hacker investigativi: un papero che si morde la coda in pratica.

Diverse le manifestazioni annunciate in piazza. Il Grillo Parlante ha già detto la sua con una battuta secca: di questo passo ci mancheranno perfino i becchi per cinguettare (we have no money to twitter, il motto è stato subito tradotto e diffuso oltreoceano).

Ma il Governo sembra deciso nella sua azione, malgrado l’esplicito rifiuto di Mark Paperberg che ha già promesso battaglia legale.

Staremo a vedere come andrà a finire: nel frattempo vado a giocare un po’ a Paperville.

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