Magazine Diario personale

Fast & Furious 7

Da Stefano Borzumato @sborzu

In 14 anni, questo è il settimo capitolo della saga che vede come protagonisti Dom Toretto (Vin Diesel) e Brian O'Connor (Paul Walker).

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Chi si reca al cinema per vedere questo film sa a cosa va incontro: donne e motori.

I fans di Mario Martone, veri e propri Termidoriani della settima arte, sono avvisati: niente massimi sistemi.

Ci troviamo davanti a un'opera che potrebbe concorrere agli Oscar solo se un domani si prendesse in considerazione l'interpretazione delle autovetture, il cui crash è la massima espressione attoriale rinvenibile nelle oltre 2 ore di proiezione.

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Pretendere che The Rock (Luke Hobbs), Vin Diesel e Michelle Rodriguez (Letty Ortiz) adottino espressioni più toccanti di un pezzo di lamiera che si accartoccia è pura follia.E la speranza non può di sicuro essere riesumata dal 'villain' definito dalla statica maschera di Jason Statham (Deckard Shaw) né tanto meno da quella del mobilissimo 'vice villain' interpretato da Tony Jaa (Louie Tran): loro alzano solo il tasso di marzialità, ecco.D'altra parte a chi può interessare la corale prova recitativa? Ai fans di Martone, certo... Ma mica saranno stati tanto stolti da ritrovarsi davanti a questa proiezione!?Ahimé! Tutto lascia intendere di sì: i commenti sentiti in sala davanti alla spettacolare scena in cui avviene il trasbordo di un passeggero da una macchina all'altra, in corsa, in testacoda sincronizzato e controllato, mi inducono a pensare che il bisogno di divertirsi è insito in ciascuno di noi. Anche in loro, abituati a ben altro, poverini...
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Gnocca e automobili sono i veri interpreti di questa storia avvincente, divertente e mai noiosa, ricca di inseguimenti, esplosioni, battute e scontri che permettono allo spettatore di produrre un surplus di adrenalina e testosterone.Si comincia con un testosteronico combattimento tra Shaw e Hobbs nel suo ufficio di Los Angeles e si prosegue con il testosteronico scontro tra Shaw e Toretto in una via di Los Angeles; con l'ingresso nella storia di un redivivo Jena Plissken (al secolo Kurt Russel nel ruolo del super agente segreto Frank Petty) si cambia location e si vola in Azerbaijan (letterlmente!).
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'Non credevo che le macchine potessero volare': diverse sono le scene in cui la gravità ha aiutato il buon regista James Van a smentire questa frase, una delle quali addirittura coadiuvata da paracadute.

La trama (ma a chi può interessare la trama?). Shaw, che è un ex agente delle forze speciali, è il più classico dei cattivi che opera per vendetta: Toretto e i suoi hanno conciato per le feste suo fratello e lui vuole farli fuori uno ad uno.

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Jena dice a Toretto che non ha alcuna chance di braccarlo e gli propone uno scambio: il programmatore dell'Occhio di Dio (un dispositivo capace di individuare chiunque nella terra con posizione millimetrica) per Shaw. (Jena aveva una benda sull'occhio, n.d.r.).
I fans di Martone rumoreggiano. Si chiedono a gran voce quale sia l'anonimo motivo che spinge un'organizzazione segreta americana ad avvalersi di un gruppo raccogliticcio per realizzare un simile recupero. Pensano i fans di Martone... Lo facessero fuori dal cinema, no?! O quantomeno in silenzio...

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D'altronde anche loro non possono esimersi dal convenire: il sonno è rischio scongiurato! Non c'è un attimo di tregua: lo sbadiglio è bandito; l'attenzione sempre vigile.

Adrenalina a go go in ogni fotogramma: l'apice è senza dubbio toccato nella successiva tappa ad Abu Dhabi (sempre in cerca dell'Occhio di Dio), dove la coppia Brian-Dom fa correre in interni la preziosa libanese Lykan Hypersport attraverso i tre grattacieli più imponenti della città. Partendo dall'attico. In volo da uno all'altro. In discesa. Fino al rovinoso schianto lungo i restanti 50 piani.

Ci sono ancora un paio di punti da svelare per soddisfare i pruriti intellettuali dei termidoriani fans di Martone, a parte l'epilogo.

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Il primo punto: chi è il programmatore dell'Occhio di Dio? 

Sappiamo fin da subito che il suo nome è Ramsey. Un nerd?

Non esattamente. L'apice del testosterone si tocca qui.

É una gnocca di una bellezza discreta, poco appariscente (?!): l'attrice Nathalie Emmanuel, già Missandei nel Trono di Spade.Il richiamo iconografico alla bond girl impersonata da Halle Barry è voluto, spero. Lo ravvisano con malcelato entusiasmo pure i sofisticati Martoniani.

Il secondo punto: il film finisce ad Abu Dhabi?

No! Ovviamente... É stato strategicamente predisposto un paradossale rientro in Los Angeles: i Martoniani si chiedono in coro come abbiano fatto i nostri a fuggire da un principato arabo in cui avevano tutto l'esercito contro. Ancora persi a pensare alla logica della trama, 'sti Martoniani...

Ed eccoci al dunque catapultati in un'altra serie di spettacolari inseguimenti in L.A. (partecipa pure un drone volante spara missili), in totale assenza di poliziotti all'altezza di riportare l'ordine pubblico: è il sospirato redde rationem?

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In effetti, a seguito dell'ennesimo volo di una macchina a 9,8 m/s2, tutto lascia intendere che Toretto sia giunto al capolinea. Auto completamente distrutta. Macerie. Rumori e bagliori si fermano. Al pari del respiro in sala. Musica lenta e lacrime scroscianti sono il sottofondo del momento. Si piange. Pure in sala. E questo fa sentire a casa i sensibili Martoniani. 

Poi, all'improvviso, in un clima da calata dello Spirito Santo, il nostro Dom riprende i sensi e dice 'Non puoi convincere qualcuno ad amarti'.

Dopo averci segnalato perle del tipo 'Io non ho amici: io ho solo una famiglia' e 'A un quarto di miglio o dall'altro capo del mondo, voi sarete sempre la mia famiglia', si capisce che regia e produzione hanno al dunque voluto soddisfare la sensibilità buonista dei Martoniani. La famiglia è un valore. I legami sono un valore.

Per condurre a conclusione questo film, data la morte di Paul Walker nel periodo delle riprese, si è fatto largo uso di computer grafica (come già ne Il Corvo con Brandon Leee), ricorrendo per di più ai suoi due fratelli come controfigura.

La fattispecie della macchina di Toretto distrutta nell'ultima scena (quella della foto non è opera scenografica, bensì proprio la Porsche Carrera Gt rossa schiantata da Walker) può sembrare un macabro richiamo alla raccapricciante vicenda di vita vissuta e stroncata. In realtà tutti gli ultimi 10 minuti vogliono essere un commovente addio a un amico che ha accompagnato il cast negli ultimi tre lustri. 

E che non sarà presente nei capitoli 8 e 9 già immaginati dalla produzione.

Buona corsa, Paul.


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