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Fata forbicina

Da Ciompi
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Fata forbicina

«C'era una volta un bimbetto che amava le cose veramente belle: il cielo, il mare, la campagna, le bestiole. Cerchi, palle, trombette e tamburi non lo divertivano. I suoi trastulli preferiti eran le belle scatole piene di casine e di alberelli e di mucche e di pecorine e di cani e di pastori, con cui si divertiva a comporre scenette per ore e ore, illudendosi di viverci, come vere e vive. E quand'egli era alla Villa Giulia, a Palermo, che a quel tempo era un piccolo giardino zoologico, egli guardava, da non stancarsi più, i cervi, i daini, le gazzelle, i lama, le scimmie, le galline di tutte le razze e i meravigliosi fagiani… poi, a casa, li disegnava come poteva disegnarli un artista di cinque anni. Che gioia sarebbe stata a dipingerli! Ma è tanto difficile comporre i colori, e stenderli e digradarli limpidi e schietti!
Una volta – ah la gioia di quel giorno! – il bambino fece una scoperta: la carta a colori, bagnata, si attaccava a uno degli usci, bianco e smagliante di vernice, come la più perfetta pennellata. Da quel momento: quadro l'uscio, colori i ritagli di carta, cercati e mendicati, pennello la forbicina, il piccolo artista passò ore e ore deliziose a creare mille scenette di casine, di alberi e di animali. Oh certo che dovevan essere dei tentativi! Ma io che vi sto scrivendo – e debbo saperne qualche cosa, perché quel bambino di allora sono proprio io – posso dirvi che i casigliani e gli amici di casa venivano apposta a vederli e ne dicevano meraviglie. Da quel tempo, sempre, quel bambino ebbe la forbicina come la più cara, la più fedele, la più inseparabile compagna. Ah che spasso per lui, mettersi al terrazzino e ritagliare e buttar giù ai monelli entusiasti della strda una vera arca di Noè: cavalli, somari, bovi, cammelli, elefanti!… Quanti anni sono passati? Ahimè, troppi. Il bambino di allora ha scritto tanti libri, ha dato al teatro tante opere, ma non ha dimenticato la piccola amica: la fatina di acciaio, per la gioia dei bambini che domandano il cavallino: la cara fata, che, quando si è amata e conosciuta, dipinge quasi come il pennello e più rapida e sicura.»

Vanni Pucci

(“Il cartoccino dei Piccoli”, n° 116, 11 settembre 1932)

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