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Father and Son: Claudio Bisio ci sdraia di banalità

Creato il 26 febbraio 2015 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

father-and-son“It’s not time to make a change” attacca la celebre Father and Son di Cat Stevens, canzone che inevitabilmente (e bambinescamente) chiude l’omonimo spettacolo teatrale con protagonista Claudio Bisio. E invece quest’ultimo, Bisio, contrariamente a quando dice la canzone, ha deciso di provare a cambiare, si è detto che era giunto il tempo di cambiare. Di provare a scrollarsi di dosso la polvere (di stelle?) del carrozzone di Zelig, di “riabilitarsi” o riciclarsi agli occhi del grande pubblico con la più nobile e difficile delle arti: il teatro. Lo fa con uno spettacolo facile, tratto da Breviario comico e Gli sdraiati di Michele Serra, in un finto one man show con un monologo fiume in cui parla, o immagina di parlare, con il figlio, apoteosi della più disperata ultima generazione di oggi. Di certo non potevamo chiedere a Claudio Bisio di diventare Amleto (forse Otello, la pelata già ce l’aveva), ma così, come diceva una nota pubblicità, è vincere facile, sono applausi facili. Il lavoro drammaturgico sui libri di Serra è pressoché minimo, se non inesistente, e il lavoro sull’attore è non pervenuto. Bisio è se stesso: le solite mossettine, le solite pause nelle battute, il solito portamento da compagnone vagamente intellettualoide. Father and Son è uno spettacolino di caratura e taratura nazional popolare. Certo, non che mi aspettassi chissà cosa! Però uno sforzettino “teatrale” poteva starci.

La scena ci appare come un non-luogo del pensiero e della parola, circondato da alte mura blu. Sul palco, qua e là, un armadio sfiancato da una manciata di massi accalcati l’uno sull’altro, dei tavolini di donmilaniana memoria, un ulteriore armadio a specchio issato in aria senza motivo alcuno. Trionfo di una metafora sterile, la discesa finale dall’alto di una schiera di funi a cui sono abbarbicate delle pietre di montagna che pesanti galleggiano lungo tutto la scena.

Father and Son è uno spettacolo da palazzetto dello sport, per di più di provincia, da un paio di repliche e buonanotte, non da tournée nei grandi teatri italiani. Una sorta di recital senza leggio che attira a teatro chi a teatro non c’ha mai messo piede prima e ci arriva di rincorsa come ad un concerto allo stadio. È quindi uno spettacolo che stona e smorza le poche qualità possedute anche per il fatto di essere venduto in teatri che il teatro dovrebbero davvero sapere cos’è.

Uno vero pregio di Father and Son? La musica live di due giovani e bravissimi musicisti, Laura Masotto al violino e Marco Bianchialla alla chitarra, che salvano la serata dall’abisso dell’inutilità.

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