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Occuparsi della rivoluzione liberale che Silvio Berlusconi annuncia di tanto in tanto – la prima volta fu diciassette anni fa, l’ultima l’altrieri – è assai penoso [1], ma occuparsi di qualsiasi altra cosa che lo riguardi – pubblica o privata [2] – sarebbe avvilente. È il meno peggio di cui si può parlare, dovendo parlare di Silvio Berlusconi [3], e si tratta di una presa per il culo. Eccoci dunque a occuparci del suo ennesimo annuncio di imminente rivoluzione liberale e a doverci chiedere, in primo luogo, se ci sia più qualcuno disposto a crederci. Diciamo che la presa per il culo fa sempre minor presa [4], ma a Silvio Berlusconi non è rimasto molto ed è costretto a tentare il tutto per tutto [5].
Già, ma chi gli può credere? Marco Pannella, pare. Anzi, Marco Pannella ritiene di avere addirittura ispirato l’ultimo annuncio di rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi [6], e pensa che non costi nulla andare a vedere se si tratta del solito bluff: «L’esclusione ad personam di Berlusconi è inadeguata, perché anche i suoi ipotetici successori non mi sembrano poi tanto credibili» (il Giornale, 1.2.2011). E così la lettera che Giuliano Ferrara ha scritto a nome di Silvio Berlusconi per lanciare dalle pagine del Corriere della Sera un piano di crescita economica del paese tutto in senso liberale, e che è stata rispedita al mittente da tutti [7], trova in Marco Pannella il solo disposto a puntarci sopra qualcosa.
Occuparsi della rivoluzione liberale che Silvio Berlusconi annuncia di tanto in tanto è penoso anche per questo: è roba suggerita da Pannella o da Ferrara, nella quale credono solo loro due e che può tornare utile solo a Silvio Berlusconi. Per fare un terzo di quello che sta in questo piano di crescita economica, che è meno di un trentesimo di quello che sarebbe una rivoluzione liberista e meno di un centesimo di quello che sarebbe una rivoluzione liberale, ci vorrebbe la forza che nemmeno un disperato come Silvio Berlusconi ha e il tempo che ormai manca a tutti [8].Per ragioni diverse, ma coincidenti nella persona di Silvio Berlusconi, Marco Pannella pensa di poter lucrare su quanto, a detta di Giuliano Ferrara, resta l’ultima salvezza di un premier alle corde. Sarà che quanto Ruby chiede per star zitta basterebbe ai radicali per sanare i loro debiti.
[1] Almeno per me: sono uno dei fessi che ci ha creduto fino al dicembre del 2003. Da allora ad oggi ho dovuto rispondere molte volte alla domanda: “Come hai potuto crederci?”, quasi sempre retorica, e la risposta non mi è mai stata difficile: nel 1994 avrei votato chiunque avesse promesso quello che fascisti, comunisti e cattolici avevano sempre negato a questo paese. Fino al 2000 ho pensato che nel riformare l’Italia in senso liberaldemocratico Silvio Berlusconi trovasse ostacoli negli alleati, poi ho cominciato a maturare la convinzione che non fosse affatto nelle sue intenzioni, che al massimo intendesse riformare il sistema economico, liberalizzare il mercato e le professioni, sburocratizzare lo stato, ridurre la pressione fiscale, e che questo lo rendesse in ogni caso meno peggio dei suoi oppositori, per dover concludere che anche quelle erano solo chiacchiere: liberale proprio per niente, liberista solo a cazzi suoi. Mi sono sentito turlupinato più che tradito e non ho potuto che tornare al senno di prima, alla mia solitudine di liberale in un paese che non voleva assolutamente esserlo.[2] La distinzione è aleatoria: pubblico e privato sono ormai una cosa sola in Silvio Berlusconi, da tempo, forse da sempre.[3] E tuttavia di lui siamo costretti a parlare, volendo o no, perfino se decisi ad evitarlo, perché consci che è del tutto inutile, forse perfino dannoso. Non è possibile parlare d’Italia senza parlare di Silvio Berlusconi, ma non parlare d’Italia è come lasciargliela, però a parlarne si finisce col dover concludere che per metà è sua, e che l’altra metà non riesce a levargliela, chissà perché.[4] La reazione prevalente non è stata: “Va’ là, chi ti crede?”, ma: “Troppo tardi, ci pensiamo noi appena ti levi dalle palle”. Però chiediamoci: quando Silvio Berlusconi sarà appeso a testa in giù in Piazzale Loreto, prenderà avvio una riforma liberaldemocratica dello Stato? Farci prendere per il culo comunque?[5] Potrebbe addirittura farcela, in forza della disperazione? Pur di uscire dall’angolo, potrebbe uscirne da liberale? La risposta è no: sarebbe fatto a pezzi dagli statalisti e dagli illiberali che lo sostengono. La promessa di Silvio Berlusconi è esclusivamente liberista, e neanche molto. Non bisogna mai dimenticare il caso Alitalia. E come si può dimenticare l’impronta clericofascista sui diritti civili e sulla laicità dello Stato?[6] I due incontri dell’11 dicembre e del 28 gennaio sarebbero stati in tal senso decisivi. Millanta, naturalmente, e quasi certamente in cattiva fede, perché è dai tempi dello scandalo di Casoria che è Il Foglio di Giuliano Ferrara a suggerire il ritorno ai proclami del 1994: “Berlusconi denuncia un piano eversivo contro di lui, regista il gruppo editoriale di Repubblica e settori dell’opposizione vicini a una magistratura sensibile alle sollecitazioni politiche più faziose. Può essere che abbia ragione, […] il problema è che le armi affilate di questa campagna provengono tutte da Berlusconi in persona e dal suo entourage. La prima arma è una licenziosità di comportamento difficile da classificare […] La seconda arma è un’autodifesa spesso risibile […] Se non vuole stendere un velo di penosa incompetenza sull’insieme del suo lavoro di uomo di stato, per molti aspetti ottimo, Berlusconi deve liberarsi della molta stupidità e inesperienza politico-istituzionale che lo circonda, e deve decidersi: o accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze oppure si mette in testa di ridare, senza perdere più un solo colpo, il senso e la dignità di una grande avventura politica all’insieme della sua opera e delle sue funzioni” (Il Foglio, 18.6.2009). O Pannella o Ferrara, dunque. Più probabile Ferrara? Ma come escludere Pannella? Vediamo se può andar bene questa tesi: Berlusconi è intimamente liberale, non ha mai smesso di esserlo, sicché Ferrara ha arato il terreno e Pannella lo ha seminato. Scherzo ovviamente, sennò dovrei incazzarmi.[7] Da chi non è liberale e non ha difficoltà a riconoscerlo, da chi non lo è ma ci tiene a dire di esserlo, dai pochi liberali che davvero esistono e certo non sono organici al Pdl.[8] Arrivo a dire che l’Italia ha perso tanto tempo dietro l’illusione di una rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi che l’idea di una imposta patrimoniale non mi pare affatto idiota.
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COMMENTI (1)
Inviato il 02 febbraio a 16:17
Pannella lucra,è il verbo giusto.In questo caso il suo soccorso a un Berlusconi disperato potrebbe fruttargli due risultati importanti:spezzare le reni agli odiati giudici'felloni'-e a questo mirano i suoi incontri con Alfano,giudicato troppo "timido"-*> *e in secondo luogo,con la messa sul mercato dei 9 voti radicali,scongiurare la crisi e il voto anticipato e mantenere sulle loro poltrone abusive-perchè occupate grazie ai voti del PD-i 9 suoi affiliati,che MAI potrebbero andare in Parlamento con i loro voti che non hanno,ma SOLO parassitando altri organismi.