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Festival di Roma: “La ragazza che sapeva troppo” di Mario Bava (Focus Mario Bava)

Creato il 21 ottobre 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 1962

Durata: 88'

Genere: Noir

Nazionalita: Italia

Regia: Mario Bava

Ha le tinte del giallo e l’eleganza del noir questo secondo lungometraggio diretto da Mario Bava, che riunisce gli archetipi del thriller al quale Dario Argento si ispirerà qualche anno più  tardi; l’assassino psicopatico in impermeabile e guanti neri, il buio che insidia e trasmette angoscia e i movimenti della macchina da presa che disorientano lo spettatore soffermandosi e indugiando sugli oggetti, quasi a volerlo distrarre.

Nora Davis, una giovane e romantica turista americana appassionata di romanzi gialli, arriva in una Roma completamente diversa dall’immagine che aveva della città Eterna; gotica fantastica onirica surreale,  nella Roma che Bava costruisce con il suo chiaroscuro e la sua macchina da presa si nascondono insidie e pericoli; la ragazza assiste ad una serie di omicidi ma inizialmente nessuno le crede; in ospedale, dove viene ricoverata sotto shock, due medici le dicono che la stanchezza, la passione per i troppi romanzi gialli e l’alcool le hanno giocato un brutto scherzo facendole immaginare tutto. Nel frattempo Nora trova ospitalità nella casa di Laura, la cui sorella era stata assassinata dieci anni prima, con le stesse modalità degli omicidi a cui la giovane americana aveva assistito poco tempo prima; Quando Nora si rende conto di essere la vittima successiva è decisa a cercare la verità, quella assoluta (“ormai solo la verità poteva restituirle il sonno”); tra le scorrazzate da turista, scortata dal bel medico Marcello, Nora prosegue le sue indagini e arriva al giornalista Andrea Landini, che morendo apparentemente suicida le lascia una confessione battuta a macchina. Meravigliosa la scena in cui Nora scopre il cadavere di Landini, con il rumore della macchina per scrivere riprodotto da un giradischi, messo apposta dall’assassino del giornalista per far credere che fosse chiuso in stanza a lavorare: questo è soltanto una delle infinite metafore di Bava per rappresentare quella dicotomia tra realtà e finzione a lui tanto cara. Convinta che il suicidio di Landini sia la fine di tutto quell’incubo, Nora casualmente scopre che l’assassino in realtà è la stessa Laura, che aveva ucciso la sorella anni prima per questioni ereditarie, e per sviare i sospetti aveva ucciso anche altre due donne, facendo credere che si trattava di un assassino seriale. E torna di nuovo l’illusione, la costruzione della finzione affinché prenda il posto della realtà; così come la passione di Nora per i romanzi gialli e quel dubbio alla fine del film che quanto accaduto sia frutto di un’allucinazione generata da una sigaretta di marijuana che le era stata offerta da un passeggero in volo.

La Ragazza Che Sapeva Troppo rompe gli schemi del precedente La Maschera Del Demonio anche per la morbida sensualità che sprigiona dalla cinepresa, che lentamente indugia sugli oggetti e sulle morbide fattezze della protagonista, lasciando assaporare –ma solo per un attimo-  allo spettatore un’atmosfera accogliente e quasi rassicurante. La voce narrante fuori campo, la musica jazz di Les Baxter (e la canzone Furore di Adriano Celentano) e la storia d’amore che piano piano affiora tra la protagonista e Marcello Bassi confondono più volte lo spettatore, quasi certo di trovarsi davanti ad una commedia; con maestria e abilità Bava  torna ai suoi chiaroscuri e alle sue atmosfere cupe con una scioltezza e una naturalezza propri di un uomo di mestiere, sapiente miscelatore di professionalità e passione.

Anna Quaranta


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