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Festival di sanremo 2014, la prima serata: show poco "contemporaneo" e per nulla "leggero"

Creato il 19 febbraio 2014 da Carloca
                                Una Giusy Ferreri più soft e melodica a Sanremo 2014
Deve esserci un malefico diavoletto ben nascosto sotto il teatro Ariston. Un diavoletto che, ogniqualvolta il Festival di Sanremo sembra definitivamente avviato sulla strada della "contemporaneizzazione", si mette di traverso e arresta il processo. Sì perché, nell'architettura della prima serata di ieri, di contemporaneo s'è visto veramente poco (il riferimento è allo show televisivo, delle canzoni parleremo poi). Sono anzi ricomparsi alcuni tratti distintivi dei più stanchi festival baudiani, elementi che credevamo archiviati per sempre: ritmi blandi e i poveri cantanti in gara quasi dispersi e sommersi in un mare di ospitate e interruzioni pubblicitarie, con l'ultima concorrente, Giusy Ferreri, costretta a esibirsi dopo la mezzanotte. E dal passato dei Sanremi made in Baudo è emersa anche la protesta clamorosa degli aspiranti suicidi: nel 1995 fu tal Pino Pagano, "salvato" da un Superpippo in stato di grazia, poche ore fa due operai napoletani. Non mi permetto di giudicare il gesto di questi signori, e la loro lettera, letta da Fabio Fazio, pareva autentica e sincera: ma trovo che ci siano altre sedi e altri modi per manifestare il proprio disagio, e certe piazzate non giovano assolutamente (anzi...) alla causa di questi sventurati, dopodiché ci sarebbe da discutere sul funzionamento dei dispositivi di sicurezza attorno alla manifestazione, ma andremmo troppo lontano... BRAVA LUCIANINA - Il fuori programma (ci si aspettava Beppe Grillo, e invece...) ha "regalato" alla rassegna canora la partenza più raggelante di tutta la sua storia, e ha chiaramente condizionato almeno la prima parte dello spettacolo, gravata da un palpabile senso di imbarazzo. Più di Fazio, Luciana Littizzetto è riuscita a smuovere il clima fiacco con una prestazione tutto sommato brillante, ma, al tirar delle somme, il risultato del vernissage non è stato esaltante. Peccato, perché in fondo gli elementi per costruire una serata di grana buona c'erano tutti: l'ottimo e disponibile Yusuf Cat Stevens meritava una collocazione oraria più consona, l'esibizione della Carrà è stata impreziosita da una Lucianina clone perfetto della Raffa nazionale, la cui presenza si sarebbe peraltro dovuta limitare alla celebrazione di una storica icona dei sessant'anni Rai, mentre la promozione di una canzone nuova, non mi stancherò mai di ripeterlo, dovrebbe essere vietata agli artisti italiani, è un "figli e figliastri" inaccettabile. Lungo e indigeribile il siparietto con Laetitia Casta, mentre Ligabue, alle prese con "Creuza de ma'", va perlomeno elogiato per essersi mezzo alla prova col dialetto genovese, che è uno dei più complessi in assoluto. QUALE LEGGEREZZA? - Parola d'ordine leggerezza, avevano detto e ridetto alla vigilia, ma sinceramente non ne ho vista nemmeno l'ombra. Dalla partenza di Fazio dedicata al treno deragliato sulla Genova - Ventimiglia, un monologo interrotto dalla protesta degli operai e mai più ripreso, ai timori per Grillo (che ha solo improvvisato un comizio fuori dall'Ariston, e a chi si scandalizza ricordo che in passato è accaduto di peggio: un dibattito politico durante la serata finale di Sanremo 2010 con Bersani e Scajola, moderato da Maurizio Costanzo: orrore all'ennesima potenza), dall'appello della Carrà per i  marò trattenuti in India (triste che una gara canora debba dare una mano a una diplomazia italiana ed europea mostratasi straordinariamente debole) all'ennesima pillola di retorica regalataci da Massimo Gramellini (ma averlo tutte le settimane a "Che tempo che fa" non è già più che sufficiente?). E' vero che Sanremo deve svecchiarsi e adeguarsi ai tempi, ma, lo ripeto, la contemporaneità di uno spettacolo musicale è un'altra cosa e, pur con tutti i suoi difetti, l'aveva raggiunta Gianmarco Mazzi nel suo quadriennio di direzione artistica. SORPRESA FERRERI - Le canzoni, adesso. Mi astengo da qualsiasi pagella ai brani, sia perché il vero Festival inizierà giovedì, quando i big scenderanno in campo presentando solo le loro canzoni finaliste, sia perché tutti i pezzi, quest'anno più che in passato, hanno assoluta necessità di più ascolti prima di poter essere valutati. Non so se questo sia lo scotto da pagare alla "contemporaneità", personalmente continuo ad avere grande nostalgia di certe canzoni che ti si infilavano subito nel cervello e nel cuore, però, in tutta onestà, avendo già vissuto "in diretta" un  numero cospicuo di Festival, debbo dire che anche in passato ho assistito al primo passaggio televisivo di brani che poi ho adorato e che sono diventati evergreen, ma che sul momento non mi avevano trasmesso alcunché. Quindi, pazienza e aspettiamo. Lascia intuire sviluppi promettenti la svolta verso il melodico tradizionale di Giusy Ferreri, che con "Ti porto a cena con me" tenta forse di ripercorrere le recenti orme di Arisa; la quale Arisa non ha brillato per originalità ma ha mostrato parecchio mestiere con una "Controvento" che pare costruita piuttosto furbescamente: e comunque non mi stancherò mai di sottolineare la straordinarietà della sua voce, una voce limpida e cristallina, che non tradisce mai alcuna incrinatura e però è ben lungi dal risultare fredda e priva di emozioni. PERTURBAZIONE ORECCHIABILI - Intriga l'incalzante rap "Pedala" di Frankie Hi-NRG, di gran classe ma estrema complessità le due proposte della Ruggiero, ispiratissimo in entrambi i pezzi un Cristiano De Andrè intenso anche nelle sue imperfezioni di esecuzione: concordo con lui, sarebbe stato bello portare avanti "Invisibili", uno dei brani più autobiografici della storia del Festival. La performance migliore è stata senz'altro quella di Raphael Gualazzi: blues - jazz d'atmosfera e di spessore finissimo, come raramente si ha modo di sentire in Italia, quello di "Tanto ci sei", mentre la presenza di The Bloody Beetroots si è avvertita maggiormente nella vincente "Liberi o no", in una insolita commistione di generi però, alla fine, non così spiazzante come si pensava alla vigilia. La canzone di maggior impatto è stata sicuramente, a sorpresa, "L'unica" dei Perturbazione, la sola proposta autenticamente immediata della prima serata, fortunatamente salvata a beneficio di una "L'Italia vista da un bar" il cui testo sembra una summa di alcune opere passate di Cutugno e di Reitano, cioè non proprio ciò che ci si aspetterebbe da una band indie. 

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