Magazine Diario personale

Figli delle stelle

Creato il 30 agosto 2014 da Povna @povna

E’ difficile, sempre, definire un superlativo di bellezza. E questa regola, di per sé soltanto ovvia, diventa se possibile più forte quando si parla di quella speciale settimana a fine agosto, della ‘povna con gli amici del nord, tutti insieme nel paese-che-è-casa. Eppure – come si sono dette la ‘povna e Canta-che-ti-passa, incrociando orari sui loro passi in sincronia, insieme ai punti di vista, stamani, sulla curva degli addii (che arrivano sempre troppo presto) – i giorni di questa estate sono stati ancora “più” di sempre: più perfetti, più armonici, più belli. Ed è con questa provvista di grazia infinita e irraccontabile (unita a qualche tonnellata di punture di tafani in tutto il corpo; e pazienza se fanno male, e prudono, e la rendono, al ritorno, un pochino impresentabile – se questo è il prezzo da pagare lei è disposta a sottoscriverlo, ora e sempre) che la ‘povna è salita oggi sulla prima littorina dei tre cambi, da un capolinea all’altro, nella provincia più bella del mondo, mentre – in camicia da notte, il cloro ingrommato nei capelli, l’aria arruffata di chi torna alla quotidianità (e non ne ha nessuna voglia) – si apprestava al familiare assalto di nostalgia e ricordi, durante il ritorno (solitario) nella piccola città.
Il sabato prima, alla stessa ora, viaggiava nella direzione opposta; a prenderla in stazione ha trovato (ovviamente) Canta stessa, Le Hero e il signor M., perché ci sono cose che possono accadere solo come sono scritte, anche se cambiano gli orari. “Non abbiamo la colonna sonora, quest’anno” – le ha subito detto Le Hero, perché le tradizioni sono importanti.
“Ma dai, non è possibile” – ha ribattuto la ‘povna. Ma poi si sono tutti resi conto che bastava aspettare il tono giusto, perché quest’anno (di giovedì) la colonna sonora se la son cantata loro. Ed è così che, insieme alle pizze, nel forno vero e a legna, accompagnati dall’amico Tegame, e dalla sua bella voce spiegata, la ‘povna e gli amici del nord sono saliti a uno a uno sopra il palco, a proporre, scelta pensata dopo scelta, il repertorio del loro amore, unico e sostanziale. La ‘povna aveva scelto questa, tra le molte possibili; ma poi si è ritrovata ad accompagnare le Canterine in una melodia che fu già dei Merry Men l’ultimo giorno prima delle vacanze, e pure alcune altre; e poi a ballare e ascoltare, prima e dopo, tanti pezzi che, insieme alle stelle, già scandiscono rituale.
Prima di quella serata, intanto, avevano avuto modo di consumare il già molto di quel che deve essere: le partite di King, in diurna e notturna (e la ‘povna, si sa, non è tipo da farsi sfuggire un’ora piccola), il Grass Volley, il Badminton, una partita a tennis. Ovviamente le vasche (che la ‘povna ha nuotato, precisa, ogni mattina prima di colazione – sottraendo tempo al sonno per non toglierlo al resto), la raccolta dei fichi, i giochi con le carriole e con i gatti, la ricerca, in notturna, dello sperso cane Snoopy. In mezzo, le cucce sistemate nei diversi appartamenti; i risvegli a scacchiera, e i rientri con la pila, nella notte (ma sul letto ti aspetta, nel buio, sorridente, il profilo allungato del gatto Semolino). In mezzo, un contest di cucina, divisi per squadre e appartamenti (della quale la ‘povna riparlerà a tempo e luogo, ché il progetto vuole quello), nel quale si sono cucinati, tutti, prelibatezze squisitissime (e pure sgluto, c’è da dirlo?), unendo voglia di giocare, sfide e affetto in quella alchimia che è solo loro.
La ‘povna ha fatto cose che non pensava avrebbe fatto. Non ne ha capite altre. E’ stata lupo nella notte (perché lo sceneggiatore sa essere sottile all’occorrenza), insieme a Piton (perché comunque resta saggio); ha parlato di mondi possibili; si è fatta tatuare sopra un braccio un pesce-buffo (ma anche un cuore infilzato alla caviglia); ha fatto spaccio di libri (e se ne ritorna con un carico che basterà per sette vite e mezzo), e si è spacciata per vice-preside. Tutti insieme, sono usciti per una sera, di spade in fiamme e griglia (ed è stato un grande evento); ma poi hanno, sopra e innanzi tutto, scommesso su di loro. Il mattino dell’ultimo giorno è stato così veloce da lasciarli senza fiato, come sempre. E i saluti si sono sbriciolati nel sole di un cielo blu, dopo la prima luna a spicchio (era crescente).
“Bisogna leggere tra le righe della trama” – ha detto la ‘povna a BibCan (che quest’anno le ha fatto un po’ da narratario; e in qualche modo pure in questi giorni, a dirla tutta), prima che salisse in auto. Anche se lei stessa non sa bene che trovarci. E quest’anno dovrà contare una quantità di decisioni sulla scia di un cambiamento lungo un altro. E poi è solo treno, e nostalgia, e pensieri impertinenti (ma felici) tra le rotaie e nel tramonto.
Quel che doveva è stato fatto. Ora, non basta quel che può.


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