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Figli di una tragedia minore

Creato il 10 ottobre 2011 da Albertocapece

Figli di una tragedia minoreAnna Lombroso per il Simplicissimus

E non si dica che siamo un paese che non ama la trasparenza: i panni sporchi si lavano in pubblico, i complottisti per tenere le loro riunioni clandestine scelgono un ristorante di fronte a Palazzo Chigi con le vetrine sullo struscio, i ribelli affidano l’abiura alle interviste su Repubblica. Non è una novità, si tratta di una simpatica tradizione inaugurata dalla Signora Veronica Lario in Berlusconi, la prima a denunciare un precipitare nella patologia – e solo quella mancava al baratro golpista – del Presidente del Consiglio.

Il “pubblico” grazie a Fininvest e al primato del binomio consenso-consumi è diventati pubblicità, i contenuti slogan e la trasparenza è una cifra della lingerie ma anche della comunicazione politica, che la impiega per svelare quello che vuole mentre tiene celato quello che conta.
Non mi stancherò di ripeterlo, il forzagnocca, le orge, la maniacalità coattiva, l’abuso dei corpi ci sono e sono tossici, ma sono l’evidenza mostrata e esibita. E dovrebbe indignarci quello che c’è dietro: l’abuso dei diritti, l’oltraggio ai diritti, l’indifferenza accecata dall’hybris di fronte a una catastrofe tardivamente percepita e mai affrontata, l’irresponsabilità, l’inettitudine.

Gli “informatori” benignamente ammessi al retrocucina e usati come ubbidienti ripetitori dei messaggi elargiti, “informano” secondo comando come cagnetti ben addestrati all’ubbidienza. Così il paese affoga, c’è un innegabile vuoto di potere lasciato da una maggioranza vuota di principi contenuti valori idee, che nessuno sembra avere forza o voglia di riempire, salvo vuoti ancora più vuoti che pensano di scaldare l’inverno del nostro scontento con la pashmina di cashmere e tutto – media dibattito politico i talkshow che si sono sostituti alle sedi di rappresentanza – ruota intorno ai complotti alle cooptazioni ai gran rifiuti alle gioiose adesioni ai microinteressi di botteghe.

E gli equilibristi che nel frattempo sono affaccendati a stendere la loro rete di protezione alimentano il chiacchiericcio: Alfano si Alfano no, via Berlusconi viva Berlusconi e fanno l’ostensione del morto e nessuno ha il coraggio di seppellirlo e il Buongiorno si vede dal mattino e ogni mattina e ogni sera a noi tocca subire le menzogne poco convinte del partito trasversale degli sfrontati.
Siamo come la Grecia, eccome! Non fosse altro per quanto di siamo accomodati dentro una tragedia, ma di quelle minori, ben poco epiche che forse Sofocle non avrebbe firmato. E come nelle tragedie forse in una ulteriore aberrazione del familismo, un ceto dirigente che ha mutuato modi e regole delle relazioni private nella pratica di governo e nella gestione del potere, ne viene travolto. Come nelle dinastie regali – o mafiose, i figli tradiscono i padri o vorrebbero farlo, le mogli pugnalano i consorti, le etere deridono i vecchi guardoni, il coro si lagna.

Ma voi non vi siete stufati di fare la plebe? Non vorreste cambiare l’intreccio e diventare popolo?


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