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[Film Zone] Biancaneve e il cacciatore (2012)

Creato il 17 marzo 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Film Zone] Biancaneve e il cacciatore (2012)Titolo: Biancaneve e il Cacciatore (originale: Snow White and the Huntsman)
Regia di: Rupert Sunders
Durata: 121 minuti
Anno: 2012
Formato: DVD
Produzione: Universal Picture
Prezzo: € 19,99
Genere: favola, fantasy, fantastico
Cast: Kristen Stewart; Chris Hemsworth; Charlize Theron; Sam Claflin; Sam Spruell; Ian McShane
Voto: [Film Zone] Biancaneve e il cacciatore (2012)
Trailer:  QUI il video tratto da Breath of life di Florence + The Machine.

TramaBiancaneve è la sola persona nel reame più bella della cattiva regina Ravenna che vuole distruggerla. Ma quello che la malvagia matrigna non immagina è che la giovane donna, scappata dalle sue grinfie e che ora minaccia il suo regno, è stata addestrata nell’arte della guerra da un cacciatore di nome Eric che era stato mandato a catturarla.

Recensione: La reale protagonista della storia è la matrigna. Si può dire anzi che esce dalla fiaba che conosciamo imponendosi per la sua forza tragica.

Essa rappresenta sin dall’inizio la parte buia, ombrosa della femminilità, che si cerca malamente di celare e che con prepotenza riaffiora chiedendo l’attenzione che merita. La Regina Ravenna non è un essere malvagio come tanti, un rompiscatole da eliminare, è l’archetipo più profondo di un motivo eterno.

Ravenna è, di fatto, ossessionata dallo scorrere degli anni, dalla vecchiaia che ruba la bellezza di un tempo. Il Duca di Rochefoucauld non aveva torto nel dire che l’inferno delle donne è la vecchiaia. Allo stesso modo la matrigna afferma che finché si rimane giovani e belle si ha il mondo ai propri piedi. Ogni donna sa che è così: non ignora che la bellezza è la più importante virtù femminile. Affermare il contrario è una mistificazione, un inganno. Tra l’altro è proprio sul piano della bellezza che Biancaneve dà alla matrigna filo da torcere.

Bellezza e giovinezza rappresentano qualità effimere necessarie per assicurarsi l’ancor più effimero amore maschile, il quale dura quanto la vita di una farfalla. Quando nella notte delle nozze la matrigna pianta con ferocia il coltello nel cuore del padre di Biancaneve, non è solo per conquistare il regno, ma per sfogare una volta per tutte un arcano desiderio di vendetta:

«… quando avete finito con noi, ci buttate in pasto ai cani…»

Convinta, ormai, che gli uomini non siano in grado di amare come dovrebbero, cioè con l’abbandono proprio delle donne, si meraviglia del sincero dolore provato dal Cacciatore per la scomparsa della moglie. Si stupisce non a causa della meschinità del cuore ma perché conosce quella degli uomini e del mondo.

Verso la fine del film la Regina, definitivamente sconfitta, non è scontenta della propria erede. Dirà infatti alla figliastra:

«Voglio dare al mondo la regina che si merita.»

Forse sto insistendo troppo su questo personaggio, ma non si può negare che tutto ruota intorno a lei e che anzi i personaggi di Biancaneve del Cacciatore non riescono in alcun modo a esserle pari. I sentimenti di Ravenna, anzi le sue ossessioni, seppur condotte all’estremo, possono dirsi universali. Vi è alla base una sorta di schiavitù: quello dell’amore inaffidabile degli uomini che si sposa con la bellezza e la giovinezza; si tratta di un sentimento d’acqua che lega gli uomini alle donne, pronto però a evaporare molto presto. Come biasimare, allora, la Regina che desidera rendere eterno ciò che eterno non è? Non so se è chiaro: la causa di tutta la sofferenza sono gli uomini, incapaci di apprezzare e scorgere l’anima trasparente, l’alfabeto d’aria dell’amata.

Tutto questo genera la profonda solitudine che spezza lo spirito della matrigna, condannandola all’invidia nei confronti di Biancaneve e delle altre donne, a un senso di vuoto senza soluzione.

In questo modo la donna diventa lo scrigno buio della sua stessa grazia, emerge dal fondo la malvagità latente, una zona d’ombra archetipa, arcana, comune al mondo femminile. Si può negarlo? Il buio è il figlio di un misterioso fuoco, di una luce che non trova sbocchi, luoghi, persone o amanti degni in cui riversarsi. Non possiamo stupirci che l’unica figura maschile che si trova accanto alla matrigna di Biancaneve è un consanguineo, un fratello con cui non divide il potere.

Un altro aspetto fondamentale della fiaba così come è stata concepita nel film, è appunto il potere. Il potere si strappa, si conquista, si tiene per sé senza dividerlo con nessuno. Il potere è un anello che stringe un solo dito, è un diadema che cinge un solo capo.

Qui entra in gioco Biancaneve, degna erede della matrigna. L’ultima scena è impressionante. Essa, si badi bene, è incoronata regina, ma accanto a lei non c’è nessun Re, nessun principe azzurro. La figliastra, durante lo scontro senza esclusione di colpi ha sconfitto la matrigna, ma ha appreso un insegnamento prezioso. Ha fatto sua una concezione del potere più alta di quella degli uomini. Del potere avverte la folgorante bellezza, lo splendore divino. Il potere non è una merce di scambio, non è una volgare moneta da spendere al mercato. Se la bellezza e la giovinezza sono qualità effimere, il potere è il diamante su cui riversare quel fuoco, quella luce folgorante che, come si è detto, non trovava sbocchi.


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