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Finale Emilia, dopo il terremoto, trionfa la strategia della distrazione. Tanta solidarietà, niente ricostruzione. Tendopoli cacciata dai giardini con un avviso del Comune

Creato il 01 settembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

L’effetto Monti colpisce i terremotati emiliani, tant’è vero che ancora si sente protestare: per noi è ancora il 20 maggio. E’ l’effetto dell’interesse nazionale: tutti con Monti, vietato far polemica, anche se l’inverno si avvicina e le tendopoli iniziano ad assumere un aspetto sinistro. All’Aquila il desiderio di verificare la gran propaganda di Berlusconi sulla ricostruzione immediatissima attirava giornalisti e mezzi d’informazione. In Emilia il fenomeno non è lo stesso. Se nessuno parla di “miracolo”, regna il silenzio o l’ordinaria amministrazione, come se sismi e crolli non ci fossero stati. Il tran tran della mancanza di notizie sulla ricostruzione preoccupa. Molti vivono ancora nelle tendopoli spontanee, con la tenda davanti a casa, o in un gruppo in un campetto o in un giardino, se non nelle tendopoli ultradisciplinate della Protezione civile. I volontari non sono mancati, gli atti di solidarietà, nelle forme più variegate e da parte di soggetti diversi – dalla Caritas ai Comuni -, ci sono state: mancano i risultati. La ricostruzione non riparte e non si capisce bene perché.

Niente è stato fatto per avviare la ricostruzione, fra mille precauzioni, paure, divisioni, non escluso l’incubo di una nuova scossa. Tante le iniziative e le raccolte di fondi pro terremotati, ma niente si muove. Complicato ritirare i soldi e ricostruire. I Comuni intanto continuano a emettere atti di inagibilità delle abitazioni, l’uno dopo l’altro. La fantasia ha preso il posto della realtà, la ricostruzione dei fatti, da parte dei massmedia, dà messaggi talmente brevi e tranquillizzanti, o allarmati ma circoscritti, che a Finale Emilia, uno dei centri abitati più colpiti non si vede chiaro. L’incertezza sul presente e sul domani toglie il fiato, tanti temono di parlare. A Finale Emilia un’ordinanza comunale del primo agosto, tramutata in avviso esposto l’8 agosto, ha ingiunto a un campo spontaneo di spostarsi. Molti infatti si trovano a disagio nelle tendopoli della Protezione civile: troppe misure di sicurezza, troppi controlli, famiglie che non si ritrovano nella stessa tenda. Ma i finanziamenti statali giungono solo alla Protezione civile e ai Comuni: rimangono scoperte le frazioni e tutti coloro che non possono vivere in casa ma non amano la disciplina “militaresca” della Protezione civile, notando alcune contraddizioni nei comportamenti. Così l’otto agosto un gruppo di terremotati è stato cacciato dai giardini pubblici. Pochi giorni dopo la macchina del sindaco è stata danneggiata  e l’episodio viene attribuito a qualcuno del campo: non ci sono prove, ma sale la tensione. E’ iniziata a correre la notizia che le Brigate di solidarietà attiva, attive già a Fossoli, frazione di Carpi (Modena), ha iniziato a distendere gli animi. Molti si lamentano, tanti hanno paura, pochi parlano. I cinquanta milioni di euro dell’emergenza sono stati destinati alla Protezione civile: la normativa ha escluso dagli aiuti i campi spontanei e autogestiti. Le informazioni che affiorano cambiano direzione da un giorno all’altro: si parla di fine della sospensione delle tasse, si fanno polemiche, e per fra i tanti che vivono senza casa si parla di “strategia della distrazione”.

Restano le tende dove vivono le famiglie senza aiuto se non da parte dei volontari. Mesi senza bagno, acqua e luce. E persino una doccia, nei giorni dell’estate afosa, da Caronte a Lucifero, è diventata un privilegio.

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