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Fiocchetto rosa per “Il Tamburo delle Sirene”!

Creato il 21 giugno 2012 da Senziaguarna

Non sarà un grande acquisto per la Storia della Letteratura, né tantomeno per la libreria di casa mia che già rischia di crollare sotto il volume di libri ben più “di peso” di questo. Ma queste 95 pagine (anzi, soltanto 46 di queste, diamo a Cesare quel che è di Cesare) danno una sensazione strana, come se fossero state partorite. Il tempo di attesa è stato più o meno lo stesso (un anno, mese più mese meno), con l’ansia che cresce man mano che cresce il pancione, una corsa affannata in libreria (che guardacaso ha la stessa forma di una clinica). Ed ecco, l’ “infermiera” te lo mette tra le mani, il titolo stampato in grassetto color granata,  perfino con tre nomi di persona sopra, Federica Garofalo, Daniela Quartu e Guido Tobia! Il tuo primo racconto, quello per cui hai buttato settimane del tuo tempo, quello che non ti ha fatto dormire la notte, quello che ti ha fatto salire la pressione a mille e che ti ha fatto piangere di gioia quando hai saputo che è stato innalzato alla gloria del primo premio!
E, come ogni neonato che si rispetti, un racconto non dev’essere mai descritto dalla “mamma”, perché, come dice anche Pino Daniele, “Onne scarrafone è bell’a’ mamma soja”. Potrei farlo se dovessi descrivere lo straziante La mia bambina di Daniela Quartu e il commovente Pietro Pescatore di Uomini di Guido Tobia (che vi invito a leggere), ma col Medioevo non c’entrano granché. Lascio dunque che a presentare Mercuriade e il suo Tamburo delle Sirene sia una scrittrice con molta più esperienza di me, poetessa tutta in rosa con ali di fata, Maria Cristina Folino.

Fiocchetto rosa per “Il Tamburo delle Sirene”!

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Raramente viene dato il giusto peso alla voce delle molte donne che, pur non essendo state maltrattate o offese palesemente, continuano ad essere considerate – loro malgrado – come oggetti, o peggio, come burattini da uomini cinici e disinibiti che sanno toccare le note giuste per cercare di rubarne la purezza. Nel racconto Il tamburo delle Sirene, pubblicato da Edizioni Cento Autori all’interno de “Il tamburo delle sirene e altri racconti”, emerge tutta la delicata sensibilità di una Federica Garofalo molto attenta al mondo fragile e sottostimato delle donne che subiscono abusi, siano essi di carattere morale, psicologico o fisico. La Maestra Mercuriade, medichessa della Scuola Medica Salernitana, benché donna stimata e potente, è stata vittima delle trame del conte Nicola Rufolo di Ravello. Donna emancipata, indipendente, medico validissimo al servizio di potenti signori, conosceva già bene l’entità delle ferite (celate sotto il nome di “incidenti”) inferte da mariti violenti alle rispettive mogli nel Salernitano, e per questo preferiva tenersi alla larga anche da maltrattamenti spirituali, mantenendo le distanze dagli esponenti dell’altro sesso che la circondavano; finché cade nella fitta rete tesa per lei dal nobile donnaiolo, che approfitta di un suo momento di debolezza e della sua sensibilità di donna morigerata. Nel toccante colloquio con Tommaso d’Aquino, rivela di non “aver ceduto”, ma per poco, perciò si sente ugualmente colpevole nei confronti della moglie del conte, Gaita.
Utilizzando significative metafore che parlano al cuore del lettore, la Garofalo ci parla di una costante lotta per l’emancipazione, di determinazione e di voglia di sentirsi finalmente al sicuro, nonché rispettate sulla base del proprio valore – non inferiore, ma anzi molto superiore a quello di alcuni uomini “potenti” – e del lavoro svolto per il bene delle altre donne della comunità, affinché anche queste ultime possano sentirsi orgogliose di manifestare la propria femminilità. È possibile pensare che la donna, in quanto tale, è solo un surrogato dell’uomo, un “maschio mutilo”? Non credo proprio, replica Federica con grande fermezza, allestendo – con finale intransigenza – il vero riscatto della donna-Mercuriade: la grande stima nutrita per lei dal Maestro Tommaso, che costringerà il vigliacco conte a non penalizzare la medichessa per il suo rifiuto. Ecco che il sogno di Mercuriade, ovvero il desiderio di sentirsi finalmente apprezzata e non solo “adocchiata” da approfittatori incompetenti, assume una dimensione collettiva: tutte le donne che, da adesso in poi, potranno identificarsi con lei, avranno sempre un valido punto di riferimento, un esempio da seguire, una speranza ; perché essere fragili non significa non servire a nulla, e anche i più deboli, uomini inclusi, hanno il diritto di aspirare a costruire un mondo migliore, nonostante le ferite inferte da coloro che tentano di danneggiarli con sadica noncuranza.
Uno stile fluido, limpido, quasi musicale, da cui traspare il grande amore dell’autrice per la storia locale, e al quale corrisponde la chiarezza espressiva che ci parla di sentimenti, circostanze, problematiche complesse attraverso immagini evocative come quella delle sirene, conducendo a poco a poco il lettore verso la comprensione di una tematica di eccezionale attualità, in un racconto suggestivo da leggere tutto d’un fiato.



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