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Fiore di Cactus

Creato il 18 settembre 2015 da Eva Gatti @avadesordre

Cactus Flower
USA 1969 Columbia
con Walter Matthau, Ingrid Bergman, Goldie Hawn
regia di Gene Saks

Julian Winston è un dentista di successo, scapolo impenitente che si scopre innamorato della giovanissima amante, Toni, a cui ha raccontato di essere sposato per non doverla sposare. Quando Toni tenta il suicidio, Julian capisce di voler sposare la ragazza e per liberarsi della fantomatica moglie chiede aiuto alla sua attempata assistente di studio, Stefania, pregandola di fingersi una signora Winston desiderosa a sua volta di divorziare dal marito ma liquidare una moglie inesistente non si rivelerà così facile e in fondo Julian non lo desidera neanche..

Fiordicactus

Tratto da una pièce teatrale francese che ebbe molto successo anche a Broadway dove l'assistente Stefania Dickinson era interpretata da Lauren Bacall, Fiore di cactus è una commedia brillante che segna il debutto di Goldie Hawn premiata con un Oscar e altri premi tra cui il David di Donatello.
La storia certo non brilla per originalità: non è difficile capire che la ventunenne Toni si metterà con l'aspirante scrittore Igor Sullivan mentre il dentista di successo si scoprirà innamorato della fedele assistente che non ha mai degnato di uno sguardo; nonostante questo, la commedia rimane molto godibile per la bravura degli attori: da menzionare il fascino della cinquatraquattrenne Ingrid Bergman che dà dei punti alle cougar contemporanee di cui per certi versi anticipa la tendenza flirtando con Igor. La pellicola sa giocare coi paradossi dei cambiamenti di costume della fine degli anni '60: l'austera signorina Dickinson scopre la sua femminilità come un fiore tardivo a cui fa riferimento il titolo del film, mentre la disinibita Toni che sogna i pantaloni di pelle invece che una stola di visone, si trasforma in una fidanzata compita che non si concede più a quello che fino al giorno prima era stato il suo amante “perché da fidanzati non sta bene”.
Molto gradevole anche l'ambientazione che rispecchia il periodo storico, più che al locale alla moda dove si svolge la parte della pellicola, penso al Guggenheim, architettura contemporanea che fa riecheggiare per tutti i piani l'urlo di Walter Matthau.
La colonna sonora, sempre fedele ai tempi, è firmata da Quincy Jones e si balla sulla musica di I'm A Believer che Caterina Caselli nel '67 aveva già tradotto in Sono Bugiarda.


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