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Fisica: dalla parte del CERN, 6 miliardi di Franchi Svizzeri valgono bene un bosone di Higgs. O, viceversa. E sul valore didattico del “modello scientifico” in tempi di crisi.

Creato il 03 aprile 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Fisica: dalla parte del CERN, 6 miliardi di Franchi Svizzeri valgono bene un bosone di Higgs. O, viceversa. E sul valore didattico del “modello scientifico” in tempi di crisi.

di Rina Brundu.

 

Non ho alcuna difficoltà ad ammetterlo: sono tra quei fedelissimi del CERN e della fisica quantistica che, poche settimane fa, quando si è sparsa la voce che voleva i neutrini di nuovo lenti, sicuramente più lenti della luce, c’è rimasta male. Molto male. Alla stregua di una bambina a cui viene tolto il dolcetto preferito dalle mani per farlo sparire all’improvviso e che si tortura con un unico dubbio: dove l’avranno messo? Semplicemente: dove l’avranno messo? Perché dubbi sulla sua effettiva esistenza non ne aveva mai contemplato.

Come non bastasse, a giudicare da ciò che è stato detto quest’oggi durante il convegno “Alla ricerca della particella di Dio – I miracoli del mondo subatomico “ – convegno organizzato a Milano dalla Fondazione Corriere della Sera, coordinato da Giovanni Caprara e a cui hanno partecipato i fisici Fabiola Gianotti, Guido Tonelli e il filosofo della Scienza Giulio Giorello – i comuni cittadini che hanno lanciato un “grido di dolore” simile al mio non sarebbero stati pochi. Del resto, se – come sostiene la già citata professoressa Gianotti, coordinatrice CERN dell’esperimento Atlas – il grande collisore di adroni (Large Hadron Collider) è “una porta che si apre su un grande giardino fiorito” sarà pure il tempo di coglierla qualche violetta, o no?

Di buono c’è che a sentire il suo collega Tonelli - il quale discutendo del più, del meno, e del famigerato Bosone di Higgs, tanto per gradire, si è lasciato sfuggire espressioni come “quando si giungerà ad una definitiva osservazione del bosone di Higg” – le speranze di noi forzati-della-fisica-quantistica (per elezione e per circostanze contingenti, vedi grande depressione corrente che impedisce qualsiasi altro tipo di sogno), prendono nuovo vigore. Di fatto, il professore lo ha ribadito in maniera finanche abbastanza esplicita. “Non sarei sorpreso se, presto, molto presto – ha detto – qualche clamore verrà fuori”. Be’ clamore per clamore speriamo, per il CERN, ma anche per tutti noi, che la prossima volta quel clamore connoti in senso decisamente migliore di quanto non abbia fatto durante le ultime ingloriose uscite, vedi fusione fredda, neutrini superveloci et varie et eventuali.

Che ad essere perfettamente onesti questi due bravissimi scienziati italiani, insieme allo stesso Giorello, lo hanno ribadito a chiare lettere: la Storia della Scienza è una Storia fatta di errori, di grandi cantonate, di sconfitte, di situazioni non immediatamente capite ma anche, naturalmente, di tutto il progresso che conosciamo. Dall’overall-picture fornita dalla Gianotti poi, faceva fatica a mascherarsi l’orgoglio per il modus operandi scientifico ed in particolare per il trade-mark CERN: “Quando NOI lavoriamo ad un esperimento – ha spiegato – NOI lo elaboriamo e lo sviluppiamo usando una best-practice in virtù della quale l’idea migliore la vince. Non si impone dunque la mia visione solo perché io sono la coordinatrice del progetto, non si impone la visione del mio collega solo perché lui/lei è il più anziano, ma potrebbe imporsi quella dell’ultimo studente arrivato se questa si rilvelasse la più brillante!”.

Un “modello fisico-scientifico” che in questi tempi di crisi economica galoppante, di montismo che annaspa, di grande politica-assente-giustificata, di sistema-Italia in attesa di rendere l’anima al creatore, è stato dunque sagacemente proposto come modello-meritorio-del-fare. Ne deriva che la domanda sorge pure spontanea: spostiamo gli scienziati del CERN, l’LHC incluso, in quel di Montecitorio e/o Palazzo Chigi, oppure spediamo gli occupanti degli scranni di queste due gloriose magioni in Svizzera? Qualora si optasse per la seconda eventualità occorrerebbe tenere nel dovuto conto la possibile reazione dei connazionali di Guglielmo Tell per i quali sarebbe un poco come se, oltre la valigia, dovessero tenersi lo stesso Fede.

Ma mentre tutto il dibattito si è trascinato piacevolmente muovendo dai sempreverdi temi del modus comunicativo ottimale che la scienza dovrebbe adottare per parlare urbi et orbi, della sua necessità di aprirsi al mondo evitando come la peste il modello scienziato-pazzo-chiuso-nella-sua-torre-d’avorio, del bisogno di adottare prudenza e di fare i dovuti cross-e-contro-checks, è indubbio che – come spesso accade - la parte davvero juicy della conversazione sia stata quella finale delle Q&A. E tra le domande non è naturalmente mancata la questione fatidica: ma in un periodo di crisi così grave vale ancora la pena destinare fondi tanto ingenti ad una macchina-mangiasoldi di livello europeo come il CERN? Risate in sala, soprattutto quando i due fisici presenti si sono ben sistemati sulla sedia e hanno spiegato di essersi adeguatamente preparati per la risposta.

“Il CERN” ha infatti prontamente chiosato la solita Gianotti “non cerca bosoni di Higgs! Il CERN sviluppa tecnologia. Basti pensare che dei 30000 accelleratori esistenti al mondo (nda: ‘apperi!), 17000 vengono utilizzati per le terapie tumorali”. La professoressa è poi andata avanti citando un Obama il quale avrebbe sostenuto come sia proprio nei momenti difficili che occorre investire nella ricerca di base. Una nazione che non investe nella ricerca è una nazione destinata ad acquistare “conoscenza” dalle altre nazioni e quindi a sottomettersi volontariamente alla più infamante delle forme di schiavitù. Come dar loro torto? Come non essere d’accordo? Da questa prospettiva, parafrasando Enrico IV, si potrebbe senz’altro concludere che 6 miliardi di Franchi Svizzeri valgono bene un bosone di Higgs. O, viceversa.

Per l’Italia fermiana che vanta quattro capi progetto nei quattro esperimenti attualmente in corso nel centro ginevrino – capi progetto che vengono scelti sempre in base al merito e non perché cugini in terzo grado del sotto-sotto-segretario agli affari inutili – non mancano neppure infiniti motivi di vanto e di rinnovato orgoglio in tempi di vacche magre persino per entrambi quei due sentimenti. Dunque è tutto oro quel che lucica nel dorato mondo della Fisica? Non proprio. Basti pensare che la seconda puntata del seminario – puntata che era stata prevista per il 20 Aprile prossimo – non s’avrà da fare, ha annunciato Caprara. Perché? Perché il professor Antonio Ereditato, coordinatore dell’esperimento Opera che avrebbe osservato i neutrini superluminali, e che avrebbe dovuto parteciparvi in qualità di ospite d’onore, avrebbe dato forfait. Altre risate in sala. Una occasione mancata, purtroppo! Una occasione mancata per dimostrare il coraggio che serve per essere scienziati, proni all’errore. E che per questo vanno compresi. Perché peggio molto peggio è, a mio avviso, dotarsi d’ali d’angelo per poi essere scoperti intenti a mangiare fagioli!

Featured image, screenshot dal convegno Alla ricerca della particella di Dio – I miracoli del mondo subatomico, da sinistra a destra, il fisico Guido Tonelli, il filosofo della Scienza Giulio Giorello, il fisico Fabiola Gianotti, il coordinatore Giovanni Caprara.


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