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Flussi di pensiero: una giornata tipo, ossia oggi, azioni e riflessioni, lacrime e ore perdute.

Creato il 14 gennaio 2012 da Stregonestregato @ppstronzi

Flussi di pensiero: una giornata tipo, ossia oggi, azioni e riflessioni, lacrime e ore perdute.

 

Scende la notte, un altro giorno è trascorso, ore passate, perdute, ricche di vita, di sentimenti, di avvenimenti. Sveglia, lavoro, corse per non arrivare tardi, biscotti dietetici e latte caldo, il mio mac che si accende, i miei tentativi di legare con un capo odiato, le telefonate, mio nonno, la pleurite, la paura, il dolore, il ricovero, il pianto di mia madre.

Respiro. Profondo. Chiuso nel bagno asettico dell’ufficio, fuggo per un attimo. Solo silenzio, il mio iphone bianco, il cesso bianco, la porta bianca, le mattonelle bianche, la mia mente bianca. Poi mi rituffo nel caos.

Compagnie di traghetti che vogliono essere pubblicizzate sul web, critiche a cui rispondere, gente scontenta. Mandarini calabri, gustosi, saporiti, freschi, offerti ai colleghi, fame continua, pensieri di indipendenza lavorativa, un po’ di speranza, altre telefonate, mia madre esausta, poi l’amore e la disperazione, amici lasciati, abbandonati, in crisi, depressi e tristi, parole di conforto, mi faccio forza e cerco di tirarli su, provo a sguazzare nelle lacrime cercando di non affondare, riunioni di lavoro, pianti e whazzup, torno a casa, pranzo, lavoro mentre mangio un piatto di pasta e ceci cotti troppo e attaccati alla pentola, un cioccolatino per addolcire la giornata, il mio divano raggiunto a passi spediti, veloci, mi ci fiondo sopra, sono le 13.45, bene, metto la sveglia alle 14.00 tanto in 5 minuti sono giù e arrivo a lavoro in tempo per ricominciare e stop.

 

Respiro, disconnessione. Rosso, nero. blackout, il cervello si riposa. Lo sento distendersi, rallentare i pensieri, godendo di ogni minuto e secondo di pausa. Dormo. 

L’arpa dell’iphone, sveglia, segno rosso sul viso, mi lavo, preparo la borsa della palestra e corro. Passo distratto sui luoghi che ieri hanno visto morire una persona ingiustamente, raggiungo il lavoro. Risate per dissimulare, battute per essere simpatico, il mare in me, voglia di viaggiare, partecipare a concorsi, spiagge, acqua cristallina, calore sulla pelle, telefonate, telefonate, telefonate, la batteria del 4s sembra reggere bene però, mia mamma è triste e nervosa, vorrei essere con lei, se mio nonno morisse a breve dovrei scendere subito, l’ultimo treno da Milano è alle 18, non me ne voglia, non può finire così, non finisce, vuole andare via dall’ospedale e cerca il suo letto, vorrei essere con lui, se non è ora sarà a breve, spero che a lavoro non facciano storie, devo poter piangere mio nonno, ma basta darlo morto, è ancora vivo, il mio capo si lamenta perché batto troppo veloce sulla tastiera e lui non lo sa fare, gli offro un altro mandarino, buono, non so se lo merita, cazzo che sono così gentile, proposte erotiche, voglie erotiche, l’ormone che parte, dimenticare, impazzire, sono le 18, torno a casa, non voglio andare in palestra, no, non ci vado, penso all’accappatoio, asciugamano e tuta da ginnastica racchiuse nel borsone, pulite, intonse che ritornano indietro, se avessero una mente penserebbero che sono cretino, casa vicinissima, le chiavi, serratura, divano.

 

Silenzio. Gemiti. Mi annullo di nuovo. La musica, poi. Blugino che parla, lo ascolto a stento. Lo amo, lo guardo e lo amo ma non riesco a seguirlo. Disconnetto la mente nei subsonica. Mi riaddormento.

 

La fine del disco mi sveglia, li rimetto su. Cucino, patate spappolate che sembrano purea, cordon bleu, tavola apparecchiata, cena veloce, i miei occhi si perdono spesso nel vuoto. Mi alzo, lavo i piatti: The Cure, Love Song; Florence and The Machine, You’ve got the Love; Alanis Morissette, Hand in My Pocket, poi mi decido, mentre riempio il lavello con lo svelto e l’acqua calda, vado di Songs of Faith and Devotion, Depeche Mode. I feel you. Buonanotte a mamma, basta all’ospedale, sono contento che possa poggiare la testa sul cuscino. Walking in my shoes. Lavato tutti i piatti. Condemnation. Lavo i fornelli. Elfobruno e la sensazione di star buttando via la sua vita a 38 anni. Mercy in you non mi piace, vado avanti. Judas, una lacrima. Sul divano, installo Shazam. Mi lavo, mi metto a letto, scrivo questo post. Ora c’è Giuni Russo.

 

Ora c’è la voglia di silenzio, la voglia di vivere, il desiderio che mio nonno non soffra, che i miei amici non soffrano, che io possa essere a tutti loro d’aiuto e che queste ore trascorse abbiano avuto un loro ruolo e non siano un semplice scorrere di lancette e di azioni preimpostate, uguali, diverse solo nelle dinamiche, squallide e buttate via, come dice Elfobruno, la cui unica traccia è una leggera linea di luce impressa sulla retina quando spengo la luce e abbasso le palpebre e tutto diventa ancora nero.

Silenzio. Dormo. Ma è il futuro.


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