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Fondazioni e frodi a norma di legge

Creato il 02 aprile 2015 da Albertocapece

Fondazioni e frodi a norma di leggeAnna Lombroso per il Simplicissimus

Vuoi la grana? Dammi retta, fatti il tuo pensatoio, direbbe il Razzi nell’interpretazione di Crozza. E avrebbe ragione. Secondo Harry Potter, che mi vanto di non aver letto, si tratta di un oggetto magico in cui si possono immagazzinare i pensieri di troppo  quando la memoria é piena.

E infatti i pensatoi, i think tank, le fondazioni, sembrano creati proprio per togliere di mezzo un pensiero di troppo, la preoccupazione di coltivare relazioni con soggetti esterni ai partiti politici traendone vantaggi economici, in maniera, almeno apparentemente, trasparente e soprattutto non soggetta a controlli e vigilanza. Emanazione di capicorrente, di leader rimossi e dormienti, ma ancora influenti o aspiranti a ridiventarlo, di premier ex o vigenti, vivono infatti grazie a munifiche donazioni private, garantite dagli stessi promotori grazie ai rimborsi elettorali, ma, in parte più rilevante, da  finanziatori altri, interessati al “progetto politico” più o meno fumoso, più o meno visionario, più o meno suggestivo, indicato nello statuto e propagandato in ritiri spirituali, ex stazioni e fabbriche illuminate, sobrie fattorie, algide sale congresso.

E funzionano. Un censimento sia pure rudimentale condotto qualche tempo fa ne ha inventariate almeno un’ottantina, mica poche.

Grandi e piccole, note o sconosciute, celebri o semiclandestine, godono di un regime fiscale favorevole, nella veste di organizzazioni no profit. E si muovono anche alacremente in una provvidenziale fosca caligine: sono tenuti a depositare un bilancio, ma non sono tenuti a dichiarare i nomi dei loro finanziatori. Fu proprio d’Alema a suo tempo nel condannare una importuna ed inopportuna perquisizione della Guardia di Finanza a Italianieuropei,   che gode di sostegni disparati, industrie del tabacco, Coop, farmaceutici etc.,  a celebrare  la legittimità di mantenere una  sobria riservatezza su questo tema, motivandola con l’opportunità di non rendere esplicito “l’orientamento di chi elargisce i contributi”, e richiamandosi alla legge che pur ampliando il novero dei soggetti  vincolati al rispetto degli obblighi di denuncia e trasparenza in materia di finanziamenti, nemmeno menziona fondazioni, associazioni e istituti “culturali”.

Mai più senza, dunque, se non hai la tua fondazione sei uno straccione e non vai da nessuna parte. Mettono in salvadanaio i loro soldarelli per reinvestirli,  movimentano  cospicui portafogli e controllano società operative.   Come la Magna   Carta di Quagliariello, dal nome eloquente,  che ha germinato una SrL che sforna “prodotti editoriali”. Come la Free Foundation di Brunetta che sorprendentemente ha la stessa partita Iva di una società di consulenza aziendale dal nome evocativo, Full Contract, che però non si direbbe che si riferisca al contratto sociale. E poi c’è Italia Protagonista di Gasparri, ResPublica di Tremonti, quella di Matteoli, quella di ampio respiro europeo di Vizzini, c’era Faretutto di Fini della quale non trovo notizie recenti, che forse ha già fatto il fattibile. A Enrico Letta faceva capo il suo Thinl Tank, l’ineffabile VeDrò, chiuso per temporaneo esaurimento di idee, sponsorizzata a suo tempo da due multinazionali dell’azzardo, Lottomatica e Sisal, Trecentossessanta (uno sguardo aperto sul mondo, sic), ma soprattutto Arel, fondata dal suo maestro Andreatta, nota negli ultimi anni per essersi prodotta attraverso Arel Servizi,   in alcuni investimenti finanziari definiti dalla stampa” disinvolti”  con investimenti in titoli  ed obbligazioni a dir poco avventati.

La Fondazione Nuova Italia, il cui presidente è Gianni Alemanno, secondo l’inchiesta su Mafia Capitale avrebbe ricevuto dalla cupola affaristica gestita dall’ex terrorista nero Massimo Carminati “finanziamenti non inferiori ai 40 mila euro”.

I produttori e agitatori di pensieri ed idee sembrano non essere mai sazi e per non essere provinciali vanno oltre i confini nazionali: ci ha informato puntualmente il Fatto Quotidiano che   la Foundation for European Progressive Studies (Feps), sotto la ferma guida di d’Alema,, dal  2008 ha ricevuto dall’Ue 16,7 milioni di euro. Ma non c’è da scandalizzarsi: gode di finanziamenti comunitari anche l’Alleanza europea per la libertà di Marine Le Pen e Matteo Salvini, sicché anche per loro l’Europa non è matrigna, anzi.

Matteo lo sfasciacarrozze invece pascola in patria. Ha potuto contare sull’aiuto di due meccanici d’eccezione  per coprire le spese della corsa alla guida del Paese, Marco Carrai e Alberto Bianchi,  fund raiser, molto tenaci se hanno potuto mettere insieme  oltre quattro milioni di euro. E che fanno   parte del consiglio direttivo della Fondazione Open, generata dall’evoluzione  della Fondazione Big Bang, che col cambio di nome ha anche cambiato compagine con l’aggiunta di Maria Elena Boschi, nel ruolo di  segretario generale, incrementando le entrate:   nel 2013 la fondazione ha raccolto 980 mila euro di donazioni, 300 mila euro in più rispetto all’anno precedente.

Ma lasciatemi essere sospettosa. Scoperchiare il pentolone tossico delle fondazioni “politiche” è un bene, ma forse si tratta di uno di quei coperchi magici molto propagandati in Tv, che mantiene odori e vapore della  cerchia delle fondazioni bancarie e delle loro relazioni bidirezionali con la politica, per via territoriale e perfino familiare. Senza contare che il nuovo ceto  al governo,  rivendica di instaurare e mantenere relazioni dirette con finanziatori, li iscrive al partito della nazione, dando il nome di trasparenza all’esplicita spregiudicatezza e alla pretesa di immunità e impunità. E poi, diciamolo, il termine pensatoio, come “valori”, “principi” e soprattutto “idee” e “ideali” proprio non gli si addice.

 


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