L’enigma Giovanna (prima parte)

Creato il 09 novembre 2011 da Paolo Franchini

L’enigma Giovanna (prima parte)Leila Mascano in esclusiva per VareseNoir

Giovanna di Castiglia è stata definita un enigma della storia. Era figlia di due grandi sovrani: Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia.

L’infanta nacque quando l’Inquisizione divampava, e mai termine parve più appropriato visto che, a centinaia, gli eretici bruciavano sui roghi, perfino sotto le finestre dove la regina sua madre era in preda alle doglie del parto. Giovanna crebbe in un’atmosfera che pesò molto sul suo carattere. La sua cupa leggenda è arrivata fino a noi, che la conosciamo come Giovanna la Pazza.

Il primo enigma che ci si pone, oggi che molti documenti che la riguardano sono venuti alla luce, è se pazza lo fosse davvero. Certamente era diversa, e questo in tempi pericolosi è sempre stato pericoloso. Il suo atteggiamento nei confronti della religione cattolica, essendo nata dai cattolicissimi Ferdinando e Isabella, era considerato fortemente sospetto. Si diceva con intenzione che non amasse il fuoco. Era solitaria, schiva, contemplativa, portata allo studio. S’interessava alle stelle e si appassionava all’astrologia. Se non fosse stata figlia di re, sarebbe stata considerata una strega, e infatti si sussurrava di sue pratiche magiche.

I genitori non l’amavano, e la mandarono praticamente in esilio in un cupo castello, nell’ancora più cupa Burgos. Lì per conoscerla l’avrebbe raggiunta il suo promesso sposo Filippo il Bello, e se più d’un Filippo è stato chiamato così, a quel che si racconta questo Filippo bello lo era davvero. Era figlio dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo e di Maria di Borgogna, e naturalmente si avviava rassegnato ad un matrimonio politico con una problematica sposa, circondata già da una fama di stranezze e forse capace di malefici.

La selvatica, visionaria infanta non gli fece buona accoglienza, anzi lo gelò addirittura. Continuò a rifiutarlo anche dopo le nozze, cosa che a un certo punto divenne oggetto di chiacchiere se non di scandalo a corte. Schiacciato, meglio; annientato da quel pervicace rifiuto, il giovane Filippo parve perdere tutta la sua baldanza. Il suo amore per la vita parve abbandonarlo, e con esso la vitalità. Egli, che tanto aveva amato le gaie compagnie e i piaceri terreni, pareva perdere di materialità fino a fare temere per la sua vita. Una profonda malinconia lo consumava, laddove invece ora Giovanna s’interessava a lui, come se ad un tratto fosse stata raggiunta nel suo mondo lontano da quel dolore. In modo del tutto inatteso, tra i due esplose un sentimento fortissimo, possessivo, che sembrava escludere ogni altra cosa.

Anche questo, pare, non fosse ciò che si desiderava. L’amore è un sentimento anarchico, rivoluzionario, che mal si addice ai piani della politica. I due giovani erano, insieme, ingovernabili. Il “problema Giovanna” si era raddoppiato. Furono incoraggiati ad intromettersi tra gli sposi gli amici di lui, donnaioli, giocatori e gaudenti; Giovanna era innamorata e gelosa perché Filippo, attirato nel vortice degli antichi piaceri dapprima resistette, poi finì per cedere, sottraendosi sempre più a quello che definiva forse l’incantamento di sua moglie, di cui ora gli pareva di essere stato vittima.

Un viaggio a casa, un lungo soggiorno lontano dalla affascinante e inquietante Giovanna, contribuirono a farlo sentire più che mai distaccato e disamorato al suo ritorno: avanzava pretese, che Ferdinando d’Aragona non prendeva in considerazione, ma dall’una parte e dall’altra, ora per smentirla, ora per affermarla, la vera o presunta pazzia di Giovanna, della quale ormai si parlava apertamente, era un’arma da usare a propri vantaggio per entrambi.

Fine prima parte
La seconda e ultima parte verrà pubblicata la prossima settimana 

Per contattare Leila Mascano: [email protected]

Da Giovanna Gazzola
Inviato il 09 novembre a 17:11
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Che bella sorpresa leggere di Giovanna e che l’autrice sia Leila Mascano. Ho un aneddoto legato al primo anno della scuola media. Il giovanissimo professore di matematica, non ancora laureato, si rivolgeva a me chiamandomi “Giovanna la pazza che uccise sette mariti” Una sciocchezza storica – dico io – che in seguito accertai i fatti e ulteriormente mi documentai, una quindicina di anni fa, con la bella biografia di Edgarda Ferri “Una regina ribelle nella Spagna dell’inquisizione”.

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