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FORZA MAGGIORE di RUBEN OSTLUND

Creato il 22 maggio 2015 da Viga
Il cinema che amo è quello che indaga la sottile linea grigia che separa una vita normale, tranquilla, salda nelle piccole e quotidiane felicità e l'infelicità dovuta al non saper gestire un ruolo, a cercare soluzioni individualiste che spesso portano apparenti felicità. Mia convinzione che essa ( the fuckin happiness) sia ritrovabile nelle persone che noi riteniamo mediocri (perché sposate con la stessa persona da decenni e con famiglia al seguito) e non certo a chi scappa dalle sue responsabilità sociali e individuali. O non le sa ( non vuole) gestire.
Per fortuna mia ci sono i cineasti scandinavi e danesi. Io amo profondamente e in modo viscerale, il loro modo di rovinarti anche le migliori giornate.  Masochismo, eh!
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Forza Maggiore, chiaramente, appartiene alla categoria.  Prima di cominciare un avvertimento: non è un banalissimo e scontatissimo film contro la famiglia e il matrimonio. Vi piacerebbe, ma è la lettura più immediata e fuorviante, tipica della società dei e delle singles anche in coppia, ma vi dico: non è questo.
Sicché, o caro il mio saccente e petulante occhialuto, svelaci il segreto. Di che parla?
Cominciamo dall'inizio. Una apparente allegra famiglia svedese ( ma tu sai che non esistono persone felici in Svezia, quindi sai che capiterà a loro qualcosa) passa un periodo di vacanza in montagna. Sciano, passano un po' di tempo insieme, poiché il padre è sempre impegnato con il lavoro. Già qui partiamo male. Il tempo da passare insieme è fondamentale, sopratutto con i figlioli e infatti l'uomo è abbastanza impacciato e la donna si accorge che non sarà proprio la vacanza dei loro desideri. Sai quelle piccole fratture nel rapporto, taciute, quelle che desideriamo non vedere. Ecco, quelle! Tornano a galla prima o poi e son dolori. La famiglia in ogni caso sta cercando faticosamente un equilibrio interno.  Nell'albergo trovano una connazionale : una di quelle che seguono i rituali borghesi dell'individualismo sentimentale e sessuale, anche se sei sposata. Che io sono io e l'utero me lo gestisco come un'azienda, un supermercato. Nella più totale solitudine, ma convinta di essere felicissima e moderna . La parola chiave: moderna. Donna che cambia partner stancamente, come sono tristi le sue serate di sperma e vino, e l'ottusità di creder che il suo comportamento vada benissimo per le figlie ( loro sono felici, dirà a un certo punto ma è una sua convinzione campata in aria) a questa compagnia allegra si uniranno un amico di famiglia con la sua giovanissima amante.
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Quindi già l'introduzione ti fa notare come ci si ritrovi in pieno film nordico. Aspetti solo la tragedia. E non ti preoccupare che arriva.
Una valanga. Di quelle causate (per non so quale motivo) quelle che dovrebbero esser controllate e invece non ci riescono del tutto. Il padre fino all'ultimo ( anche quando è chiara la situazione di pericolo) sminuisce il problema, fino a quando la neve sovrasta la terrazza dove stanno mangiando la colazione. Lui scappa . Riscrivo: scappa. Lasciando figli e moglie in una situazione di pericolo mortale. Che per fortuna non avviene. Nessuno si fa male.
Da quel momento scatta la progressiva disgregazione della famiglia, quello che era sepolto viene a galla. L'uomo non vuole prendersi le sue responsabilità, che sarebbe ammettere la sua fuga. Si nasconde dietro a tanti non ricordo, cerca di evitare un chiarimento con la moglie. La donna è l'unica che cerca  di mantenere un equilibrio (molto fragile) sia sulla famiglia, che sul fatto appena successo.
Lei è la nostra guida verso il  tema centrale: come ci comporteremmo noi? Scapperemmo o no? Facile essere eroi in sala, ma nella realtà? E chi l'ha detto che la codardia non sia un fatto naturale? La sopravvivenza atto estremo di individualismo o gesto umanissimo, che dovremmo comprendere. Anche se quel gesto significasse l'abbandono della famiglia , dei nostri figli?
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L'incapacità di conoscersi e di comunicare con gli altri ci porta a fare scelte certamente naturali, ma non per questo giuste. Questo tema è presente nella pellicola. Se  pensassi solo a te ( sia quando scappi dalla valanga sia quando ritenendoti donna libera non tieni conto dei sentimenti altrui e ti affanni alla ricerca di una fragile felicità di pochi minuti) la situazione ti sfuggirebbe di mano facilmente. Gli altri esistono nonostante tutto e ti chiedono una spiegazione dalla quale non puoi né nasconderti né fuggire. Perché questo servirebbe solo a creare ulteriori distanze.
Il protagonista fa proprio questo. D'altronde come biasimarlo. Nella società occidentale conta solo l'Io che deve esser libero e indipendente dai legami sentimentali, dalla condivisione, empatia, da tante cose. Importa solo l'individuo e la sua felicità materiale ed istantanea. I personaggi di codesta pellicola soffrono tutti di questa malattia dell'anima. Tutti.
L'unica che cerca di far qualcosa è la moglie .Sbagliando, non riuscendo a governare la situazione, ma cerca .Lei ha compreso che la nostra vita è una lunga strada fatta di responsabilità e scelte , e queste presumono un impegno e un "sacrificio" verso i quali non possiamo far finta di nulla e scappare. Lo spiega benissimo al marito e alla loro amica ( bellissimo il dialogo tra le due, dove viene fuori il nulla assoluto delle fragili libertà entrate nel vivere e pensare quotidiano, quindi nemmeno ribelli e rivoluzionarie,ma pateticamente borghesi) invano.
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A questi personaggi soli, smarriti, immaturi si associa la coppia formata da un amico della coppia e la sua nuova compagna, una ragazza molto più giovane di lui. Proprio lo sfogo amarissimo della moglie del protagonista , scatenerà una lunga riflessione sul loro rapporto. Lasciando emergere contrasti e insicurezze. Anche i tentativi dell'amico di dar una mano alla famiglia in crisi si mostreranno errati e frenati da quella che potrebbe sembrare timidezza o imbarazzo, in sostanza è solo : non saper dialogare, aprirsi, agli altri,
Un film di grande potenza morale, con personaggi veri più della vita, un'opera amara e profonda. Una di quelle pellicole che spingono a riflettere sulle nostre debolezze, non permettendoci di raccontare frottole prima di tutto a noi e poi agli altri.
Imperdibile

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