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Forza Nuova, Berlusconi e la violenza rimossa

Creato il 11 settembre 2013 da Pietro Acquistapace

In questi gioni si stanno accavallando due notizie che a prima vita sembrerebbero non avere nulla a che fare, ma che in realtà dicono molto della cultura politica propria del momento storico che stiamo vivendo. Stiamo parlando del Boreal Festival, un raduno europeo organizzato nel comasco da Forza Nuova e della decadenza di Silvio Berlusconi.

Entrambe le situazioni rivelano l’incapacità della sinistra italiana di affrontare qualsivoglia questione, imponendo un proprio punto di vista. Sembra quasi che questa parte politica viva solo per farsi perdonare il proprio passato, cercando a tutti i costi di far dimenticare la propria storia, arrivando al paradosso di un paese spaccato in due lungo linee immaginarie. In Italia siamo ancora alle prese con fazioni comuniste e anticomuniste, del tutto decontestualizzate. Con il risultato di una vita politica sempre più lontana dalla realtà, ed una popolazione priva degli strumenti di approfondimento attraverso i quali superare una partecipazione intesa come tifo da stadio.

La sinistra italiana riesce a restare unita grazie alla sua tradizione leninista, dove ognuno ha una sua funzione, in vista del raggiungimento di obiettivi comuni. Questo permette la coesistenza dell’antifascismo dell’ANPI, del classismo della CGIL e di un PD sempre sull’orlo del liberismo. Ma il problema sono gli obiettivi comuni, che non esistono più. Non esiste infatti un progetto di futuro proveniente da sinistra, e che sia condiviso dalle varie componenti, ma esiste solo una gestione del quotidiano tesa verso quello che è rimasto l’unico scopo: l’autoconservazione. La sinistra ha il terrore del mutamento dello status quo, e da questa angolazione va vista la reticenza assoluta nell’attaccare Berlusconi, arrivando al punto di far salire nei sondaggi elettorali un politico fresco di condanna per frode.

La ferocia con cui la sinistra difende lo stato di cose esistente è lampante in ambito culturale, e nello specifico affrontando il tema antifascista. Incapace di fare i conti con un passato prossimo (che potremmo far risalire al 1956) la sinistra si è arroccata dietro una serie di parole d’ordine relative al passato meno recente. La Resistenza è diventato il mito fondatore di un regime che non si è sviluppato, impedendo alla sinistra italiana una svolta davvero liberal-democratica. Senza entrare nel merito dei fatti storici, ma limitandoci all’aspetto simbolico, in Italia si è creato un vero e proprio mito resistenziale intoccabile e non scalfibile, favorito anche dal vero partito storicamente conservatore in Italia, ossia il PCI.

Lontane reminiscenze marxiste, unite ad una vita politica fatta di slogan e non di ragionamenti, rendono la sinistra scientificamente arrogante, non riuscendo a capire che la democrazia  è condivisione, rifutando invece di accettare che altri pensino le cose diversamente, e rincorrendo i ceti medi in una società sempre meno democratica e più individualista. Ma tutto questo a parole, con l’assurdità di voler la “conversione” dei propri avversari, ed il voler vedere riconosciuta la giustezza delle proprie posizioni. Il mantra grillino del volere il 100% dei voti è profondamente di sinistra, ma dove si dispiegano tutti i paradossi della sinistra è nelle strade, quando tutto l’armamentario ideologico non serve a nulla di fronte alle regole, brutali, del territorio. E si arriva all’antifascismo che fa contromanifestazioni a decine di chilometri di distanza, che rifugge il contatto fisico con i nemici ma allo stesso tempo urlando parole sanguinarie, accompagnate tuttavia da appelli alle istituzioni, quasi a voler delegare l’uso della violenza; salvo poi attaccare le stesse quando non rispondono ai desideri antifascisti.

La sinistra non capisce che senza abbattere il bozzolo cristallizzato della retorica ideologica non farà che rendersi sempre meno credibile, finendo a dover turare le falle con provvedimenti sempre più drastici, pena l’estinzione di sé, in una sorta di stalinismo democratico il cui unico punto d’arrivo non potrà che essere la difesa, costi quel che costi, della propria poltrona, mancando altri obiettivi. Il tutto accompagnato, probabilmente, dal disprezzo per chi vota altrove. E lo schieramento di un movimento come SEL per un politico come Matteo Renzi dice molto sulla mancanza a sinistra di una progettazione a lungo termine. Forse la fascinazione della sinistra italiana per gli Stati Uniti, ma soprattutto del suo sistema sociale, potrebbe essere dovuta proprio al non accettare pienamente il gioco democratico, cercando soluzioni che salvaguardino l’ideologia di fondo, ovviamente un’ideologia celebrativa senza una partecipazione troppo attiva (e con l’illusione democratica delle primarie). Tuttavia con la rimozione del tema della violenza, con la conseguente incapacità di gestire il dissenso, il grande rischio è lavorare conto terzi.


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