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Fossi f(r)igo

Da Miwako
Non ho mai capito perché, fino a qualche anno fa, i frigoriferi di cui la maggior parte delle cucine italiane veniva dotata alla nascita, constasse di minuscoli rettangoli tridimensionali, incastrati nel legno. In un posto che vanta una tra le migliori cucine al mondo, dove l'attenzione per la qualità è altissima, dove il consumo e la varietà di frutta, verdura, latticini freschi è nettamente superiore alla media mondiale, in un posto dove mangiare  sano, mediterraneo è la regola e non l'eccezione, com'era mai possibile che il frigo medio di una cucina media di una famiglia media, avesse le dimensioni di tre scatole da scarpe impilate?
Lo so com'è possibile, lo so che uno dei parametri cui si lega la qualità è la freschezza degli ingredienti, comprati quindi -teoricamente- di giorno in giorno; ma i ritmi crescentemente forsennati, la progressiva riduzione del numero di casalinghe in proporzione all'aumento di madri lavoratrici, la scelta del supermercato perché "anche se era super, ora, chi c'ha più tempo per andare al mercato?", sono cambiamenti sociali che si erano sviluppati da un pezzo quando i superfrigoriferi hanno fatto la loro comparsa.Quelli "normodotati", che venivano insieme ad una cucina intera, l'hanno fatta da padrone almeno per un ventennio in più del dovuto, mettendo le famiglie nella condizione di comprare con le modalità e le quantità consone ai tempi, dovendo però stipare il tutto in una macchina del tempo congelata nella generazione precedente.Se pensate alla velocità con cui, che so, i "telefoni" (qualora fosse ancora legittimo chiamarli in questo modo) si superano l'un l'altro, diventano obsoleti nel giro di qualche mese, tendendosi imboscate a suon di App e funzioni assolutamente inutili, è incredibile la tenacia con cui queste scarpiere climatiche al CFC, progettate e prodotte da persone probabilmente defunte da quarant'anni, siano riuscite ad imporre la loro presenza ben oltre il ragionevolmente funzionale, oltretutto in un ambito ben lontano dall'essere ludico.Che sia il segno di una tradizionalità dura a morire, per lo meno negli ideali delle famiglie italiane?Non so, fatto sta che si sono conservati bene.Wahahahaaa, questa era terribile.
Io non so voi, ma prima dell'avvento di quel baraccone che ora si prende quasi mezza parete, in casa dei miei, era una continua lotta all'incastro, alla ridistribuzione, quasi al limite della blasfemia; petti di pollo che tentavano un triplo carpiato nel barattolone di yogurt, affettati con mire omicido-soffocamentali nei confronti di innocue pesche noci, coalizioni di uova dissidenti, pronte a farsi esplodere nei pressi di inermi panetti di burro; insomma, era sempre un gran casino.Impensabile sfilare quel cetriolo da là sotto senza creare scompensi nella letterale rappresentazione della piramide alimentare, era come giocare a shangai!Per non parlare del congelatore, grande quanto il letto di Barbie! Estrarre qualcosa di lì, significava estrarre un cubo informe di roba varia e: A) scongelarla tutta e mangiare scaloppine in salsa di minestrone con crumble di cucciolone motta; B) prendere a martellate il tutto sperando di porre fine al temibile incesto di cibi e sapori stipati come nemmeno le conigliette del vecchio Hugh (Hefner) in "riunione".
Ora, invece, aprire il frigo di questa casa, è come ascoltare un'aria di bach; c'è una pacifica armonia, una bilanciata coesistenza, e, molto semplicemente, ogni cosa ha il suo posto, o lo trova facilmente, senza dover sgomitare o pagare il pizzo cedendo una coscia alla mafia ortofrutticola locale.Non v'immaginate chissà che, non è un bilocale soppalcato; per capirci, un cadavere ci entrerebbe solamente piegato e dopo aver tolto i ripiani, ecco. E' più che sufficiente per una famiglia di 4/5 persone.E lo sapete qual è la cosa bellissima? Che le calamite, finalmente, possono stare tutte insieme nell'unico posto in cui dovrebbero stare per poterne giustificare la produzione.
Il frigorifero dei miei è enorme, color panna e con due grosse maniglie a forma di arco, ricoperte di quella specie di finta radica così terribilmente anni '90; sembra uscito direttamente da "genitori in blue jeans", un po' per il design, un po' per la grandezza, decisamente da famiglia americana più che italiana. In realtà, ero venuta qui per raccontare di come questo frigorifero sia una legenda familiare, di come rappresenti un punto nevralgico della casa, di come, aprendolo, le abitudini di un'intera famiglia si rivelino chiaramente, di come, chiudendolo, si possa scoprire che facce avevamo mio fratello ed io da bambini, dei proverbi a tema che mia madre non vuole dimenticare, dei posti in cui siamo stati degnamente rappresentati da kitschissime calamite, dei bigliettini illustrati che ci siamo lasciati sul tavolo negli anni; ma questa, è davvero un'altra storia.


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