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Fotografia e psiche

Da Psychomer
by Angela Sofo on ottobre 8, 2012

E’ risaputo che l’arte, la danza ed il teatro sono degli strumenti preziosi in ambito terapeutico, meno conosciuto forse è il rapporto tra fotografia e psiche. Judy Weiser, psicologa, arteterapeuta e precursore delle tecniche di fototerapia, è sicuramente la maggior esponente del settore nonché direttrice del PhotoTherapy Centre di Vancouver. Secondo la studiosa, la fotografia sarebbe infatti un ulteriore mezzo attraverso il quale lo psicoterapeuta può favorire la narrazione di sé e l’esplorazione dei vissuti emotivi del paziente. Recentemente, due ricercatori olandesi interessati all’argomento, hanno pubblicato uno studio con lo scopo di dimostrare l’efficacia della fotografia nell’intervento terapeutico con pazienti psichiatrici.

Gli autori parlano del potere “ermeneutico” della fotografia; le immagini scattate che spesso simboleggiano frammenti di vita, giocano un ruolo importante nell’espressione verbale e nella rievocazione, agevolando una riformulazione delle esperienze vissute, sollecitando il racconto e contribuendo a dare un significato ed un’interpretazione nuova alla propria storia e condizione fisica. La malattia infatti, non solo influenza il benessere fisico e psicosociale di una persona ma si ripercuote anche sul modo che i pazienti hanno di percepire se stessi. Attraverso un processo di associazione e proiezione, le immagini si caricano di impressioni, sensazioni e ricordi creando connessioni simboliche e metaforiche prima sconosciute.

A questo studio ha partecipato un gruppo di pazienti psichiatrici (non gravemente deficitari) in fase di riabilitazione e risocializzazione presso una clinica di salute mentale. Il compito a loro assegnato consisteva nel creare una raccolta di scatti fotografici che rappresentassero i momenti della loro vita, i loro desideri e i loro obiettivi. In seguito furono organizzate delle sessioni di gruppo condotte dai terapisti occupazionali e dagli infermieri del Centro ed ogni paziente fu incoraggiato a dare un significato ed un’interpretazione alle immagini scattate. Lo scopo dell’intervento consisteva nel fare in modo che i pazienti entrassero in contatto con le loro risorse interiori e le loro forze individuali.

Come tecnica di intervista fu impiegata la “foto-stimolazione” che utilizza le fotografie scattate per suscitare ricordi, commenti e discussioni all’interno della sessione terapeutica. Le storie raccontate e condivise con gli altri membri del gruppo permettevano inoltre di trattare problematiche comuni tra i partecipanti e favorire di conseguenza un feedback reciproco.

La ricerca porta come esempio il caso di Boris, un uomo di 49 anni in cura per scompenso psicotico, depressione e obesità. Alla richiesta di fotografare persone od oggetti a lui cari, egli ritrasse due paia di pantaloni di taglia differente; una molto più grande rispetto all’altra. Quando gli fu chiesto di dare un significato all’immagine da lui scattata, Boris spiegò la difficoltà che provava nel perdere peso; desiderava farlo ma per riuscirci era consapevole di aver bisogno di aiuto. Un’altra fotografia lo mostrava in sella alla sua bicicletta: per Boris la bici simboleggiava una sfida e allo stesso tempo un supporto. Lunghe pedalate ed esercizio avrebbero significato per lui la possibilità di riuscire a dimagrire. Una terza immagine rappresentava un ulteriore risorsa sulla quale fare affidamento per raggiungere il suo scopo: il suo cane Max. Il bassotto, spiegò Boris, camminava più velocemente di lui e per tenergli il passo sapeva che avrebbe dovuto combattere la sua pigrizia; un buon incentivo contro la sedentarietà che gli impediva di perdere peso. Le osservazioni effettuate dai ricercatori rilevarono come inizialmente Boris fosse reticente a parlare del suo problema di peso davanti agli altri membri del gruppo; ironizzava sulla sua situazione, prendendosi gioco di se stesso. Soltanto nel corso della sessione terapeutica, con l’aiuto dei professionisti e il supporto dei compagni, Boris riuscì a rilassarsi e a narrare la sua storia attraverso le immagini da lui scattate ed entrando in contatto con gli aspetti più privati di sé. La possibilità di esporre le sue fotografie e le reazioni positive delle persone accanto a lui gli fecero riguadagnare fiducia nelle sue capacità e rafforzarono il suo impegno e la sua costanza nel raggiungere il suo obiettivo di dimagrimento.

Lo studio effettuato ha evidenziato l’efficacia della fotografia ermeneutica: un semplice sussidio visivo può aiutare le persone con disabilità psichiche a narrare la loro storia, a guadagnare un maggior controllo delle loro vite, a ricostruire quel senso di identità spesso compromesso dalla malattia e ad aiutare il paziente ad assumere le vesta di agente morale di se stesso, di fautore della propria crescita.

 Per chi fosse interessato all’argomento consiglio i seguenti siti:

http://www.phototherapy-centre.com/italian.htm

http://fotografiaepsicologia.wordpress.com/

 Bibliografia

Sitvast J.E., Abma T.A., The Photo-Instrument as a Health Care Intervention. Health Care Anal. 2012 June; 20(2): 177–195. Published online 2011 May 20. doi: 10.1007/s10728-011-0176-x


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