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Fra cori angelici e risate infernali

Creato il 16 aprile 2011 da Viadellebelledonne
Fra cori angelici e risate infernali

La musica delle origini era monodica e utilizzava uno stile detto melismatico.
*Il coro affonda le sue radici nel passato, e si attribuisce l’invenzione “moderna” di questa pratica musicale agli antichi greci (coro greco)* i quali la utilizzavano nel teatro, durante lo svolgimento delle tragedie, come voce narrante esterna alle scene.
Fin dall’antica Grecia al coro era affidato il compito di eccitare dionisiacamente l’animo degli ascoltatori fino al punto che essi, quando l’eroe tragico compare sulla scena, non vedano già l’uomo grottescamente mascherato, bensì una figura visionaria partorita per così dire dalla loro stessa estasi[1].
Durante il Medioevo l’influsso del pensiero cristiano attribuisce al coro il riflesso terreno dei cori paradisiaci e dal IV secolo la parola coro inizia ad indicare l’atto compiuto dai chierici.
Attorno al 1100 emerse una tecnica detta eterofonia, derivata probabilmente dal canto popolare, in cui allo stile melismatico viene legata una vox principalis che intona la melodia.[2] Di questo periodo anche i tropi simultanei, composizioni multi testuali anticipatrici del mottetto.
È certo che la recitazione di poesie avesse un accompagnamento musicale. Un esempio è offerto dalla raccolta profana dei Carmina Burana, in cui sono conservati i testi dei canti dei chierici vaganti attorno al XII secolo.
Al musicista italiano, Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), si deve attribuire la riforma del canone stilistico della musica sacra cattolica. Il corpus delle sue opere, 100 messe, 375 mottetti e più di 300 altre composizioni, diventarono, nei secoli a seguire un punto di riferimento per la musica liturgica.
Nello stesso periodo, nel circolo fiorentino della Camera de’ Bardi, veniva prodotto in due versioni, il dramma musicale di Euridice, impiegando una tecnica nuova detta recitar cantando, da cui nel seicento Claudio Monteverdi avrebbe derivato il melodramma.
La musica espressiva occidentale ha assunto dall’inizio del XVII sec l’espressione che il compositore assegnava alle sue creazioni. La musica per il teatro, vera musica ficta, da Monteverdi a Verdi un modo di espressione stilizzato e immediato, che altro non era se non l’apparenza delle passioni.[3]
Tra le pratiche moderne di composizione musicale, il contrappunto doppio[4] esercita tra i compositori un fascino originale. È una particolare tecnica di scrittura musicale in cui due linee melodiche concomitanti possono scambiarsi indifferentemente tra di loro in maniera che la parte superiore diventi inferiore e viceversa.
Lo Sprechgesang * è uno stile di canto/parlato affermatosi attraverso le composizioni di Arnold Schönberg (1874 -.1951), maturato all’interno dell’espressionismo tedesco. * Wikipedia

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Un aspetto caratteristico della concezione nietzschiana della “cultura tragica” è l’intimo intreccio tra sapienza ed estetica.
La singolare visione del mondo ellenico proposta da Nietzsche si ispira all’estetica musicale di Shopenauer e al dramma musicale Tristan und Isolde di Richard Wagner. La sua attenzione è sulle relazioni che il “mito” tragico e la musica intessono e come quest’ultima rappresenti l’espressione simbolica della saggezza dionisiaca contenuta nella tragedia greca[5].
La tragedia raggiunge il suo vertice quando, giunta ai limiti della sua “visibilità apollinea” comincia a parlare con “sapienza dionisiaca”. In questo senso la tragedia simboleggia per Nietzsche “il legame di fratellanza “ tra Apollo e Dioniso.
La musica tedesca quale dobbiamo principalmente intendere, nel suo potente corso solare da Bach a Beethoven, da Beethoven a Wagner
Quello che Nietzsche intende per musica tedesca, potrebbe esser definito come una messa in scena di un avvenimento universale, rappresentato dall’unione pura di ritmo e melodia, unione questa che esprime allo stesso tempo un avvenimento psicologico primordiale[6].

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La crisi del linguaggio musicale occidentale che portò dopo Wagner[7] alla cosiddetta crisi del campo tonale, inteso come lo spazio sonoro entro il quale la sensibilità musicale si era mossa dal medioevo fino al secolo scorso, è dovuto all’introduzione dell’elemento irrazionale nel campo razionale matematico.[8]
La contemporaneità storica di Beethoven (1770 – 1827) e Hegel (1770 – 1831) consente di analizzare analiticamente la situazione della società moderna, vedendo nella crisi del sistema tonale una metafora della crisi delle chiavi interpretative della società capitalistica avanzante.
La musica moderna, sostiene Adorno, riscuote oggi il debito antichissimo del privilegio. La dialettica hegeliana del servo padrone si frantuma, ciò che rimane è l’Oberhrr, il padrone supremo[9]. La borghesia, in nome della libertà dal dominio feudale aveva evirato il proprio spirito.
L’unica comunicazione allora possibile poteva avvenire tramite il medium dell’angoscia, in quel vuoto sostanziale che circondava ora la società.
Il primo musicista a mettersi in posizione soggettiva è Beethoven con la sonata per pianoforte n. 32 in Do minore, Op. 111, composta tra il 1821 e la primavera del1822.
L’analisi accorata di Wendell Kretschmar, organista del romanzo manniano Doctor Faustus,[10] chiarisce:

[…] e come se il tema di cento destini, cento mondi di contrasti ritmici, finisse col perdersi in altezze vertiginose che si potrebbero chiamare trascendenti o astratte, cosi l’arte di b. aveva superato se stessa.[11]

Un nuovo rapporto tra elementi soggettivi e convenzione si era instaurato sotto il segno della morte.
Un terzo tempo dopo un addio era impossibile. La sonata era giunta alla fine per elevarsi nel terreno spettrale del mito, il secondo tema era il commiato della sonata.[12]
Nella storia della musica adorniana, il contrappunto armonico, in termini politici rifletterebbe l’ideale modello estetico, rappresentante della pluralità del modello democratico.
La simultaneità delle voci senza i loro accordi provocherebbe però la perdita della singolarità. Adorno, precedendo la riflessione di Habermas, da cui discende la totalità non violenta, perviene così al concetto di integrazione collettiva.

[…]in sociohistorical terms, beethoven’s life as a composer streched from the “heroic” phase of the emergent bourgeoisie to its decline into the refying conditions of monopoly capitalism. […] alienated from the collectivity, and disempowered by the capitalist mode of production […]in the name of ensuring”the lawfulness of all relations among elements,” the tonal system ” concealed the unfreedom of the individual tones and the force with which they were constrained in their relations”. [13]

Mentre l’espressione polarizza la connessione musicale verso i suoi estremi la successione degli estremi costituisce a sua volta una connessione. In questo senso possiamo considerare la dodecafonia, come integrazione di ciò che è isolato.
Adorno è pienamente consapevole delle rischiose implicazioni del sistema inventato da Schönberg.
Integrazione, di una società le cui basi dell’alienazione continuano ad esistere immutate, mentre la giustificazione degli antagonismi è eliminata dalla soppressione.

L’oggettivismo, cioè l’obbligo alla costruzione esatta è l’espressionismo nella sua altra natura.
La protesta soggettiva si seda qui nella scrittura protocollare. La vita istintuale degli accordi viene repressa, tutto diventa materiale. Questa musica, così rigidamente e univocamente fissata, , trascende il soggetto, abbandona la visione particolare, diventando oggettiva.
Ora, a questo super-io così gonfiato l’io può apparire estremamente minuscolo, tutti i suoi interessi di scarso peso, e può accadere facilmente che il super-io, in questa nuova ripartizione dell’energia, reprima le possibilità di reazione dell’Io[14].
La dodecafonia statica dà un aspetto reale, alla suscettibilità della dinamica musicale di fronte al ritorno imponente di un elemento identico: tanto il suono che ritorna prematuramente, come quello libero, casuale di fronte all’insieme viene reso tabù.

[…]nazi rhetoric legitimated the irrational agenda of genocide with appeals to neo-romantic nostalgia for spontaneity, the actual implementation of this agenda exemplified the “razional spirit, principle of efficency, (and) scientific mentality[15]

[…]the composer is prepared to return music to its material objectivity by sacrificing his own subjective agency.[16]

Assolutizzando l’idea dell’integrazione contrappuntistica, la dodecafonia aveva eliminato il principio del contrappunto in forza del fatto di averlo reso totale.
Il contrappunto infatti, ha diritto di esistenza solo laddove esiste qualcosa che gli si oppone e a cui esso viene “sovrapposto”. Dove non c’è più una tale priorità di un elemento essente in se musicalmente- e con cui esso possa cimentarsi- il contrappunto diviene uno sforzo vano e scompare in un continuum indifferenziato.
Nella dodecafonia tempo e intervallo si separano, e tutti i rapporti di intervalli vengono determinati una volta per tutte dalla serie e dalle sue derivazioni. Adesso gli intervalli sono ridotti a semplici elementi di costruzione e tutte le esperienze che rientravano nella loro differenziazione sono perdute.
Finché l’arte, costruita secondo le categorie di produzione di massa contribuisce, all’ideologia imperante e la sua tecnica è una tecnica di oppressione, quella priva di funzioni avrà una sua funzione: essa sola nei suoi prodotti più maturi e coerenti rifletterà l’immagine della repressione totale, ma non ne convalida l’ideologia.
Il musicista che vuol essere in un presente che guardi al futuro e non in un passato prossimo che si atteggia a presente, ogni sua scelta deve essere “oggettiva” ossia non contaminata da influenze esterne.
Si può ritenere che la mansione più intima delle opere sia quella di sottrarsi appunto alla dialettica cui obbediscono. Le opere reagiscono al dolore della costrizione dialettica:essa è per loro l’insanabile malattia che l’arte ha contratto per necessità.
Il compositore è costretto però ad ammettere la fragilità del sistema da lui stesso creato, ricorrendo in più, ad artifici da acrobata per ricondurre entro un limite sopportabile la pretesa del linguaggio da lui stesso creato.[17]
Le innovazioni formali di Schönberg erano strettamente legate al contenuto d’espressione e servivano a farne erompere la realtà. Le prime opere atonali sono protocolli onirici psicanalitici
L’oggettività vien posta soggettivamente. non c’è più alcuna genuina interazione tra l’insieme e la parte: l’imperioso dispotismo sul tutto scaccia la spontaneità dei momenti singoli.[18]
Il contributo forse più determinante di Arnold Schönberg è l’invenzione della dodecafonia dove una composizione di dodici note detta serie, si ripete all’interno della partitura musicale, dove una nota non può essere ripetuta prima che la serie si esaurisca.
Schönberg accettò la costrizione formale proprio in forza della contraddizione ormai giunta all’estremo. Un’ostinata rigidità.
Il problema posto dalla musica dodecafonica al compositore non è come possa essere organizzato un senso musicale, quanto come possa l’organizzazione acquistare un senso: e quello che Schönberg ha prodotto da 25 anni a questa parte è tutto un progresso di tentativi verso la risoluzione di questo problema.
In una musica in cui ogni singolo suono è determinato perspicuamente dalla costruzione dell’insieme Il soggetto della musica nuova è quello reale, emancipato, abbandonato nel suo isolamento della fase tardo borghese. Questa soggettività reale, ed il materiale che essa plasma senza residui, fornisce a Schönberg il canone dell’oggettivazione estetica.
La dodecafonia, analizzata da Adorno nel suo scritto teorico, è la stessa che Thomas Mann usa nel Doctor Faustus, per caratterizzare la figura del compositore Adrian Leverkun, l’alter ego del musicista moderno sempre sospinto tra costruzione e annientamento.

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Avendo la stessa origine nel processo sociale, ciò che sembra puro e semplice auto movimento del materiale scorre nello stesso senso della società reale. Per questo la lotta del compositore con il materiale è anche una lotta con la società[19].
Da qui lo sforzo per ricreare, con la musica quella stessa esattezza cosmogonica, quella volontà di violentare la materia del pensiero secondo norme capaci di sottometterla, assoggettandola al dominio della ragione.
L’indagine di Adorno nasce da una complessa analisi del linguaggio musicale interpretato analizzato messo a nudo come specchio della nostra civiltà. I critici sostengono che questo libro sia forse il più clamoroso di interpretazione della crisi musicale contemporanea.
[…]La savia intransigenza della sua critica era è proprio quello che mi ci voleva: la crisi generale della civiltà e della musica in particolare costituivano il fondamentale del mio libro: la vicinanza della sterilità, la disperazione innata e predisponente al patto col diavolo dell’artista moderno, il quale in un epoca di totale saturazione dei linguaggi tenta di rinnovarsi ma precipita nella follia.[20]

[…]only foreground and rapresentation, only a paradigm for something more in general, only a means to express the situation of art in general, of culture, even man and the intellect itself in our social critical era[21]

Anche Michael Mann nota come Mann abbia utilizzato la tecnica dodecafonica come specchio per riflettere sulla crisi culturale in generale.

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Mann ne romanzo di un romanzo ha voluto pubblicamente riconoscere ad adorno la parte di consigliere e di mentore per la stesura del Doctor Faustus.[22]
Le nozioni che riguardano la cultura specifica storia della musica, come le osservazioni su Beethoven che Kretzschmar espone nell’ottavo capitolo, o il colloquio di Adrian col diavolo esposto nel capitolo 25, sono basate interamente su analisi di Adorno.
L’opera di Thomas Mann sembra a tratti corale, per via della sua magica propensione ad elaborare dati, dove il confine tra il proprio, la finzione e la confessione si fondono in una totalità magmatica.
Il rapporto epistolare che i due intrattennero abbraccia un periodo che va dal 1943 al 1955.
In particolare nella lettera datata 30 – 12 – 1945 Mann, oltre a esplicitare il metodo del montaggio dove il dato storico sfuma nella fantasia,[23] palesa il contributo di Adorno alla composizione dell’Apocalips cum figuris.
Il suggerimento che Adorno diede per la risoluzione del coro fu essenzialmente quello di far combaciare coro angelico e risata infernale. Purtroppo le annotazioni per l’Apocalips non si sono conservate, tuttavia un passo poi eliminato della Genesi del Doctor Faustus fornisce dei dati circa la composizione che Adorno aveva escogitato:

[…]Esporre l’opera al rimprovero di sanguinosa barbarie e a quello di esangue intellettualismo.[24]

[…]Ora, quando cercai di dare un’idea dell’oratorio apocalittico di leverkun, non ho forse accennato all’identità sostanziale della massima beatitudine col massimo orrore? All’intima uguaglianza del coro angelico con la risata infernale? Con mistico spavento dell’osservatore vi si trova qui realizzata una formale utopia di tremenda intelligenza[25]

il contributo di Adorno appare per Dörr talmente considerevole da poter considerare quest’ultimo come un coautore del Doctor Faustus. Dörr sostiene tuttavia, che pur nell’imponenza del pensiero di Adorno, fondato sulla trinità di Wagner, Schopenhauer, Nietzsche, il suo contributo debba fermarsi alle regole della musica e al rapporto che intessono nella storia del pensiero intellettuale contemporaneo.
Attraverso le teorie estetiche del compositore fittizio adrian leverkun, e l’ideologia fascista del circolo di Winfried e Kridwiss, Thomas Mann sviluppa un tema veramente postmoderno circa il problema del potenziale che ha l’arte di resistere al dominante ordine sociale.[26]
La musica di Adrian presenta suoni violenti, glissando, contrasti ritmici, destabilizzando le associazioni tra dissonanza e armonia. l’Apocalips contiene un momento reazionario, che lo avvicina al marxismo. Presente e passato, riforma luterana e Weimar si uniscono così per indicare la persistenza del bisogno di emancipazione.[27]

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[…]Non sono più le passioni ad essere simulate quanto moti dell’inconscio chocs, traumi, che vengono registrati nel medium musicale.

Non è forse buffo pensare che la musica abbia considerato per qualche tempo se stessa come mezzo di redenzione, mentre, al pari di qualunque altra arte, è lei che ha bisogno di redenzione, di redimersi cioè da un isolamento solenne che era frutto dell’emancipazione culturale e dell’innalzamento della cultura a surrogato della religione, dall’esclusiva compagnia con un’élite di persone colte detta “pubblico” che presto non esisterà più, che già non esiste più, di modo che l’arte sarà presto assolutamente sola, sola da morirne, a meno che non trovi la via del “popolo” o, a dirla con parola meno romantica, la via degli uomini?
Aveva detto tutto ciò senza prender fiato, con voce sommessa e in tono discorsivo, ma con un tremito mal celato nell’accento, che comprendemmo quando conchiuse:

- creda a me: tutta l’atmosfera vitale dell’arte si modificherà e diventerà serenamente modesta, poiché ciò è inevitabile, e sarà una fortuna. Di molte ambizioni melanconiche saprà liberarsi, e una nuova innocenza, anzi una nuova incapacità di nuocere la distinguerà[…]un’arte senza sofferenza.[28]

Unheimlich nella definizione che ne da Shelling è ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto e invece è affiorato[29].
Freud esemplifica questa osservazione confutando che ogni affetto connesso con una commozione, viene trasformato in angoscia qualora abbia luogo una rimozione. Hemlich diventa allora unmlich poiché qualcosa che ci era familiare e che abbiamo rimosso ritorna.[30]

[…]working primarly within the opposition menschlich/ unmennschlich (human inhuman) he identifies fascism with an inhumanity unintentionally abetted by a bold but socially irresponsible aestheticism. altthough liberal humanism proved weak and ineffective agains the forces of darkness, it embodies values that ought to be reaffirmed.[31]

[…]sempre sono stato condannato a ridere nei momenti più misteriosamente impressionanti e, spinto da questo esagerato senso del comico, mi sono rifugiato nella teologia sperando di reprimere il solletico […]ma ho finito col trovarvi un mare di spaventosa comicità[32].

Adrian aveva conosciuto attraverso Schildknapp il vecchio libro che deve considerarsi fonte della maggior parte dei miti romantici del medio evo, la traduzione dal latino della più antica raccolta cristiana di fiabe e leggende.[33]

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Klaus Conrad ha descritto il nascere di una psicosi come una sequenza di tappe, a partire dal trema o terremoto, per poi passare all’apofenia, il “manifestarsi”, cioè l’esperienza dei propri fantasmi ma proiettati all’esterno.[34]
L’esperienza del bordello, come quella di Nietzsche a Colonia, è per Adrian l’evento scatenante della sua psicosi.

Io suono il campanello […]mi viene incontro una madama agghindata […] mi introduce in una stanza luminosa […] sei o sette ninfe figlie del deserto, non so come dire, esmeralde […]

Mi vedo davanti un pianoforte aperto, un amico, senza sedermi tocco due o tre accordi […]era come la modulazione dal si maggiore al do maggiore, […]come nella preghiera dell’eremita nel finale del franco cacciatore .[35]

Questa facezia è Esmeralda, si-mi-la-do-la bemolle.[36]

Serenus intravede nell’episodio qualcosa di sconvolgente:

[…]la più superba spiritualità si contrappone nel modo più immediato all’animalità, al puro istinto, ed è in sua balia nel modo più vile; e questa è la ragione di quell’apprensione che persone come me subiscono di fronte a uomini come adrian nonché la ragione per cui intravidi nella dannata avventura da lui riferita qualche cosa come un simbolo pauroso.[37]
Victor Oswald stabilendo inoltre l’identità tra Esmeralda e Frau von Tolna, avvalora l’ipotesi di Esmeralda come colei che contrae un patto con Adrian.
Del resto ho detto bene: in tutta questa magia si tratta di osmosi, di diffusione nel liquido,d’un procedimento di proliferazione.[38]
Nel venticinquesimo capitolo Adrian parla col demonio. Non abbiamo certezza della data di questo avvenimento, ma la fedele ricostruzione di Serenus Zeitblom permette di intuire uno sviluppo onirico del tempo.
Adrian racconta l’esperienza vissuta una sera nella stanza dell’abate a Pfeiffering mentre leggeva Kierkegaard dove dice del Don Giovanni di Mozart. Improvvisamente un gelo lo colpì in faccia; nella penombra , un uomo, che gli dava del tu voleva parlare di affari con lui. Questo essere si trasformava come fanno le nuvole.[39]
Nella mutevolezza della forma del diavolo è riscontrabile un’eco della teoria porfirina del “corpo aereo” del demone che muta forma a seconda dei loro fantasmi.[40]
Karin Crawford sostiene che quando il diavolo assume i connotati dell’ intelligenzler può essere assimilato sia a Kretzschmar che ad Adorno.[41]
La descrizione delle buie spelonche demoniache , dove non un solo raggio della luce divina filtra, ricorda avventura di Adrian con mister Capercalizie:

[…]Adrian si permise lo scherzo di raccontarmi […]come fosse entrato con mister Capercalizie in una batisfera di soli 1,20 di diametro interno […] regnò tutto intorno il nero perfetto, la tenebra dello spazio interstellare dove non giunse mai il più debole raggio di sole… era fin troppo chiaro che le forme eccentriche, incredibili e orride o ridicole che la natura e la vita si erano permesse laggiù […] non avevano alcuna affinità con quelle terrestri e pareva appartenessero ad un altro pianeta, erano il prodotto della segregazione e della certezza di essere avvolte in tenebre perenni.

Al pari delle creature oceaniche, gli spiriti alti, gli ingegni sublimi costituiscono la popolazione dell’inferno.

[…]ti garantiamo l’energia vitale di ciò che compirai col nostro aiuto,[42] pro anima.

[…]Vuotata la clessidra, avrò io il diritto di usare a piacimento, di guidare e governare la creatura..[43]

La sua vita sarebbe stata fredda, gelida, e la sua produzione sarebbe stata l’unico tiepido calore a lui concesso.

[…]L’amore ti è vietato in quanto riscalda. […]freddo ti vogliamo, tanto freddo che le fiamme della produzione basteranno appena a scaldarti. In esse ti rifugerai dal gelo della tua vita.[44]
L’amore per Rudi, che muore per mano di Ines Rodde, il fallimento della richiesta di matrimonio a Marie godeau ma soprattutto l’amore di Adrian per Nepomuk, fanno intuire una violazione del “contratto”[45].
tuttavia parte della critica concorda con l’ipotesi secondo cui Echo non muore per colpa di Adrian ma per lui.

Similmente Serenus dice:

[…] Mi par quasi di vivere per lui, di vivere al suo posto, di portare il peso che fu risparmiato alle sue spalle, di fargli insomma una cosa gradita vivendo invece di lui.[46]

[…]Mio povero amico! Quante volte […]ho pensato alle parole dolorose ch’egli mi disse quando morì il bambino: […] “non deve essere[47]”. Il bene, la gioia, la speranza non devono essere, è quasi un’indicazione, una didascalia musicale sopra i tempi corali e strumentali della lamentatio doctoris faustii in ogni battuta e in ogni cadenza di questo “inno alla tristezza”.[48]

Il lamento infatti […] è l’espressione stessa[…]; la musica appena sa di essere espressione,nei primordi della sua storia moderna diventa lamento.[49]

La cantata di Faust […]un adagio sinfonico nel quale si trasforma il coro del lamento che attacca con forza dopo il galoppo infernale, ed è per così dire, la via inversa dell’inno alla gioia, il congeniale negativo di quel passaggio della sinfonia al giubilo vocale: è il ritiro[…]. [50]
Esiste anche una contrizione orgogliosa, la contrizione di caino, fermamente persuaso che il suo peccato fosse troppo grande perché lo si potesse perdonare[…] questa soltanto è la vera contrizione, e io avverto che è molto vicina alla redenzione.[51]

[…]l’ultimo suono svanente che si spegne adagio nel pianissimo.

[…]in un rivolgimento interiore verso il proprio essere nulla[52].

Fra cori angelici e risate infernali

Il labirinto – Lamberto di Saint – Omer, Liber floridus,1121 ca.

Come Agamben ricorda: il labirinto appartiene alla sfera dell’apotropaico, cioè di una potenza protettrice che respinge l’inquietante attirandolo e assumendolo dentro di se.
L’opera d’arte, scriveva quarant’anni fa l’espressionista Shonberg, è un labirinto, in ogni punto del quale l’esperto sa trovare l’entrata e l’uscita, senza essere guidato da un filo rosso. Quanto più fitto e complicato l’intrico dei viottoli, tanto più egli sorvola ogni via,raggiungendo la meta. Le vie sbagliate, se ce ne sono in un’opera d’arte gli indicano la direzione giusta, ed ogni più divergente mutamento di cammino lo pone in rapporto con la direzione del contenuto essenziale. p. 117

Fra cori angelici e risate infernali

Libro del diavolo – Bibblioteca reale di Stoccolma

Tra i molti libri rari che lì si trovano si conta pure la Bibbia latina tascabile appartenuta a Lutero nella quale egli ha annotato diverse cose sui margini..

In questa biblioteca si trova anche il cosiddetto “libro del diavolo” che deve esser stato scritto dal diavolo o meglio da un monaco che lo realizzò con l’aiuto dello spirito maligno. Per ottenere il perdono, il monaco prese l’onere di consegnare il libro entro un certo tempo e accettò queste condizioni ma, a causa della manifesta impossibilità di riuscirvi, strinse il patto con il diavolo, e portò a compimento l’opera. Esso è lungo 2 cubiti e largo 1, i fogli sono di pergamena rossiccia ed è scritto in slavonico. Cfr Beckenmayer, Antyquarius, p. 617) citato in Neickel, museografia, p.158

Il Codex Gigas è il più grande manoscritto medievale al mondo. Nell’ultima pagina compaiono due raffigurazioni, la Gerusalemme da una parte e il diavolo dall’altra.

Il codice pare sia stato creato da Herman il Recluso nel monastero Benedettino di Podlažice nei pressi di Chrudim, distrutta nel XV secolo. Nel Codex, il 1229 viene registrato come anno di completamento.

La lettura del libro non fu proibita dall’Inquisizione, nonostante il presunto legame della creazione del Codex Gigas al demonio, molti accademici infatti ebbero possibilità di poterlo visionare e studiare. Molti studiosi moderni di linguistica affermano che il monaco viveva in un isolamento totale che si era auto-imposto, e che abbia impiegato 20 anni per finire il lavoro. Infatti “inclusus” è un termine che non denota una reclusione obbligata, ma un isolamento volontario per motivi religiosi o di penitenza.

Fra cori angelici e risate infernali

Albrecht durer, Melancolia I, 1514.

Molti dei simboli che Thomas Mann richiama nella sua opera sono condensati in questa incisione.

La borsa e le chiavi alludono rispettivamente all’avarizia e al potere.

La guancia appoggiata alla mano è antichissimo simbolo di dolore, ma anche di pensiero creativo, il gesto rinvia all’abundantia melancholiae, cioè il sibilo dell’orecchio sinistro sintomo di precetti allucinatori.

Quanto al cane, è abitualmente associato ai dotti, in particolare ai profeti, tutte persone soggette alla melanconia, troppo “avide” di sapere. Ricorda il tema dell’espiazione, ma anche la necessità di saper compiere auto trasformazioni, i “transiti” essendo un animale che nei miti ha la funzione di psicopompo, di tramite tra il regno dei vivi e quello dei morti. Riassume le ambivalenze dell’emozionalità pulsionale inconscia: è un compagno, un aiutante, ma è anche immagine della madre divorante, di Ecate regina degli Inferi, oltre a essere associato a Saturno e alla malinconia.

I simboli geometrico – matematici indicano sia un’eccessiva, onnipresente e difensiva aspirazione al sapere totale, al voler “tutto comprendere”, sia una disposizione al pensare m riflessivo ma povero di capacità metafisica. il quadrato magico, indica la volontà dell’uomo di capire il significato ultimo della natura tramite le scienze e, insieme al compasso e alla squadra, simboleggiano il rigore degli studi. L’angelo ad ali basse, rimanda al motivo dell’incapacità intellettuale. Panofsky scrive che questa immagine nel suo complesso simboleggia l’artista del Rinascimento che aspira con tanto più fervore alla teoria matematica cui si sente ispirato dalle influenze celesti e dalle idee eterne, ma soffre tanto più intensamente per la sua umana fragilità e finitezza individuale.

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[1] Wiebrecht ries, nietzsche- la nascita della tragedia, 77

[2]Questa pratica è documentata in alcuni codici italiani del XII e XIII secolo (ad esempio il trattato d’organum Vaticano) e da documenti coevi provenienti dalla chiesa di San Marziale a Limoges (sud della Francia)

[3] Adorno, filosofia della musica moderna, p 45

[4] Werckmeister pensava che un contrappunto ben costruito, specialmente il contrappunto doppio [4][5], rispecchiasse un ordine celeste, analogamente a Keplero [6], rifacendosi al concetto dell’armonia delle sfere. Secondo diversi studiosi [1][7], nessun altro musicista del suo tempo considerò così inequivocabilmente la musica come il risultato finale dell’opera di Dio, il che lo accomuna a Bach.

[5] Wiebrecht Ries Nietzsche – La nascita della tragedia, Garzanti, p. 110

[6] Ibid.121

[7] Il cromatismo acquista maggior fisicità fino a precipitare nel delirio del tristan und isolde del 1857.

[8] Adorno, filosofia della musica moderna.

[9] T. Adorno, filosofia della musica moderna, Giulio Einaudi editore, p.26

[10] K. in a paraphrase of adorno’s essay on the piece, argues that beethoven could not write a third movement because he had exhausted subjective musical expression and thereby brought the sonata form to an end. Karin L. Crawford, Exorcising the Devil from Thomas Mann’s “Doktor Faustus”, The German Quarterly, Vol. 76, No. 2 (Spring, 2003), 173.

[11] Thomas Mann, Doctor Faustus, oscar Mondadori, p58

[12] Ibid. p.61

[13] Robert w. Witkin, adorno on Music, (new york; routledge, 1998 p.57 .

[14] S. Freud, Saggi sull’arte la letteratura, il linguaggio ,bollati boringhieri, p 317.

[15] zygmunt bauman, modernity and the holocaust, itaca, cornell UP, 1991, 10 citato Evelyn Cobley, Avant-Garde Aesthetics and Fascist Politics: Thomas Mann’s Doctor Faustus and Theodor W.

Adorno’s “Philosophy of Modern Music”, New German Critique, No. 86 (Spring – Summer, 2002), p. 68

[16] Ibid. p. 68

[17] Op cit. p.107

[18] Op.cit p. 75

[19] Op.cit p.41

[20] Thomas Mann, Romanzo d’ un romanzo, Arnoldo Mondadori, p.109

[21] Op. cit. p.47

[22] Op. cit p.94

[23] Theodor Adorno, Thomas Mann, il metodo del montaggio p.14

[24] ibid nota 10 p. 17

[25] Op. cit p.552

[26] Op cit.

[27] Op. cit

[28] Op. cit 370

[29] op. cit p.275

[30] Op. cit. p 295

[31]Op. cit. p.52

[32] Op. cit. p.152

[33] Op.cit. p.363

[34] A queste seguono l’anastrophè o inversione, caratterizzato da manie di persecuzione. Può seguire poi la tappa detta dell’apocalisse, nella quale la destrutturazione psichica è tale da indurre percezioni allucinatorie. Citato in Marco Alessandrini, Immagini della follia, edizioni Magi, p. 201

[35] Op.cit 162

[36] Leverkuhn che amasse racchiudere nelle proprie opere, formule e simboli misteriosi che rivelano la congenita tendenza della musica a celebrazioni e riti superstiziosi attraverso numeri mistici e lettere simboliche. 178 faustus

[37] Op. cit 169

[38] Op. cit.272

[39] Op. cit p. 286

[40] G. Agamben, Stanze, Einaudi, p.122

[41] Op.cit

[42] Op.cit p.281

[43] Op. cit. 288

[44] Op.cit.2288

[45] Dayton G. Cook, “Es soll nicht sein”-Doktor Faustus and Die Räuber, MLN, Vol. 96, No. 3, German Issue (Apr., 1981)

[46] Op.cit 292

[47]es soll nicht sein è scritto in corsivo con chiaro riferimento all’opera di schiller Die Räuber . Adrian Leverkun, per non disattendere il patto col diavolo deve uccidere echo. Similmente a come Karl von Moor deve uccidere Amalia.

[48] Op.cit p. 555-556

[49] Op.cit p.551

[50] Op.cit p.555

[51] Op. cit p.285

[52] Noi tutti siamo incapaci di qualsiasi azione di emancipazione. Se questo è il caso, questo saggio potrebbe concludersi qui con una serie di dichiarazioni apocalittiche: il tempo si è spezzato. Abbiamo esaurito il tempo. Questa è la fine.

Nota al testo: il mito neo-futuristico delle forme innovatrici della comunicazione, di un progresso tecnologico mai sognato da nessuna precedente generazione all’interno del capitalismo industrializzato avanzato, ha portato con sé una pseudo-competenza tecno- scientifica universalmente imperante come sostituto alla costituzione linguistica del sé. sprofondando ogni azione dell’articolazione linguistica all’interno dei sistemi di formule prestabilite che hanno assunto il totale controllo e si sono legate inesorabilmente alle richieste del consumo, questi sistemi hanno precluso la validità di tutte le altre convenzioni culturali. ( benjamin bucalo, “raymond pettibon: return to disorder and disfiguration”, october 92, p 37) citato in Daniel Birnbaum, Cronologia, postmediabooks, p.91.



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