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Francesco: “Non abbiate paura della tenerezza”. Tutte le rivoluzioni nascono dai cambiamenti. Il primo, dentro di noi.

Creato il 20 marzo 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti

Francesco: “Non abbiate paura della tenerezza”. Tutte le rivoluzioni nascono dai cambiamenti. Il primo, dentro di noi.Faber l'ha inserita nei sentimenti possibili dopo l'amore “che strappa i capelli”. Noi, invece, l'abbiamo sempre considerata tra gli ingredienti indispensabili dell'amore, quel q.b. che rende un cocktail non solo una sapiente mistura di elementi, ma qualcosa di più. Il cantore della libertà, poeta sublime, l'ha inserita in una delle più belle ballate che la mente umana abbia mai concepito. Noi abbiamo cercato, nel nostro piccolo mondo antico, di praticarla senza avvertirne nessun peso insopportabile. Per questo siamo stati considerati un po' retrò, un po' romantici, perfino melensi, come se la tenerezza non significhi, alla fine, guardare con occhi diversi chi ci si pone di fronte, azionando soprattutto le leve del cuore e lasciando da parte, per un attimo, il cervello e i calcoli. Guardare con tenerezza una donna si porta appresso l'impossibilità di farle del male. Di avvolgerla, anche simbolicamente, fra le braccia per impedire a chiunque di ferirla, di usarle violenza, perfino di scalfirla. E lo stesso discorso vale per i bambini, i vecchi, i malati, gli animali, la natura e, su su, fino alle idee. Ci voleva un Papa un po' così, a ricordarcelo. Ci voleva un Papa che si chiama Francesco, e che viene dalla fine dal mondo, per far apparire una “rivoluzione” un sentimento ovvio, e "sovversivo" un normale moto dell'animo. E se ci vuole un Papa a ricordarci come si fa a essere uomini o meglio, esseri viventi, dovremmo prendere atto di quanto i problemi, le ansie, le incertezze, le precarietà, le indifferenze e l'assuefazione al peggio ci abbiano minato dentro, sconquassato il cuore e l'anima, dilaniato sensibilità. Per la tenerezza non c'è tempo e soprattutto non c'è voglia di provarla. Costa tanto e rende deboli, mentre noi dobbiamo essere sempre presenti a noi stessi, per non farci travolgere da occhi che brillano e braccia che si protendono. Per tornare a provare un po' di tenerezza, ci siamo inventati gli “abbracci gratis”, quelli che distribuiscono per strada ragazze e ragazzi che hanno deciso di stare al mondo come ci si dovrebbe stare, con rispetto, tolleranza e tanto amore. Orpelli, solo orpelli, di una glaciale aridità da tundra che ci avvolge e sterilizza. Probabilmente Francesco, pronunciando le parole che ha detto, si è visto ripassare davanti gli sguardi di tanti suoi colleghi, di tanti personaggi pubblici, di tanti potenti ad interim. Sguardi mai distesi che sono lame, e penetrano come coltelli cuori e menti per scoprire cosa c'è dietro e attorno, mai dentro. La tenerezza, insomma, è un sentimento insolito, non praticato, non evidenziato, diverso e quindi rivoluzionario. E come tutte le rivoluzioni benefiche, dice Francesco, non dobbiamo temerlo, “non dobbiamo averne paura”, ma accoglierlo e farlo nostro, ricondurlo a termine di quotidianità e non di eccezionalità. Di sguardi teneri, di comportamenti teneri, intorno a noi non ne vediamo. Quello in cui ci imbattiamo sempre più spesso, è piuttosto l'atteggiamento incazzato di chi non ne può più, di chi la rivoluzione vorrebbe farla non con i sentimenti ma con i forconi, di chi, disilluso, frustrato, impoverito dentro e fuori, invece di un abbraccio darebbe volentieri un pugno in piena faccia agli stronzi che ci assediano. Purtroppo, a parte le categorie di cui abbiamo già parlato, non vediamo con chi altri si possa essere teneri. Uno potrebbe dirci, “ma tu sei malato”. Invece no. Non avendo più il dono della fede, perso nel labirinto di una vita out, non riusciamo a considerare con tenerezza una serie infinita di persone e di portatori insani di ideologie disumane. Parliamoci chiaro, sgombrando il campo da ogni equivoco possibile: guardare con tenerezza Michela Biancofiore e Daniela Santanchè, non ci riesce, non ce la facciamo, è più forte di noi. Lo sappiamo che per questo finiremo all'Inferno, ma perché non provate voi a essere teneri con Silvio? Ce la fate? No? Che vi avevamo detto, cribbio!

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