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Francesco Tadini: Le armi l’amore, pagine dal primo romanzo di Emilio Tadini, pubblicato nel 1963

Creato il 31 dicembre 2011 da Francescotadini @francescotadini

Francesco Tadini: Le armi l’amore, pagine dal primo romanzo di Emilio Tadini, pubblicato nel 1963Francesco Tadini ama particolarmente il romanzo – del quale, qui, propone l’inizio – che invita a non perdere: Le armi l’amore – di Emilio Tadini. Dall’introduzione di Giuliano Gramigna a una ristampa de Le armi l’amore di Tadini, uscito con Rizzoli:

“Questo romanzo, il primo di Emilio Tadini, uscì nel 1963. Coevo, in parte omologo al lavoro della neoavanguardia ma insieme autonomo, Le armi l’amore, a ormai ventisei anni di distanza resiste benissimo alla rilettura, non solo per l’impatto emotivo ma per i modi dello sperimentare. Resiste, dico, nell’unica maniera possibile: trasformando, senza smentirsi, ciò che voleva dire quando fu offerto ai lettori e a un momento culturale. La « bella ingenuità » o naiveté che si suppone in ogni autore giovane, approdato a una prova d’impegno dopo esordi positivi in prosa e in verso, ha forse infuso al testo una doratura, che lo isola adesso da tanti altri prodotti letterari, anche rispettabili, di quegli anni, e dei successivi. Sicché la sua perentorietà di unicum risalta molto più al lettore del 1989 che a quello del ’63 – senza pregiudicare beninteso ciò che Tadini scrittore è diventato nel corso di un’attività narrativa tanto coerente quanto misurata (…)” Giuliano Gramigna

Le armi l’amore di Emilio Tadini

Come se tutto fosse già incominciato e la nave oscillasse nel sole sotto le coste dell’isola e i giorni che verranno fossero già tutti passati senza errori e senza confusione – e in realtà ogni cosa, indolente e concreta, sarà già pronta : la nave, il mare, il cielo, e nell’aria i l caldo di una eterna estate indistruttibile, e i l parapetto della nave che lui sentirà sotto la mano mentre guarderà senza fretta le colline sopra le ultime case di Genova e il porto, e poi il molo, e la folla disattenta, e poi la donna in piedi nell’ombra contro i l muro scrostato della dogana, le mani calme, le lunghe dita abbandonate e ferme, finché lui distoglierà lo sguardo fissando ancora qualcosa più lontano come per prepararsi meglio a guardarla, per ritardare un altro sguardo desideroso al suo corpo, alla sua faccia di cui non potrà più distinguere l’espressione, e non potrà più distinguere i l sorriso gli occhi socchiusi le labbra strette con forza, vedendo soltanto il suo corpo sotto l’ampio vestito immobile e i suoi capelli mezzo nascosti dall’ala ricurva del cappello di paglia, e vedendo soltanto i l gesto delle braccia abbandonate lungo i fianchi, e distinguendo soltanto, nell’ombra proiettata dal muro, la sua spalla leggermente alzata, o forse guardando già nella memoria quell’aspetto consueto: e distoglierà ancora lo sguardo fissando le case digradanti sulla collina fino al cielo senza nuvole e poi, ancora prima di guardarla, ritroverà la sua intera immagine dallo stanco sorriso vedendo il corpo immobile nell’ombra, le mani ferme, la forma della sua faccia rivolta verso di lui, e certo gli occhi della donna lo guarderanno senza sorridere, socchiusi contro i l riflesso del sole – come se tutto fosse già incominciato e la nave fosse già partita e avesse già navigato verso sud costeggiando mezza Italia e ora oscillasse tranquilla nel sole davanti all’isola azzurra – e in realtà ogni cosa sarà già pronta, solida e indolente, come un docile strumento : il parapetto che lui stringerà con la mano, le assi del ponte rumorose come un palcoscenico sotto i suoi piedi, l’odore del mare lento e violento mescolato all’odore ambiguo del porto, e il cielo intero, il calore del sole, la luce moltiplicata nel futuro fino a un’avida estate adolescenziale in una identica mattina sul mare davanti all’isola (“Portate un lume! ” e le pallide fiamme delle candele si muovevano adagio attraverso la sala mentre i quattro strumenti riprendevano a suonare, e nella penombra, voltandosi, aveva visto la sua faccia vicinissima, e lei aveva detto sottovoce: “Io? Non ti ho chiamato. Non ho detto niente. Io non ho aperto bocca” e i suoi occhi socchiusi lo avevano guardato senza sorridere finché lui aveva risposto: ” È per dopodomani” mentre i quattro strumenti continuavano a suonare e il padrone di casa lo aveva guardato tenendo un dito davanti alle labbra – e ogni cosa era già predisposta, e spedita anche la lettera in cui lui comunicava al suo allievo che non avrebbe potuto continuare le lezioni di matematica per tutto il prossimo mese e forse anche per il mese successivo dato che “altri impegni ” glielo avrebbero impedito, e pronte le dieci casse di fucili nel magazzino sulla costa, e fissati i posti sulla nave, e stabilito il piano preciso da mettere in atto per impadronirsi della nave – e mentre le pallide fiamme delle candele tremavano in un angolo e i quattro strumenti continuavano a suonare lui aveva guardato senza parlare quelle mani ferme e tranquille, le lunghe dita abbandonate sul grembo, e lo stanco sorriso, adesso, e il duro gesto infantile della spalla alzata, straordinario oggetto del suo intero amore) e sentirà il rumore delle macchine della nave, e, voltandosi, vedrà uno dei suoi compagni e farà un vago cenno di saluto e quello gli verrà vicino fingendo sorpresa, recitando con ostentazione la parte di un uomo d’affari che incontra per caso un conoscente alla partenza per un viaggio, e poi quello gli parlerà con voce esageratamente sommessa, e dirà: “Tutto è pronto” e dopo un po’ di silenzio, mentre lui lascerà cadere lentamente lo sguardo dall’alto fino al porto, al molo, alla gente che si agiterà distrattamente nell’ombra, quello dirà: “Partiamo, ora partiamo” con mobile voce vibrante “l’ora è giunta” come se stesse per declamare uno dei suoi poemetti (e certo lui avrebbe continuato a scrivere per tutta la sera e poi avrebbe incominciato a cancellare e à correggere molte parole e righe intere, e alla fine avrebbe ricopiato su un quaderno: ” Il giorno 5 di giugno sbarcammo sull’isola di Ponza Milza incontrare seria resistenza, perché i confinati politici, che ci attendevano, avevano sgombrato d’impeto il molo dai pochi soldati posti a sorvegliarlo. La guarnigione borbonica, colta di sorpresa, poté a fatica radunarsi nel forte, e di là i soldati incominciarono a tirare alla cieca senza per altro poter colpire i nostri uomini intenti allo sbarco, dato che il molo e parte della piazza erano riparati dalle case prospicienti. Io sbarcai… Sbarcammo rapidamente anche tutto il nostro materiale, e per le ore sedici già avevamo formato i ranghi, e ordinato in una compagnia i confinati politici che si erano tutti… nella quasi totalità… che si erano tutti uniti a noi. Rimandammo l’attacco del forte alle ore serali, per poter contare sulla difesa del buio, e disponemmo drappelli a tutte le strade che conducevano alla parte alta dell’isola. Emilio Tadini

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Un augurio per un 2012 pieno di entusiasmo e di progetti da Francesco Tadini

… E una esortazione a leggere anche le altre pagine dai romanzi di Emilio Tadini sul sito dell’archivio Tadini (grazie anche alla cooperazione di Melina Scalise, presidente dello Spazio Tadini di Milano –  http://spaziotadini.wordpress.com/):

La Tempesta, E. Tadini, Einaudi – link:

http://francescotadini.net/2011/08/27/francesco-tadini-milano-milano-e-ancora-milano-in-tre-pagine-memorabili-de-la-tempesta-di-emilio-tadini/

Eccetera, E. Tadini, Einaudi – link:

http://francescotadini.net/2011/08/23/francesco-tadini-grande-spirito-che-abiti-nel-light-dallultimo-romanzo-del-padre-eccetera/

Francesco Tadini: Le armi l’amore, pagine dal primo romanzo di Emilio Tadini, pubblicato nel 1963

Francesco Tadini, fondatore di Spazio Tadini


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