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FREQUENZA INCAZZATA NERA (Moon Trein Radio) - L'ELISIR DI LUNGA VITA - Nona puntata

Creato il 23 giugno 2012 da Andreacusati
FREQUENZA INCAZZATA NERA (Moon Trein Radio) - L'ELISIR DI LUNGA VITA - Nona puntata
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Frequenza Incazzata Nera (puntata 9) L'ELISIR DI LUNGA VITA from Andrea Cusati on Vimeo.
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"Buonasera a tutti e bentrovati con me, Andrea Cusati, e con Frequenza Incazzata Nera qui su Moon Trein Radio.
Oggi volevo iniziare la puntata con un riassunto veloce delle puntate trasmesse finora perché molti di quelli anche che mi ascoltano adesso non le hanno seguite tutte o non ne hanno seguita nessuna e questa è la prima. Ci tengo quindi a riassumerle brevemente perché c’è un filo conduttore in tutte le puntate che poi di volta in volta porta alla puntata successiva e vorrei fare una sorta di punto per poi introdurre la puntata di oggi.
Iniziai questa mia avventura su Moon Trein Radio con la puntata dal titolo: SOCIETA’ MALATA. Questa puntata fu caratterizzata, oltre dal casino che venne fuori con le canzoni, dal mio voler dimostrare che la società in cui viviamo è dominata dagli stereotipi falsi che il sistema ci inocula ed è fondamentalmente una società che si basa sull’ipocrisia, la pornografia e il misticismo.La seconda puntata fu: LO STEREOTIPO CHE UCCIDE LE DONNE. La ricerca storica sul ruolo di alcune donne nella storia, quindi l’ossatura della puntata, venne scritta interamente da mia moglie Elena. Io aggiunsi solo qualche riflessione a riguardo. La sostanza della puntata era un voler dimostrare come, anche qui, gli stereotipi falsi e la storia parzialmente raccontata nelle scuole sono le cause della nostra cultura discriminatoria nei confronti del sesso femminile spesso discriminato anche dalle stesse donne.
La terza puntata la titolai: IMPADRONIAMOCI DEL SISTEMA. Anche in questa feci molti esempi per spiegare ciò che volevo dire ma in sostanza affermai che superando la paura con cui il sistema vuole paralizzare ogni nostra ribellione ad esso e unendoci davvero fra noi convinti che il diritto principale che dobbiamo far valere è quello di essere vivi, noi potremmo cavalcare il sistema e comandarlo noi.
Nella quarta puntata, dal titolo “DEMOCRAZIA DIRETTA”, volli invece dare una delle soluzioni politiche concrete che penso cambierebbero qualcosa davvero, dicendo però anche che se l’informazione scolastica e mediatica e di conseguenza la cultura restano quelle attuali, a mio avviso la democrazia diretta serve a poco.
HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA fu la quinta puntata sputata fuori di rabbia. La scrissi dopo aver lasciato il blog IO SONO INCAZZATO NERO che fondai più di un anno prima e dopo aver lasciato come attivista il Movimento 5 stelle. Deluso dal solito andare avanti delle cose e nel sentire che la gente si lamenta ma poi di fatto lascia che tutto vada come al solito senza cambiare una virgola neanche nella sua vita di tutti i giorni, feci questa puntata che molti videro come un cercare di spronare le persone. In realtà era più uno sfogo e un fare il punto della situazione per raccogliere i cocci e capire dove volevo andare. 
La sesta punta dal titolo RITORNO AL FUTURO parla di come attraverso esempi storici che pensando con la propria testa possono sembrare fatti ad hoc per inculcare certe idee nella nostra testa ma che le realtà raccontate di quei fatti storici possono essere discutibili o semplicemente inventate. Anche in questa puntata invitai a ragionare con la propria testa, informarsi e non avere paura di fare scelte apparentemente difficili per cambiare il sistema perché se ci si pensa bene in fondo non abbiamo molto da perdere data la schifosa vita che molti di noi conducono.
La settima puntata fu: TRANSIZIONE, VENUS PROJECT E MOVIMENTO 5 STELLE. Il titolo qui parla abbastanza da sé. Nella puntata spiegai in poche parole cosa fossero queste tre linee di pensiero e poi dissi cosa ne pensavo io avendo anche provato ad addentrarmi un po’ di più in due di queste realtà.
L’ottava puntata nacque dalla settima e la intitolai: PARADISO O AUTODISTRUZIONE? La puntata fu uno scritto di un mio conoscente di Facebook (Vincenzo Barbato) che donò parte delle sue riflessioni a me creando una puntata, di cui ideò anche il titolo, pregna di dati concreti e fatti sulla possibilità di creare all’istante una società completamente diversa.
Questo è quanto fatto finora.
Come noterete ci sono dei comuni denominatori all’interno di tutte le mie puntate, che sono ovviamente il mio credo che traspare nell’ideazione di ogni testo di ogni puntata. Io penso che tante cose che sappiamo siano false o inesatte o parziali, penso che ci abbiano condizionato a credere e pensare in un dato modo e quindi a creare una società odierna impaurita e che non vive davvero la vita ma vive per arricchire qualcuno a capo del sistema. Sono convinto che gli stereotipi che abbiamo in testa spesso non sappiamo neanche vederli e ragioniamo per forza di inerzia come il sistema vuole che ragioniamo. Io credo fermamente che informandoci, ma sempre tenendo il cervello attivo, e cercando di ascoltare dentro noi stessi noi riusciremo a volerci bene e fare tutti insieme uniti una vita migliore che valga davvero la pena di essere vissuta. Credo ciecamente che quella che viviamo non sia la vera vita ma un surrogato come lo vive all’inizio del film il protagonista di Matrix.
Così anche in questa puntata dò un accenno di fatti concreti su come sarebbe possibile vivere qualcosa di migliore perché qualcuno lo fa e l’ha fatto già.Nella penultima puntata ho parlato della transizione e quindi ho fatto un doveroso accenno a Rob Hopkins, l’ideatore del progetto delle Transition Towns, e del Manuale pratico della transizione da lui scritto.
Vi leggerò un passo dell’introduzione del libro in cui Rob Hopkins dice a cosa si è ispirato per creare il progetto della transizione:
“Nel 1990 ho visitato la Valle di Hunza, nel Nord del Pakistan, un luogo che, fino all’apertura dell’autostrada Karakorum, nel 1978, era rimasto quasi isolato dal resto del mondo. Quando ci andai, non sapevo nulla della “permacultura”, dell’idea di resilienza o anche solo dei grandi problemi legati al cibo, all’agricoltura o all’ambiente; l’unica cosa di cui mi rendevo conto era che quello era un luogo straordinario.Riporto una citazione tratta da un libro – di cui però non ricordo più il titolo – che stavo leggendo durante il mio viaggio verso Hunza: “Se sulla Terra esiste un giardino di beatitudine, è questo, è questo, è questo”.
Quelle parole continuarono a ronzarmi nella testa durante tutta la mia permanenza a Hunza. Mi trovavo di fronte a una società che riusciva a vivere secondo le proprie possibilità e aveva sviluppato un incredibile e sofisticato, ma al contempo semplice, modo per farlo. Tutti gli scarti, compresi i rifiuti umani, venivano diligentemente riciclati e ritornavano nel ciclo naturale. I terreni, che erano stati ritagliati sulle montagne nel corso dei secoli, venivano irrigati grazie a una rete di canali che portava l’acqua dei ghiacciai circostanti, ricca di minerali, fino ai campi con incredibile precisione.
Ovunque vi erano albicocchi, meli, ciliegi, mandorli, noci e ogni sorta di alberi da frutto. Tutto attorno e sotto gli alberi crescevano patate, orzo, frumento e altri tipi di ortaggi. I campi erano ordinati, ma non recintati. Le piante crescevano in piccoli gruppi diversificati, piuttosto che in grandi monocolture.
Risiedendo nella parte montagnosa, dovevo obbligatoriamente camminare sempre su e giù per le colline e diventai in breve tempo pratico dell’esercizio fisico, per cui la gente di Hunza è famosa. I sentieri erano stati pavimentati con le pietre e non erano percorribili in macchina, ma solo a piedi o con gli animali. Sembrava che le persone avessero sempre il tempo per fermarsi a chiacchierare, oppure per giocare con i bambini, che correvano scalzi e sporchi per i campi. Le albicocche venivano raccolte e stese a maturare sui tetti delle case: una splendida visione, sullo sfondo delle montagne illuminate dal sole. Gli edifici, costruiti con mattoni di fango prodotti con materiale del posto, erano caldi d’inverno e freschi d’estate. E, sempre, c’era l’immagine delle alte vette, torreggianti sopra di noi. Semplicemente, Hunza è il luogo più bello, tranquillo, felice e ricco che abbia mai visto in vita mia.
Se (in quel momento) Hunza fosse rimasta tagliata fuori dal resto del mondo e scollegata dalle autostrade dell’economia globale, attraversate da camion carichi di merce, non ne avrebbe risentito minimamente. Se ci fosse stata una crisi mondiale dell’economia, anche qualora questa fosse collassata, i suoi effetti sarebbero stati minimi sulla Valle di Hunza. I suoi cittadini erano troppo resilienti, felici, in salute e legati tra loro da un forte sentimento comunitario per risentirne.”
Ecco, letto questo pezzo immagino che molti di voi penseranno ciò che ho pensato io la prima volta che lo lessi: - “Ma non potevo nascere da uno spermatozoo di un pakistano residente nella Valle di Hunza!!!??? Porcaccia la miseria!” – Purtroppo, cari amici, noi siamo nati per soffrire.
Dopo aver letto questo pezzo mi sono interessato alla Valle di Hunza, così sono andato su Google Earth a vedere un po’ dov’è e ho visionato alcune foto molto belle del posto. Confesso che la voglia di trasferirmi lì è tanta.
Poi mi sono documentato un pò sulla storia della Valle di Hunza e sulla sua popolazione.
Vi leggo adesso un pezzo tratto dalla pagina di Wikipedia:
“Questa regione è anche conosciuta come il luogo dove si trova Shangri-lá, la terra dove la gioventú è eterna.La valle Hunza è situata a un'altitudine di circa 2500 m. e, per molti secoli, ha fornito il più rapido accesso ai regni di Swat e Gandhara per una persona che avesse viaggiato a piedi. La via di comunicazione era impraticabile per gli animali da soma; soltanto i portatori umani avrebbero potuta attraversarla, e comunque soltanto con il permesso dei locali.
Questa regione era facilmente difesa poiché i sentieri erano poco meno di mezzo metro di larghezza. I viottoli di montagna spesso si inerpicavano lungo strapiombi desolati, attraversando crepacci, con pietre in bilico in alto, ed esposti così costantemente alle incurie del tempo atmosferico e alla caduta di blocchi rocciosi. Questi costituivano i paurosissimi "passaggi sospesi" riportati nei resoconti delle storie cinesi che terrificavano tutti, compresi i famosi monaci buddisti cinesi come Xuanzang.
La temperatura nel mese di maggio arriva a un massimo di 27 C° e a un minimo di 14 C°; mentre a ottobre la temperatura massima è di 10 C° e la minima di -10 C°. La stagione turistica Hunza va generalmente da maggio a ottobre, poiché in inverno la strada del Karakorum è spesso bloccata dalla neve.
Oggi, la famosa Strada del Karakorum attraversa la regione dell'Hunza, collegando il Pakistan alla Cina attraverso il Passo di Khunjerab.
L'Hunza è uno dei luoghi più impressionanti del mondo. Molte vette s'innalzano oltre i 6000 m circondando la valle dell'Hunza e fornendo vedute spettacolari di alcune delle più belle e magnifiche montagne del mondo.
Come la valle è famosa per la sua bellezza, così il popolo hunza è rinomato per la sua cordialità e ospitalità.
Il tasso di alfabetizzazione della valle dell'Hunza si crede sia del 90%. Virtualmente ogni bambino della nuova generazione studia almeno al livello della scuola superiore. Molti proseguono gli studi in prestigiose scuole e università del Pakistan o all'estero.
La maggior parte degli hunza sono musulmani sciiti ismaeliti, seguaci di sua altezza il principe Karim Aga Khan IV, mentre nel Villaggio di Ganish più del 90% sono musulmani sciiti.
La regione dell'Hunza è patria di tre etnie:
-   La regione dell'Hunza inferiore - (da Khizerabad a Nasirabad è principalmente abitata dagli shinaki che parlano la lingua shina;-   La regione dell'Hunza centrale - (da Murtazaabad ad Ahmedabad) è principalmente abitata da parlanti del burushaski.
-   La regione dell'Hunza superiore, nota come Gojal - (da Shiskat a Khunjerab è principalmente popolata da parlanti della lingua wakhi;
La maggioranza delle persone sono musulmani sciiti ismailiti, seguaci dell'Aga Khan. L'attuale Aga Khan IV ha attuato molti finanziamenti per la regione onde sostenere l'agricoltura e l'economia locale attraverso la rete di sviluppo dell'Aga Khan.La popolazione degli hunza viene talvolta notamente menzionata per la sua aspettativa di vita eccezionalmente lunga. Ralph Bircher uno dei maggiori studiosi di questo popolo di circa 10.000 individui, riporta alcune caratteristiche sbalorditive, quasi leggendarie, nel suo libro Gli hunza, un popolo che ignorava la malattia, ovvero:
- sono quasi esclusivamente vegani (la carne era consumata poche volte l'anno e i prodotti di origine animale piuttosto raramente);- la dieta si basava su un apporto calorico inferiore alle 2000 kcal, nonostante i lavori piuttosto pesanti che svolgevano;
- praticavano un duro semi-digiuno stagionale a causa dell'assottigliamento delle scorte dei viveri in attesa del nuovo raccolto;
- gli indumenti che indossavano erano poco adatti, secondo i parametri comuni, a sostenere i rigori invernali;
- l'età media riguardo alle aspettativa di vita era calcolata a circa 120 anni;
- l'efficienza fisica e la smagliante salute permaneva fino a tarda età;
- non si conoscevano malattie (prima dell'arrivo massiccio dei prodotti della civiltà consumistica).
La longevità e la salute perfetta degli hunza hanno fatto avanzare diverse ipotesi a questo riguardo. Le più attendibili riguardano:
- la dieta naturale e vegetariana e il semi-digiuno obbligato stagionale;- l'altitudine e l'ambiente incontaminato in cui vivono;
Altri ipotizzano addirittura che l'elisir della loro lunga vita fosse il torrente a cui attingevano l'acqua con particolari virtù salutari (virtù dovute, probabilmente alla completa mancanza di fluoro). I vari studiosi di "questo popolo greco dell'Himalaya" che si sono succeduti hanno riscontrato che la loro longevità e salute si siano andate degradando con il passare del tempo. Già nel 1979 lo stesso Ralph Bircher riporta la notizia a lui pervenuta tramite conoscenze che i prodotti, se non altro alimentari, della civiltà consumistica sembra avessero ormai invaso tutti i villaggi hunza.
Durante il periodo fra le due guerre mondiali, il medico scozzese McCarrison operante nel circondario di Gilgit, a Nord del Cachemire, rimase colpito dalla conformazione fisica e dalla incredibile capacità lavorativa degli hunza, e per quanto riguarda la sua ricerca sulle malattie trovava questo popolo insignificante dato che non aveva nulla da curare se non qualche trauma o frattura. Infine abbandonò le sue ricerche riguardanti il campo delle malattie per dedicarsi ad esaminare accuratamente questa ottima condizione salutare degli hunza, da lui reputato il popolo più sano della terra. A parte gli accessi di febbre brevi e violenti e qualche infiammazione agli occhi causata dal fumo del riscaldamento nelle chiuse abitazioni durante il periodo invernale, non v'erano malattie particolari né quelle dovute all'invecchiamento (nessuna diminuzione della capacità uditiva e visiva, né indebolimento degli organi; i denti rimanevano perfetti ed efficienti fino a tarda età). McCarrison esaminando diversi i fattori essenziali quali le condizioni climatiche, la razza, l'alimentazione, ecc. arrivò alla conclusione che il regime alimentare fosse la chiave per capire l'enigma dell'incredibile salute e longevità degli hunza rispetto anche ai popoli confinanti che vivevano più o meno nelle stesse condizioni ambientali contraendo varie malattie, come tubercolosi, malaria, e tante altre più o meno gravi. McCarrison in definitiva viene ad elencare queste condizioni alimentari:
- autosufficienza alimentare- assenza di prodotti industriali e commerciali a livello mondiale (zucchero, conserve, cibi raffinati, ecc.)
- cibi prevalentemente crudi. L'alimentazione base degli hunza è costituita dai prodotti freschi coltivati in loco quali: cereali, frutta, e in misura inferiore legumi (fatti germinare, in certi periodi dell'anno, insieme ai cereali e mangiati così crudi) e latte. La carne e il vino venivano raramente consumati.
L'ipotesi di McCarrison venne confermata dai suoi stessi esperimenti praticati su due popolazioni diverse di topi, le quali venivano alimentate rispettivamente con due diete particolarmente differenti: una simile a quella praticata dagli hunza e un'altra come quella in uso nella civiltà occidentale (farina bianca, dolciumi, conserve, carne, marmellate, ecc.). Questo esperimento significativo attestò la longevità, la perfetta salute e l'ottima convivenza nel primo gruppo di topi alimentato secondo il regime alimentare praticato dalla popolazione degli hunza. Mentre il secondo gruppo rimaneva affetto da malattie e da una aspettativa di vita molto inferiore oltre al fatto che si riscontravano numerosi casi di cannibalismo. Questa ricerca pioneristica riguardo alla correlazione tra il tipo di alimentazione e la longevità e salute verrà successivamente confermata da altri studiosi.
L'economia degli hunza, fino a pochi decenni fa, era prettamente chiusa o meglio di sussistenza e si basava sull'agricoltura che veniva praticata sui loro "terrazzamenti" (detti: mesas). Il riciclaggio in questo ambiente naturale viene praticato al massimo: i ramoscelli ottenuti della potatura vengono recuperati e utilizzati poi come combustibile nei mesi invernali più rigidi; allo stesso modo lo sterco dei pochi capi di bestiame (mucche, capre e pecore, utilizzate più per il latte) viene fatto essiccare e immagazzinato per poi bruciarlo d'inverno. La cosiddetta “primavera di fame”, iniziava pressappoco dopo la festa di ringraziamento, il Bop-Faou, (come viene riportato da Lorimer nel 1935), durante la quale si implorava la fecondità della terra con riti cerimoniali solenni e giochi di destrezza, a cui seguivano settimane di rigoroso semi-digiuno coincidente con i più duri lavori nei campi. Nonostante la carestia gli hunza rimanevano un popolo legato e solidale, allegro, ospitale e generoso, esente da avarizia ed egoismo, dignitoso, nonostante gli stenti, tanto che Lorimer riporta nel suo diario di bordo casi incredibilmente eclatanti e commoventi di ordinaria abnegazione, aggiungendo inoltre che "la fame non ha nessuna influenza sull'umore di questa gente, non arriva a piegare il loro temperamento". Questa economia di sussistenza negli ultimi decenni si è aperta al mercato globale con afflusso di prodotti alimentari esterni più sofisticati che di certo hanno mutato in qualche grado la fisionomia, la cultura, gli usi e costumi degli hunza.”
Bene, detto questo il prossimo che mi viene a dire che è utopico un mondo non fondato sul denaro e sull’ingordigia umana gli do un calcio nei coglioni, se è donna, dato che le donne non si toccano neanche con un fiore e non hanno le palle (ho conosciuto donne che farebbero dubitare di questa cosa a dire il vero), la mando semplicemente a quel paese.Potrei farvi l’esempio dei mongoli nel medioevo che sapevano regolare l’ecosistema imparando dai lupi molto e facendo convivere antilopi e lupi alla grande. Potrei farvi l’esempio dei pellerossa, i cosidetti indiani d’America, che anche loro hanno vissuto migliaia di anni in una società spettacolare e unica. Potrei citarvi malati di diabete che col crudismo vegano hanno fatto rientrare il diabete e alcuni addirittura sono guariti. Ma non voglio dilungarmi e magari tratterò questi temi in un’altra puntata.
Credo che il concetto sia che è vero che le cose vanno misurate calcolando il luogo dove avvengono, il tempo in cui avvengono e tante altre variabili, però notate come tanti stereotipi che abbiamo in testa con la prova vivente che è il popolo hunza crollano. Frasi stereotipo come il “dobbiamo mangiar di tutto” oppure che bisogna mangiare tanto ogni volta che si ha fame perché questo è il benessere oppure che ci ammaliamo perché c’è poca igiene o che ci dobbiamo curare con mille medicine.
Interessante anche fermarsi a riflettere su come quando il consumismo, che viene in modo criminale chiamato “civiltà”, entra nel sangue di un popolo lo renda schiavo perché dipendente come da una droga invisibile.
Una cosa è certa: se leggete libri su questi popoli vi rendete conto di che vita poco sana ed infelice facciamo noi popolo di consumatori.
Buona serata a tutti e alla prossima puntata qui su Moon Trein Radio."
   Andrea Cusati

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