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FuckTotum. Ti prego Dio insegnami a ridere

Creato il 09 gennaio 2015 da Naimasco78

“La violenza esiste perché provoca appagamento, ma se le togliamo questo appagamento non ha più ragion d’essere”

Alan Turing

Aspettando il post

Le scuole elementari le ho fatte dalle suore. Pregavamo la mattina prima di iniziare le lezioni, a mezzogiorno, al pomeriggio dopo pranzo e prima di andare a casa. Durante la Quaresima poi, tutte le mattine prima di andare a scuola andavamo in chiesa perchè c’era messa, però non era compresa nell’orario scolastico, dovevamo alzarci un’ora prima. Pranzavamo nel refettorio: il primo lo preparavano loro alternando la pasta al pomodoro con la minestrina in brodo, il secondo invece dovevamo portarlo noi da casa. Il grembiule nero era obbligatorio però i maschi potevano portare quello corto mentre noi femmine avevamo quello lungo fino al ginocchio. Il sabato pomeriggio io e alcune mie amiche dovevamo andare a pulire l’altare della chiesa del mio paese e ci facevano usare il solano, un prodotto maleodorante che quando si seccava rimaneva attaccato alle mani come argilla. Secondo le suore era un onore essere state scelte per quella mansione, dicevano. Prima di tornare in classe dopo la pausa pranzo ci facevano cantare tutti assieme, in fila indiana e in ordine di altezza: le femmine all’epoca erano molto più alte quindi nei primi posti c’erano sempre i maschi. Le suore ci avevano insegnato tantissime canzoni anche divertenti, come quelle in dialetto bolognese dedicate a Bologna, quelle per Gisto l’autista che ci accompagnava sempre in gita con il pullmino, e anche altre canzoni come Bella Ciao e Bandiera rossa; non c’entravano molto con il discorso religioso ma a quei tempi non potevo rendermene conto. A fine anno scolastico si faceva la “recita” che poteva essere qualsiasi cosa, non per forza uno spettacolo teatrale ma anche un balletto, un coro, ecc…e poi si faceva la pesca, dove si vincevano premi messi a disposizione dai genitori. A mio padre le suore chiedevano sempre di portare il vino, che però poi non vedevo mai in esposizione nel banchetto della pesca tra gli altri premi. Chissà che fine faceva.

Fine aspettando il post

Oggi i riflettori sono puntati su Parigi. La strage avvenuta nella redazione di Charlie Hebdo ha scioccato il mondo intero. L’11 settembre francese, l’hanno chiamato: l’ennesima violazione della libertà di espressione, di parola, di stampa. Inutile che io vi dica come, chi, quando e cosa sia successo perchè non farei che ripetere informazioni già ampiamente divulgate dalla stampa mondiale. Mi limiterò a riportare un unico e solo dettaglio, il dettaglio che nella tragedia, mi ha fatto ridere. I terroristi avevano sbagliato indirizzo. Sì, si erano fermati al civico 6, hanno chiesto informazioni e gli è stato segnalato che la redazione di Charlie Hebdo si trovava al civico 10. Un dettaglio che prima fa ridere, poi piangere, poi di nuovo ridere. Un commando terroristico che sbaglia indirizzo? Ci sono già troppe cose che non tornano.

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Il mondo è una gigantesca erma bifronte, la testa a due facce che Pirandello usa come metafora per spiegare la differenza tra il comico e l’umoristico: “Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico”.

La satira invece la realtà la racconta usando la risata come mezzo. E’ lo strumento che cantastorie e giullari hanno sempre utilizzato per dire cose che altrimenti non avrebbero potuto dire senza finire con la testa mozzata. Giulio Cesare Croce, per esempio, nella Bologna cinquecentesca durante l’era del Cardinal Paleotti, tra restrizioni e ammonimenti cantava di Carnevale come di un uomo grasso che ride sempre e di Quaresima, un’esile e tristissima signora che invece non ride mai. Persino Dante la sua opera massima l’ha intitolata Commedia e non Tragedia: perchè è immaginaria e soprattutto perchè è un’immagine metaforica della realtà. E pensate un po’? C’è anche Maometto all’inferno in mezzo ai dannati: noi bolognesi lo sappiamo bene, visto che fino a qualche anno fa volevano far saltare per aria la nostra chiesa preferita, a causa dell’affresco raffigurante proprio l’inferno così come il Sommo Poeta l’ha immaginato.

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I redattori di Charlie Hebdo volevano solo fare questo: far ridere raccontando la realtà, così come altre gloriose testate come Il Male, Il Vernacoliere, Cuore o anche il New Yorker in parte, hanno fatto o riescono ancora a fare. La loro colpa è esserne capaci, perchè saper far ridere, come saper ridere di sè stessi e prendersi poco sul serio è sinonimo di intelligenza e di libertà. La libertà è uno stato mentale: non si è liberi solo perchè si è fuori di prigione, ma si è liberi se le proprie azioni sono frutto del proprio e unico ragionamento. Non posso quindi considerare i fondamentalisti religiosi, qualunque sia la loro religione, delle persone libere: uccidere in nome di qualcuno non ti rende un eroe, ma uno schiavo del pensiero di qualcun altro. Facile, troppo facile.

Mi fermo qui, perchè andare oltre sarebbe inutile. Non ho intenzione di rivalutare la Fallaci o di diventare sempre più intollerante in un mondo che intollerante lo è già e che va sempre più a destra. Tanto in Francia Marie Le Pen aveva già vinto, non c’era bisogno dell’ennesimo attentato in nome di Allah. Non voglio neanche manifestare tutti i miei dubbi a riguardo perchè sono gli stessi dubbi che mi sono sorti l’11 settembre di quattordici anni fa: un capro espiatorio, un qualcuno a cui dare la colpa. Un signor Malaussène, per citare un personaggio creato proprio da uno dei più grandi scrittori francesi contemporanei. C’è sempre un braccio e c’è sempre una mente ma non per forza appartengono allo stesso corpo. La mente comanda il braccio, ma potrebbero essere appartenenti a due mondi, due entità perfettamente distinte, a volte lontanissimi ma che per qualche strana e incomprensibile ragione, finiscono per servirsi l’uno dell’altro.

E intanto la benzina continua a scendere di prezzo. E non c’è un cazzo da ridere però.



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