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Fuga di cervelli

Creato il 11 dicembre 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

fuga-di-cervelli-la-locandina-definitiva-290241Anche un film del tutto inutile, brutto ed autoreferenziale, come Fuga di cervelli permette qualche spunto riflessivo, sullo stato di salute del cinema italiano in particolare, evidenziando come si sia potuto, ancora una volta, gettare alle ortiche un’idea potenzialmente valida e più volte avallata in questi anni (con risultati altalenanti), ovvero offrire risalto cinematografico a quanti per via televisiva o, recente fenomeno, attraverso il web, hanno messo in atto nuovi spunti narrativi o inediti riferimenti riguardo la comicità.
Il motivo dello spreco di cui sopra è presto detto: in primo luogo, l’ormai abituale mancanza nell’operazione di trasferimento (fatte salve le dovute eccezioni), di qualsivoglia mediazione stilistica, a livello registico e di sceneggiatura, con situazioni, tempi, recitazione del tutto simili all’impianto d’origine, dove offrono ben altra coerenza e validità, e poi la mancanza d’idee nuove unita all’incapacità di rielaborare, adeguandolo al nostro contesto socio-culturale, quanto derivato da precedenti realizzazioni.

Luca Peracino, Paolo Ruffini, Andrea Pisani, Frank Matano, Guglielmo Scilla

Luca Peracino, Paolo Ruffini, Andrea Pisani, Frank Matano, Guglielmo Scilla

E così, mentre magari altri lavori di giovani registi languono nel vuoto produttivo o distributivo, uno stralunato conduttore televisivo ed attore pronto uso (dove lo metti sta, classico ruolo da post-it) come Paolo Ruffini, conscio di avere le spalle ben coperte riguardo produzione e distribuzione (Colorado Film e Medusa Film), può esordire dietro la macchina da presa e in qualità di sceneggiatore (affiancato al riguardo da Giovanni Bognetti e Guido Chiesa), mettendo in scena un remake dello spagnolo Fuga de cerebros (Fernando González Molina, 2009, vi è anche un sequel del 2011, Fuga de cerebros: Ahora en Harvard). Attingendo a piene mani dal filone giovanilistico del cinema statunitense (da Animal House a Una notte da leoni, senza trascurare, fra gli altri, La rivincita dei Nerds, Porky’s e American Pie) e dalle nostrane commedie sexy degli anni’70, senza alcun gusto citazionista, Ruffini predilige un’ovvia operazione ricalco, basata sul più comodo “effetto Bignami”, così da potersi beare dei suoi riferimenti cinematografici e crogiolarsi nel liquido amniotico dell’immaturità ad oltranza.

Peracino e Olga Kent

Peracino e Olga Kent

Al centro della narrazione, un variegato gruppo di amici, gli studenti universitari Alfredo (Ruffini), non vedente, Emilio (Luca Peracino), timido e imbranato, Alonso (Andrea Pisani), paraplegico, Lebowsky (Guglielmo Scilla), dedito a rendere la vita stupefacente, e Franco (Frank Matano), “scemo per non andare in guerra”, in trasferta in quel di Oxford, grazie ad un’improbabile falsificazione della relativa documentazione, per raggiungere Nadia (Olga Kent), la ragazza di cui Emilio è innamorato sin da bambino, senza avere mai avuto il coraggio di dichiararsi, che ha vinto una borsa di studio per il prestigioso ateneo.
La combriccola, ovvio, farà di tutto per farsi notare e non certo per i meriti nello studio … Sorta di versione live action della serie animata South Park (’97, Matt Stone e Trey Parker), senza possederne la carica “eversiva”, Fuga di cervelli vede come veri protagonisti un intercalare (inutilmente) volgare, i soliti riferimenti sessuali da perenni allupati (con scarso rispetto del corpo femminile) e qualche rumore molesto tanto per gradire.

Ruffini, Peracino e Matano

Ruffini, Peracino e Matano

Il tutto dietro l’opportuno paravento del politicamente scorretto, ovviamente solo di facciata, perché né regia né sceneggiatura sono idonei a conferirgli cifra stilistica, al pari del grottesco o di una comicità che, per quanto di situazione, non riesce ad andare oltre i suddetti “effetti speciali”. Si procede per singole scene, dal passaggio ora scomposto ora affrettato, barzellette animate con i vari personaggi del tutto simili a quei pupazzi a molla del tempo che fu, gli dai corda e loro si mettono in moto, per poi spegnersi in attesa della prossima carica.
Alquanto stridente poi il pistolotto elargito dal “saggio” Emilio, una toppa mal cucita su di un abito già logoro, riflessione esistenziale sulla diversità (fisica ed interiore), che preannuncia una presa di coscienza riguardo il vero valore che può avere un’ amicizia, la sua importanza come antidoto ad una vita in solitudine quale pegno alla consapevolezza di un’avvertita inadeguatezza sociale.

Guglielmo Scilla

Guglielmo Scilla

L’inserimento moraleggiante dopo tutta una serie di bischerate, il suono della campanella ad annunciare la fine della ricreazione, richiama, fra l’altro, il finale de I laureati (Leonardo Pieraccioni, ’95) e volendo, ma in tal caso si parla di tutt’altro contesto, con esiti piuttosto amari, tra disillusione e malinconia, quello di Amici miei (Mario Monicelli, ’75).
La voce fuori campo di Ruffini, durante il “volemose bene” finale, poco prima dei titoli di coda (nel corso dei quali vi sono delle scene aggiuntive, ma ove non siate spinti da estrema curiosità uscite pure), risuona come una solenne minaccia: “si son fatte tante ca**ate e si è pronti per farne altre”.
E bravo il nostro eterno ragazzone, capace d’esprimere con tal proclama una certa coerenza almeno col titolo del film … Suvvia, valeva la pena metter su una simile baracconata senza arte né parte per dare prova di una fuga già conclamata? Ai posteri l’ardua sentenza.

Le foto a corredo dell’articolo sono tratte da Movieplayer.it – Copyright: Loris T. Zambelli – Photomovie.


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