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Fulmine-Senza Parole-Salita. Ti è mai successo?

Creato il 16 maggio 2015 da Abattoir

di Barbara Smiriglia

Quante volte ci siamo trovati ad affrontare un fulmine a ciel sereno? Possiamo associare tante situazioni a questa metafora… Ma credo che un vero e proprio fulmine anche a livello cerebrale sia ben rappresentato da un ictus. Quante persone direttamente o tramite i propri familiari hanno vissuto questa esperienza? E soprattutto quanti di questi pazienti e i loro parenti si sono sentiti rassicurati e supportati a 360 gradi dalla sanità? Oltre ai problemi motori, come le paralisi che conseguono a questa malattia, chi è colpito da un ictus o anche da altre patologie di origine traumatica, infettiva, vascolare, degenerativa, si trova ad affrontare in tutte le sue sfaccettature un ulteriore disturbo: l’afasia. Proviamo ad entrare nei panni di una persona che di punto in bianco si rende conto di non riuscire più a parlare e ad esprimersi… Quanti di questi pazienti riescono a recuperare grazie a degli interventi efficaci che possano rispondere a tutte le loro esigenze e bisogni?

“Immagina che improvvisamente tutte le persone intorno a te – le persone a te più care, gli amici, gli estranei – si mettano a parlare una lingua a te sconosciuta; non sei più in grado di capire cosa ti dicono e non riesci a far loro capire quello che dici tu. Vedi il quotidiano che leggi regolarmente da anni e ti accorgi che anche quello, pur sembrando il solito giornale, è scritto in una lingua a te ignota. Sei spaventato, non sai cosa fare e inoltre ti rendi conto di essere in ospedale. Perché? Cosa è successo? Ti si avvicina gente ignota (apparentemente un medico, infermieri), ti fanno delle cose, ti parlano, ma tu non sei in grado di chiedere, di capire cosa ti dicono. Finalmente arriva tuo figlio; ti bacia, ti guarda… e parla anche lui questa nuova lingua a te ignota! Piano piano ti rendi conto che non è il mondo che è cambiato, sei tu a essere cambiato. Non lo sai, ma sei diventato afasico! Da quel momento comincia una lunga strada in salita per riprendere a parlare!” (Anna Basso).

“L’afasia è un disturbo molto difficile da vivere e da capire; lascia senza parola le persone afasiche e lascia senza parole le persone a lorovicine, perché non sanno come parlare con loro, come rapportarsi a loro; non capiscono quello che loro dicono e cosa sia loro successo. L’afasia è un mistero che isola i soggetti afasici e, di fronte al non compreso, imbarazza i soggetti normali” (Anna Basso).

Ho comunicato con mio padre solo attraverso lo sguardo per due lunghi mesi.
Ho vissuto sulla mia pelle cosa vuol dire quello che prima ho definito “fulmine a ciel sereno” e ho visto sotto i miei occhi questo fulmine scagliarsi contro mio padre e ripercuotersi su tutta la mia famiglia. Paura, terrore, caos, dolore, crolla il mondo, crolla un padre speciale, crolla una famiglia unita, crolla tutto, terremoto, non c’è terra sotto i piedi, solo una ancora: non mollare, spera, credi nella forza dell’amore. Qualsiasi parola non può essere equivalente a nessun groviglio di emozioni.
Oltre a tutto l’affetto e le cure necessarie di cui aveva bisogno, la mia attenzione cadeva sempre sui mille modi che giorno dopo giorno dovevo inventarmi per “dialogare” con lui. Per questo motivo guardavo sempre più alla “riabilitazione del linguaggio” con un certo “strabismo”. Da un lato ho approfondito l’aspetto tecnico che diventava sempre più affascinante man mano che mi addentravo nel mondo della neuropsicologia, della neurocognizione e soprattutto della neuromodulazione. Dall’altro come figlia ero alla ricerca di risposte positive per la riabilitazione di mio padre.

Inizialmente, soprattutto nelle fasi acute, coloro che soffrono di queste patologie vengono trattati da logopedisti e terapisti del linguaggio. Proprio i metodi di neuromodulazione rappresentano in questo campo “nuove possibilità” di recupero. Oggi, nonostante la ricerca lavori su questo argomento da più di un decennio, forse molti non sono a conoscenza delle nuove metodiche di stimolazione cerebrale, che si collocano bene in questo contesto per due motivi: 1) Il primo è il fatto che si tratta di nuovi strumenti che possono fornirci tante informazioni nell’esplorazione dei meccanismi di rielaborazione cerebrale che sottostanno ai processi cognitivi; 2) Il secondo è che spesso possono rappresentare un utile strumento di trattamento per i pazienti affetti dai disturbi cognitivi e da lesioni cerebraali acquisite. Nei tanti lavori sperimentali che ho rielaborato, ho potuto constatare quanto queste metodiche portino a dei miglioramenti nella riabilitazione del linguaggio. Nello specifico la stimolazione magnetica transcranica e stimolazione transcranica a correnti dirette, attraverso particolari strategie riescono a riattivare i network della funzione linguistica. Studiando mi sono accorta che abbinando questi trattamenti a quelli classici utilizzati dai logopedisti, il risultato sui pazienti è immediato e tende a mantenersi meglio nel tempo. Mi sono chiesta come mai nessun medico me ne abbia mai parlato. Ho pensato che si tratta di strumenti che non possono essere utilizzati con tutti i pazienti, ma che richiedono delle condizioni mediche generali che ne permettano l’utilizzo. Credo anche che abbiano dei costi, che si tende sempre a fare affidamento sui metodi classici, che siano meno utilizzati dai clinici, e quindi meno conosciuti dagli utenti.

Da utente ho pensato tante cose, ma come futura professionista credo sia necessario puntare ad un’integrazione di questi metodi di trattamento riabilitativo per avere risultati soddisfacenti, e rispondere alla notevole richiesta di intervento. Poiché ciò che è fondamentale sapere è che in certe situazioni qualsiasi cosa possa fornire una “possibilità in più di recupero” è di vitale importanza!

Mi chiedo quanti si siano trovati nella mia stessa situazione e come si siano sentiti… e, al di là del “vissuto personale” che ognuno affronta a modo proprio, mi chiedo quale “sostegno” esterno abbiano avuto in questo mondo pieno di fiducia e amore ma anche squallido e corrotto. Se ci si è sentiti accolti e sostenuti dalla sanità, dai medici, dagli ospedali, dai centri riabilitativi… o se ci si è sentiti soli.
Per quello che mi riguarda, parlo da siciliana, ho incontrato qualche medico davvero valido, terapista straordinario (il termine straordinario non è usato a caso, visto che ormai purtroppo quello che dovrebbe essere “ordinario” è diventato l’eccezione!); ma si tratta davvero di una piccola goccia in un mare di disagi. Lotta a spada tratta. E poi, una volta usciti dai centri di riabilitazione, dopo mesi e mesi di terapia intensiva, sei fortunato se riesci a camminare sulle tue gambe senza appoggi. Ma esci da quella realtà con i suoi lati positivi e negativi, e ti ritrovi in balìa di te stesso. Ebbene sì! Una volta uscito da questi centri ti senti terribilmente solo, spiazzato da una malattia, una disabilità e il mondo ti dice “ora sbrigatela tu”. E soprattutto, quando hai avuto la “sfiga” di nascere in un piccolo paese dalla realtà microscopica rispetto a quella di una città, quello che ti può offrire il servizio territoriale è a dir poco raccapricciante. Raccapricciante come un fantasma, perchè la terapia ambulatoriale sembra una “presenza-assenza”. Quindi l’unica spiaggia con uno spiraglio di sole su cui puoi approdare è andare fuori, partire per dei ricoveri di riabilitazione intensiva. Così una famiglia con un disagio di questo tipo, non solo vive tutto questo ma deve pure farsi una valigia, se ci riesce e può permetterselo, una valigia dal peso non irrilevante e che ha dentro un’infinità di problemi. Ma questa è solo una conseguenza di un qualcosa che potrebbe essere evitato. Perchè l’ictus è una patologia “tempo-dipendente”: ad oggi, possono essere effettuati degli interventi trombolitici che possono evitare tutte le conseguenze che comporta un ictus. C’è però un dettaglio fondamentale: possono essere eseguiti soltanto entro 3-4 ore dal primo attacco di tia (transient ischemic attack).

Come si può nel 2015 non avere a disposizione un servizio di primo soccorso che sia celere nel trasporto alla stroke unit più vicina?!? Di quante stroke unit disponiamo in Sicilia e in Italia che siano in grado di procedere in tempo con questi interventi?!? Come si può nel 2015 avere ancora problemi di collegamenti e attraversare anche solo una provincia o passare da una provincia all’altra della Sicilia senza impiegarci mezza giornata?!? Come si può permettere che una persona muoia o abbia tali gravi conseguenze perchè non “si arriva in tempo”?!? Il fulmine che si scaglia contro un cielo non puoi evitarlo, ma la tempestività con cui rispondi è vita!


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