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FUORI CAMPO – Intervista a Elena Guidolin

Creato il 16 luglio 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

FUORI CAMPO - Rubrica dedicata all’illustrazione e al fumetto

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Elena Guidolin è nata a Vicenza nel 1985, vive e lavora a Bologna dove si è specializzata all’Accademia di Belle Arti. Ha collaborato alla collana di poesie e disegni ISOLA, illustrando Cosa inutile di Dina Basso. Qui il suo blog.

Da dove vieni, dove sei e dove vai?
Vengo da Vicenza, vivo a Bologna e dove andrò a finire ancora non lo so.

Come hai iniziato a disegnare e come ti sei avvicinata al mondo dell’illustrazione?
Quando ero piccola disegnavo sempre, su qualsiasi superficie – che fossero quaderni, tovaglioli, scarpe o pareti imbiancate di fresco – e non ho smesso fino agli anni dell’università, periodo in cui, a un certo punto, mi è sembrato di non avere più molto da dire o, meglio, di non riuscire a farlo come avrei voluto – almeno finché fossi rimasta a temperare matite chiusa nella mia cameretta. Mi mancava una tecnica e, soprattutto, un confronto, e questo mi ha spinta a iscrivermi, dopo la triennale in D.A.M.S., all’Accademia di Belle Arti.

Qual è il tuo metodo di lavoro e come affronti un nuovo progetto?
Non so se ho un vero e proprio metodo, sicuramente tendo a essere un po’ schiava della teoria: per ogni progetto ho tempi di elaborazione piuttosto lunghi, in cui leggo, studio, prendo appunti, riempio pagine e pagine di schemi, cancello tutto e ricomincio da capo in preda a sentimenti di disperazione fino a quando non trovo l’innesco, che può essere anche solo una parola. Sbrogliato il groviglio inizio subito a disegnare, senza storyboard o bozzetti preparatori, strutturando il lavoro a mano a mano che procedo.

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Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo percorso di crescita?
Nel campo dell’illustrazione e del fumetto penso a Guido Crepax, Hugo Pratt, Alberto Breccia e Sergio Toppi. Per il resto, mi vengono in mente Mario Giacomelli, Eugène Atget, Miroslav Tichý e Weegee, Georges Bataille e Antonin Artaud, Carl Theodor Dreyer, Egon Schiele, Francis Bacon e Hans Bellmer, Jorge Luis Borges, Julio Cortàzar, Roberto Bolaño, Dino Buzzati e Gesualdo Bufalino. Ce ne sarebbero forse altri ma questi sono gli autori ai quali, in qualche modo, ritorno sempre.

C’è una casa editrice, italiana o straniera, di cui apprezzi particolarmente il lavoro?
In Italia, per quanto riguarda la grafica e l’illustrazione, Corraini; per il fumetto, invece, Canicola. Tra gli editori stranieri, mi piace molto il lavoro di Frémok, Media Vaca e, nell’ambito delle riviste e delle autoproduzioni, Le Petit Néant e Sans Soleil.

Il mercato dell’illustrazione parla italiano? Quali sono oggi le opportunità per un giovane illustratore?
Nonostante sia nata in Italia, ultimamente, una crescente attenzione nei confronti dell’illustrazione e del fumetto, ho l’impressione che non vi sia stato un sostanziale cambiamento nella consapevolezza e considerazione del mezzo e, quindi, della figura dell’illustratore o del fumettista come “autore”. In pratica, il lavoro di disegnatore/illustratore continua a “peccare”, in un certo senso, di velleitarismo. Questo, forse, è particolarmente vero per i giovani autori: certamente gli spazi per muoversi ci sono, ma non è facile. Facilissimo è, invece, disperdersi, incontrando spesso figure poco competenti e professionali, rischiando di vedere svalutato il proprio lavoro.

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Un tuo commento sulla nuova collana ISOLA
Non sono una lettrice di poesie ma mi piace sentirle recitare e, più che coglierne il “senso”, sentirne il ritmo, le pause, le accelerazioni e le allitterazioni. ISOLA è un progetto interessante – a cui sono stata molto felice di collaborare – per come, appunto, mi sembra voglia far dialogare la poesia con il disegno: senza esserne la didascalia, i disegni devono risuonare con il testo, leggerlo ad alta voce, non tanto traducendone il senso quanto cercando di aggiungerne di nuovi.

Che cosa c’è da leggere sul tuo comodino?
Al momento La sinagoga degli iconoclasti di J. Rodolfo Wilcock e Cicatrici di Juan Josè Saer.


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