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Fuori Menù 15: cosa beve? – il cinema e l’alcool

Creato il 26 maggio 2015 da Wsf

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Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.
(Charles Bukowski)

Il cinema non ha solo legato con il cibo, come abbiamo già dato assaggio qui, ma anche all’alcool sia come accompagnamento o segno distintivo, che come dipendenza.
Unione presente da molto nelle sale buie di tutto il mondo, soprattutto perché non si conoscevano bene ancora gli effetti, era normale che i protagonisti ne facessero uso e poi era anche un modo efficace per “pubblicizzare” certi prodotti in un film senza introdurli negli spot. In moltissimi film è presente l’alcool (tipo James Bond interpretato da Sean Connery o il più recente Iron Man).
Il veder bere nei film influenza moltissimo i giovani, infatti, alcune ricerche fatte a tal proposito, rivelano che gli adolescenti, anche i più salutisti, sono più invogliati a fare uso di alcolici.

Alcuni film hanno raccontato al meglio le storie legate all’alcool e alla sua dipendenza.

Il grande Lebowski (The Big Lebowski), USA/UK, 1998, di Joel e Ethan Coen.
Nonostante non sia un film molto vecchio è già da tempo diventato un vero cult movie. Il Drugo si sa, va avanti a Maria e grosse quantità di White Russian, ed anche se non è propriamente un film sull’alcolismo, “Il grande Lebowski” ne inquadra perfettamente gli effetti e le derive che ne conseguono.

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White Russian:

1 tazza di cubetti di ghiaccio
Dai 30 ai 45ml di vodka
Dai 15 ai 45ml di Kahlua
Panna, latte o una miscela di panna e latte in parti uguali (per riempire il bicchiere)
Una ciliegia al Maraschino per decorare (opzionale)

Riempi un bicchiere old fashioned con del ghiaccio.
Versa la vodka nel bicchiere. Utilizza un misurino, una bottiglia mignon oppure versa a occhio. (Le bottiglie mignon contengono 50ml di liquore. Versa un po’ più di mezza bottiglia per fare questo cocktail.)
Versa il Kahlua nel bicchiere. Non c’è bisogno di mescolare, ma alcuni preferiscono dare una mescolata per unire gli ingredienti alcolici. (Si può versare il Kahlua prima della vodka; il liquore al caffè è più pesante, perciò scenderà sul fondo del bicchiere in ogni caso.)
Riempi il bicchiere con del latte o una miscela di panna e latte in parti uguali. A questo punto, non bisogna mescolare il cocktail, perché gli alcolici – in particolare il Kahlua – dovrebbero restare sul fondo del bicchiere. Il colore scuro del liquore al caffè deve creare un contrasto con il bianco del latte. Invece, la vodka è incolore, perciò non si noterebbe anche se si mescolasse con il latte.
Decora il cocktail con una ciliegia al Maraschino se preferisci. Appoggia la ciliegia sulla superficie del cocktail senza aver paura che affondi, perché i cubetti di ghiaccio la sorreggeranno. Utilizza una ciliegia con il picciolo senza stuzzicadenti.
Puoi servire il cocktail con una cannuccia. In questo modo, è possibile bere direttamente la parte alcolica del cocktail oppure mescolarlo a piacimento.

Flight, USA, 2012, di Robert Zemeckis.
Insolita incursione di Zemeckis fuori dal suo consueto cinema fantastico, qui Denzel Washington è un capitano eroe suo malgrado di un atterraggio di emergenza. La solita bottiglia si cela dietro gli avvenimenti. L’ottimo protagonista si è guadagnato la nomination all’Oscar per queso ruolo.

Via da Las Vegas (Leaving Las Vegas), USA, 1995, di Mike Figgis.
Elizabeth Shue e Nicolas Cage in una love story superalcolica ambientata nella capitale del gioco d’azzardo. Tratto dall’omonimo romanzo di Jim O’Brien, morto suicida prima della realizzazione del film, è senza dubbio uno dei più riusciti drammi sull’alcolismo mai realizzati. Cage vinse l’Oscar per il ruolo di Ben Sanderson.

Mosche da bar (Trees Lounge), USA, 1996, di Steve Buscemi.
Buscemi esordisce dietro la macchina da prese con un film indipendente da lui scritto ed anche interpretato. L’attole italo americano veste i panni di Tommy Basilio assiduo frequentatore del bar del titolo originale, alcolizzato che ha perso lavoro e ragazza ed attorno al quale ruota una fauna di personaggi più o meno strampalati. Realistico, asciutto, minimalista, un piccolo ma ottimo film.

28 giorni (28 Days), USA, 2000, di Betty Thomas.
Dopo aver rovinato il matrimonio della sorella Lily culminato con un brutto incidente stradale, la reporter Gwen Cummings viene condannata a passare i 28 giorni del titolo in un centro per disintossicarsi. Insolita prova drammatica per la regina della commedia adrenalinica Sandra Bullock.

Babbo bastardo (Bad Santa), USA/Germania, 2003, di Terry Zwigoff.
Sgradevole e cattiva, la commedia del sempre originale Terry Zwigoff gira attorno ad una coppia di rapinatori natalizi, di cui uno Willie, interpretato dal bravo Billy Bob Thornton, ha il problema dell’alcolismo.

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Pollock (Pollock), 2000, prodotto, diretto e interpretato da Ed Harris.
Il film inizia nel 1950, l’artista è ripreso a firmare autografi durante un vernissage alla Betty Person Gallery mostra recensita dalla rivista Life; il pittore è all’apice della sua carriera. Si tratta, però, solo di un flash perché la trama del film ritorna indietro di nove anni quando ancora Pollock era alla ricerca del successo. Durante questo periodo conosce Lee Krasner, una giovane artista con la quale dividerà uno spazio espositivo, la quale diventerà più tardi sua moglie. Nel 1942 avviene il secondo incontro che cambierà la sua vita, quello con Peggy Guggenheim; la collezionista gli commissiona un grande quadro per la sua nuova casa, offre all’artista uno stipendio e la possibilità di fare la sua prima mostra personale. Il film prosegue mostrando gli alti e bassi della vita di Pollock, dovuti per altro alla depressione e al suo alcolismo. Nel 1943 l’artista, dopo una delle sue crisi, decide di trasferirsi a Long Island con Lee; proprio qui nel 1947 Pollock arriva al dripping, la tecnica per cui è diventato poi famoso.

Quando Lee vede la sua prima opera realizzata con questa tecnica afferma “Ce l’hai fatta, Pollock: c’è un abisso con il passato!” Questo risulta un punto di svolta del film, il pittore sembra aver trovato la sua strada, perlomeno dal punto di vista creativo ( rimangono infatti i problemi con l’alcool e l’uso di psicofarmaci) e infatti nel 1949 la rivista Life pubblica una sua intervista. Si ritorna poi alla scena iniziale del film nel quale viene ripreso il culmine del successo dell’artista. Il film arriva direttamente al 1955, saltando la fase più discendente dell’artista, e si conclude mostrando la fine del rapporto di Pollock con la moglie Lee e la sua prematura morte a causa di un incidente d’auto insieme alla sua nuova giovane amante. Il film si conclude con una didascalia finale nella quale viene spiegato che Lee Krasner si occupò del patrimonio del marito per altri 28 anni, nei quali realizzò inoltre le sue opere migliori.

Non dimentichiamo poi, il beveraggio del mitico 007, con il suo Matini shakerato ma non mescolato.
Ci sono due ricette una del Dukes di Londra ed uno dell’agente segreto più famoso al mondo.

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IL MARTINI DEL DUKES

INGREDIENTI Due o tre gocce di Martini extra dry
Tutta vodka (o tutto gin)
Una scorzetta di limone (di origine italiana, preferibilmente di Sorrento)

PREPARAZIONE Non shakerare né mescolare, ma versare direttamente nei bicchieri I bicchieri vanno tenuti in freezer a 15-17 gradi sottozero. Anche vodka e gin devono essere freddi

QUELLO DI JAMES BOND INGREDIENTI Tre misure di gin
Una misura di vodka
Qualche goccia di Lillet (vino fortificato di origine francese)
Una scorzetta di limone

PREPARAZIONE A differenza del Martini del Dukes di Londra, quello dell’ agente «007» prevede l’ uso di ghiaccio Regola aurea: il Martini va shakerato (sul ghiaccio) e non mescolato.

E poi c’è chi, grazie ad alcool e droghe pesanti, crea, come ad esempio Lars von Trier.

Il padre di Dogma 95 ha ammesso di aver avuto enormi problemi di droga e di alcool in passato, anche se in questo momento sobrio e ‘guarito’ dalla dipendenza. Il regista ha confessato di aver sceneggiato la maggior parte dei suoi film sotto l’effetto degli stupefacenti, arrivando a bere fino ad una bottiglia di vodka al giorno. Tutto questo per diventare realmente ‘creativo’. Solo così, totalmente strafatto e ubriaco, è riuscito a scrivere Dogville in 12 giorni appena. Tutt’altra storia con Nymphomaniac, sceneggiato da sobrio in 18 mesi. Impegnato tutti i giorni con gli alcolisti anonimi, Von Trier ha poi parlato del proprio futuro, ora come ora sull’orlo del punto conclusivo.

“Non so se sarò in grado di fare altri film, e questo mi preoccupa”. “Non esiste espressione artistica di qualche valore che sia mai stata realizzata da ex alcolisti o ex tossicodipendenti. A chi mai interesserebbe qualcosa fatto dai Rolling Stones sobri o da Jimi Hendrix senza eroina? Certo è che non posso raccomandare ad altri di fare altrettanto. E’ molto pericolo e stupido”.


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