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Fury

Creato il 02 luglio 2015 da Lamacchinadeisogni

FuryTITOLO: FURY

GENERE: GUERRA

RATING:  * * * +

TRAMA:

Aprile 1945, scontro finale: le forze alleate sono entrate in Germania dirette a Berlino. Hitler nella sua follia ha dichiarato la guerra totale. Ogni uomo, donna o bambino tedesco sono chiamati a combattere contro gli invasori. Il sergente Don Collier, sopravvissuto al deserto africano e allo sbarco in Normandia, guida l’equipaggio del suo tank Sherman dietro le linee nemiche incontrando una strenua resistenza ed affrontando mille insidie. Ogni albero, ogni cespuglio può nascondere un agguato mortale, ma Don è determinato a portare in salvo tutti gli uomini del suo tank. La superiorità dei carri Tigre tedeschi è schiacciante e le perdite sono pesanti. Dopo l’ennesima morte, il dattilografo Norman Ellison viene assegnato proprio al carro di  Don, per sostituire il suo tiratore. Per lui sarà l’inizio di un incubo che lo porterà, attraverso l’inferno della guerra, sino all’ultima missione.

(Regia:  David Ayer – anno 2015)

COMMENTO:

Sto invecchiando …. anziché la disperata e sanguinaria battaglia finale la scena del film che più mi ha colpito è stata quella del pranzo in casa di due donne nella cittadina tedesca appena occupata. Un’atmosfera surreale di normalità apparente, ma fatta di silenzi carichi di tensione dove sai che tutto può accadere perché in quel limbo artificiale ogni regola etica o civile è stata sospesa. Si potrebbe scatenare l’inferno, essere stuprati od uccisi a sangue freddo in un attimo. Intere storie intuite e raccontate con uno sguardo, fiumi di parole sostituite da profonde cicatrici sulla schiena. Una atmosfera creata e diretta ad arte da David Ayer che si conferma un ottimo regista.

Valanghe di documentari, film, video, libri, hanno narrato (e continuano giustamente a farlo) gli orrori della guerra, ma di quella follia, della ferocia degli esseri umani, non si finisce mai di stupirsi ed ogni volta si esce dalla sala angosciati e con il voltastomaco.

I racconti di guerra sono sempre talmente coinvolgenti per le emozioni legate all’orrore e all’istinto di sopravvivenza, che è difficile discernere il valore della storia dalla sua valenza artistica; tuttavia, ad essere pignoli, si nota un certo ritardo nel coinvolgimento emotivo dello spettatore, che entra in empatia con i protagonisti solo alla fine del film, a causa di una sceneggiatura piuttosto essenziale.

Ottimo e ben diretto il cast. Brad Pitt, nei panni del carismatico sergente  Don Collier, ribattezzato dai suoi uomini ‘Wardaddy’, non ha un ruolo che le consente una vasta gamma di espressioni, a parte quella disillusa di un uomo che ha costantemente la morte negli occhi e nel cuore, peccato. Più varie invece le emozioni affidate ai co-protagonisti che danno vita a dei personaggi più variegati, a partire Norman Ellison il giovane dattilografo chiamato a sostituire il mitragliere appena ucciso dell’equipaggio, che dovrà abbandonare l’integrità della sua coscienza se vorrà sopravvivere, o Boyd Swanche detto ‘Bible’ che malgrado gli orrori che ha visto continua a parlare e credere in Dio, o Trini Garcia detto ‘Gordo’ e Grady Travis detto ‘Coon-Ass’, che forse più degli altri sono stati deformati dalla guerra e si ha difficoltà nel rinvenire ancora umanità in loro.

Da lodare il realismo degli scontri, i pochi effetti speciali (emozionante la riproduzione dei traccianti nei colpi di cannone o nelle raffiche delle mitragliatrici), e lo stile sporco e crudo della narrazione scelto da David AyerParticolarmente degna di nota  è la rinuncia allo stile narrativo propagandistico-patriottico pro Yankee; in Fury i demoni, le colpe, le luci e le ombre, sono indifferentemente dentro ogni essere umano a prescindere che sia tedesco o americano, un punto di forza che da profondità alla pellicola e fa di Fury un bel film che forse avrebbe meritato qualche riconoscimento della critica in più.

Dopo tanti film sulle guerre moderne o contemporanee, tornare a cimentarsi su un classico dei war-movie e parlare della II Guerra Mondiale è arduo, ma David Ayer lo fa egregiamente.



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