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Gaetano Marino, pensatore e rivoluzionario

Da Agueci

Il ricordo a settant’anni dalla morte

Ricorrono quest’anno settant’anni dalla morte del prof. Gaetano Marino. Non è facile trovare un uomo con doti intellettive “non comuni” e con capacità politiche e umane fuori dalla norma, con alti ideali e con una coerenza di vita e di azione ammirevoli come Marino.

Nacque a Salemi (TP) il 1° gennaio 1892 da Nicolò e Rosalia Sinacore.Rimasto orfano dipadre, lo zio sacerdote Can. Alberto ne assume la tutela e “Tano” si diploma al liceo Ximenes di Trapani nel 1911 circa e nel 1914 si laurea in Lettere classiche all’Università di Palermo.

Fu uomo di cultura, letterato e studioso di problemi culturali e sociali; conosceva oltre il latino e il greco, il tedesco e l’arabo (che imparò in manicomio). Fu anche docente nelle scuole statali. Partecipò alla prima guerramondiale nel gruppo degli arditi come tenente (ebbe sotto di sé, il caporale Benito Mussolini del quale fu amico personale, non delle sue idee però); ne uscì invalido ed ebbe un vitalizio che lui rifiutò.Fu dapprima mazziniano, poi antifascista e anarchico. Nel 1919 pubblica alcuni scritti in prosa e in versi e dirige a Palermo, con Pietro Mignosi, la rivista mensile di letteratura, scienza e arte, “Audax”, e in seguito la mazziniana “Critica politica”.

Lasciato l’insegnamento statale nel 1920 (pur di non compromettersi con il regime fascista e non dipendere da uno Stato che riteneva ingiusto) si trasferisce a Piana dei Greci e quivi fa l’operaio e l’attivista (tiene comizi e fa doposcuola) ma è accusato dell’omicidio del nazionalista Giacomo Schirò e ristretto all’Ucciardone per trenta mesi, fin quando non è scagionato (rifiuta il legale e congegna l’autodifesa).

Con l’avvento di Mussolini al potere, dal 1924 al 1926, tesse una rete di relazioni tra gli anarchici rimasti in Sicilia, la redazione romana di “Umanità Nova” e i compagni salemitani emigrati negli Stati Uniti.

Nel Maggio del 1925, per l’anniversario dell’uccisione di Matteotti, mentre diffonde un manifesto contro il regime, è arrestato a Palermo. In seguito, da Salemi scrive numerosi articoli, a favore dell’anarchismo contro le idee totalitarie, sulla stampa libertaria in Italia (“Pensiero e Volontà” e “Libero Accordo”), e all’estero (“L’Adunata dei Refrattari” di New York, “Il Culmine” di Buenos Aires e “Il Risveglio Anarchico” di Ginevra). Nel 1927 mentre fa di nuovo propaganda contro il regime, è arrestato e condannato a cinque anni di confino (a Favignana e a Lipari). Il 26 luglio 1931 è condannato dal Tribunale di Messina all’internamento nell’Ospedale Psichiatrico (è il metodo cui il fascismo sottopone alcuni tra i più irriducibili avversari del regime) prima a Messina, poi a Palermo (1931) e Trapani (1934) e quindi di nuovo a Palermo (1940) ove muore, il 12 marzo 1943, ed è sepolto. In manicomio (vi rimase tredici anni) tiene un comportamento corretto, lavora e aiuta gli altri, ma nel 1935 è dichiarato interdetto.

Ha lasciato diversi scritti inediti. Fra gli editi in Italia ricordiamo: Frammenti lirici (1910-14), Palermo 1914; Inno delle fiamme nere: Marcia per pianoforte con parole di Gaetano Marino, Milano 1918; Commemorazione dei cittadini salemitani caduti nella guerra delle nazioni, letta a Salemi il 14-11-1918, Palermo 1919; Il Pensiero e l’Arte, Palermo 1919; Leone Tolstoi, Roma 1919.

Per la sua umanità e per i suoi ideali in cui ha creduto egli ha saputo rappresentare, con convinzione, un tipo di società, ideale o reale, ma sempre per lui vera. Ha saputo incarnare quel contesto storico, politico, culturale, sociale ed economico in cui visse, anche se conflittuale, lasciando un esempio di coerenza consapevole e di difesa per i quali si sacrificò con convinzione. «Morrò, - lasciò scritto - ma i miei figli (non sono quelli carnali perché rimase celibe n.d.r.), i miei congiunti saranno onorati della mia morte; essi, ispirandosi a questa, saranno più fermi e sicuri nell’adempimento dei loro doveri».

Marino fu un eroe salemitano perché ebbe il coraggio di combattere apertamente il fascismo; nonostante ne potesse ricavare da esso benefici personali (rifiutò il Governatorato dell’Abissinia pur di non piegarsi alle idee fasciste), preferì sottomettersi alle condanne inflittegli piuttosto che spezzarsi ai voleri del regime.

La città di Salemi, attraverso i suoi amministratori, non gli ha tributato ancora, a distanza di settant’anni, quel giusto riconoscimento che si deve ai suoi figli valorosi.

SALVATORE AGUECI

(Pubblicato sul quotidiano “La Sicilia” del 20/04/2013 a pag. 37)


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