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Galateo moderno a tavola (?) – parte 1

Da Cibovinoandmore @Cibovinoandmore

Il Galateo, ovvero tutto l’insieme di norme e costumi di buona educazione trattate dal famoso monsignor Giovanni Della Casa nel lontano 1500, appare un po’ fuori moda ai giorni nostri. Di seguito vi propongo alcuni comportamenti secondo l’etichetta, corredati però dalla mia personale opinione.

1) “Buon appetito!”, che orrore!

Secondo il bon ton è assolutamente sbagliato pronunciare questa frase, in quanto la nobiltà non si trovava mai nella mia situazione abituale (ovvero con un buco nero al posto dello stomaco!) e il pasto doveva essere solo un contorno alla conversazione. Il silenzio la faceva da padrone.

Personalmente il “buon appetito” a casa mia è come uno starter ai posti di blocco: tutti siamo seduti a tavola, pronti con le nostre posate in mano, ma solo al suono di queste due parole il pasto può davvero iniziare. E poi, un augurio è sempre piacevole.

Giudizio personale: si al “buon appetito”, accompagnato da un festante rumore di mascelle e forchette!

2) Cin Cin: come sopra.

Anche qua avrei ricevuto una bacchettata sulle mani dal signor Della Casa! I calici andrebbero alzati con un piccolo e discreto cenno (altro che i rumorosi tintinnii, che dopo qualche bicchiere rischiano di essere anche eccessivi!).

Però in fondo, se si beve in compagnia generalmente lo si fa con amici, parenti, persone care, quindi anche qua trovo che l’augurio sia piacevole, quasi una sorta di rituale.

Giudizio personale: si all’orientale “Cin Cin”, o al più latino “Prosit”, l’importante per me è augurare cose belle (prima tra tutte che il vino nel bicchiere sia buono)!

3) A tavola, mai chiedere il sale.

Ok, forse perché mia mamma non ha mai una reale percezione di quanto salare i cibi e quindi io d’abitudine, per paura di usarne troppo, sono a mia volta un po’ tirchia di condimento, il sale è presente frequentemente alla mia tavola. Ma il galateo prevede che se il piatto è sciapo, non si può fare una tale richiesta alla padrona.

Qua la spiegazione storica forse è più sensata. Il sale era antica moneta (gli antichi legionari erano infatti pagati in questa maniera, e da qua la parola salario) e non andava sprecato. Ma se la buona padrona di casa (ovviamente un galateo del 1500 non poteva non essere maschilista, io aggiornerei il tutto con un più generale “padrone” di casa) non lo disponeva in ciotoline (attenzione, ciotoline e non orrende saliere!) il vostro reclamo sarebbe stato per lei una doppia offesa: in questa maniera, non solo le state dicendo di non apprezzate il cibo offerto (che poi tra non apprezzare e preferire il piatto un po’ più saporito, Giovannino mio, secondo me ce ne passa…), ma potreste metterla ulteriormente a disagio poichè, essendo il sale indice di ricchezza, la sua mancanza presupponeva indigenza.

Ora però, ragioniamo sui tempi moderni: il sale al supermercato costa 80 centesimi al chilo… Direi che queste abitudini siano un po’ sorpassate, che dite?

Giudizio personale: sale q.b. (se non soffrite di ipertensione)!

4) Il formaggio e le uova non vogliono il coltello

Si esattamente, il coltello è un oggetto che fa tremare le povere uova e i formaggi molli. Per queste due pietanze via di forchetta, e assolutamente vietato “accompagnare” i pezzettini che sfuggono nel piatto verso la forchetta: in questo caso ci è concesso farci aiutare dal pane (la famosa “scarpetta” romana).

Davvero incredibile, contando che a me piace spalmare i formaggi molli sul pane (penso che con questa affermazione, il Giova si sia rivoltato nella tomba) e che le uova, a meno di non mangiarle a la coque, schiacciate con la forchetta e condite d’olio e sale in compagnia di asparagi, io solitamente le cuocio “al funghetto” (per chi non lo sapesse, piatto della cucina povera, che consiste in tagliare a metà le uova sode e cuocerle con soffritto di cipolla e passata di pomodoro, per renderle appunto simili a funghetti) e trovo molto difficile evitare entrambe le cose.

Giudizio personale: per chi credeva che la scarpetta fosse cafona…

5) Il pane va spezzato con le mani

In fondo anche Gesù, nel rito della transustanziazione, spezza il pane e lo da ai propri discepoli; mica usa il coltello seghettato dello chef Toni. E se lo fa lui, possiamo farlo anche noi.

Inoltre, le fettine tutte uguali e perfettamente tagliate con il coltello non possono reggere il paragone con un bel pezzo di pane irregolare, strappato e, perchè no, intinto nel sughetto come da miglior tradizione da “scarpetta”? Anche se ogni volta che lo faccio a tavola ne sento di tutti i colori da mia mamma!

Giudizio personale: sì al pane spezzato con le mani, però magari evitando di riempire di briciole gli altri commensali.


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